VLADIMIRO ZAGREBELSKY
L’attenzione focalizzata sulle difficoltà economiche e
finanziarie dell’Italia e dell’Europa e la discussione sulle misure prese o da
prendere per uscire dalla crisi, rischia di mettere in ombra, sotto la pressione
dell’urgenza, un tratto fondamentale dell’Unione europea. Da lungo tempo ormai
l’iniziale esclusivo scopo di creare un mercato comune si è arricchito di
componenti diverse, di natura culturale e politica. Di esse si dà conto in
apertura del Trattato sull’Unione,
dichiarando che essa «si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della
libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del
rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a
minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società
caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza,
dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». La coerenza con quei principi
delle leggi e dei comportamenti di ciascuno dei ventisette Paesi membri è condizione per l’adesione all’Unione e per l’esercizio dei diritti che essa
comporta. Tanto che la partecipazione di uno Stato membro può essere sospesa se
gli organi dell’Unione constatano che esiste un rischio di violazione grave di
quei valori. Le vicende in corso in Ungheria ci aiutano a ricordarcene.
L’Ungheria ha aderito (ha chiesto di aderire ed
è stata accolta) all’Unione europea nel 2004, superando i test di democraticità e di compatibilità del sistema economico. Da
allora il Paese ha vissuto gravi crisi economiche e politiche, ora giunte a un punto che allarma
gli organi dell’Unione e l’opinione pubblica ungherese ed europea. Alle
critiche provenienti dall’Unione e da altri Stati, il primo ministro ungherese Orban reagisce proclamando che nessuno può dettare al suo
Paese ciò che deve fare. Con ciò solletica il suo elettorato e il nazionalismo
ungherese, ma nega in radice la logica
dell’appartenenza a una comunità come l’Unione. In Europa le vicende interne agli
Stati membri, siano esse economiche o relative alla democrazia e alle libertà
civili, riguardano tutti, istituzioni europee e cittadini. Non è irrilevante
che ogni cittadino di ciascuno Stato membro sia anche cittadino dell’Unione.
Vinte le elezioni politiche e ottenuti, per il gioco della legge
elettorale, più di due terzi dei seggi parlamentari, il governo ha introdotto modifiche alla Costituzione e alle leggi
che confliggono con i valori propri dell’Unione. Sono stati fatti inquietanti
richiami alla «ungheresità» etnica che urtano gli Stati confinanti in cui
vivono minoranze magiare, è stata abolita la indipendenza della
Banca centrale e sono state drasticamente ridotte l’indipendenza della
magistratura e la libertà della stampa. Un’ampia epurazione è in corso. Il presidente della Corte suprema, già giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, si
è dimesso. Il reclutamento dei nuovi
magistrati è ormai nelle mani di un organismo che risponde al governo. La
composizione della Corte costituzionale è modificata per legarla alla
maggioranza di governo. La stampa,
le radio e televisioni sono sottoposte a limitazioni e controlli che hanno
iniziato a produrre dimissioni e licenziamenti di giornalisti non in linea.
Il quadro che deriva dal contemporaneo attacco alla magistratura e alla stampa,
il terzo e il quarto potere in democrazia, è per un verso classico in ogni
regime autoritario e per l’altro è in esplicita rotta di collisione con i
principi di democrazia su cui l’Unione europea si fonda e che sono comuni a
tutti gli Stati membri.
Merita di essere particolarmente richiamato un aspetto delle
riforme che il governo ungherese, forte della sua maggioranza, ha introdotto. Si tratta dell’attribuzione a un organo
amministrativo legato al governo della possibilità di obbligare i giornalisti a
svelare l’identità delle loro fonti di informazione. La Corte costituzionale, prima della modifica della sua
composizione, ne ha constatato la incostituzionalità, rilevando che solo il
giudice può obbligare in casi eccezionali il giornalista a rivelare le sue
fonti. Un orientamento della Corte costituzionale in linea con la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani e la pratica esistente
negli altri Paesi dell’Unione. L’eccezionalità della violazione del segreto
delle fonti, ammessa solo quando sia assolutamente necessaria per tutelare
fondamentali interessi pubblici, è una regola indispensabile per consentire
alla stampa di svolgere il suo ruolo di informazione e controllo nella società
democratica.
Per rimarcare la distanza tra le pretese del governo ungherese e
la pratica negli altri Paesi si può ricordare la recente sentenza della Cassazione francese, che ha annullato
un’indagine promossa dal pubblico ministero (che in Francia dipende dal ministro
della giustizia), per individuare le fonti dei giornalisti che avevano ottenuto
e pubblicato notizie da una istruttoria penale riguardante anche personaggi
politici della maggioranza governativa. La Corte di Cassazione, richiamando la
Convenzione europea dei diritti umani, ha osservato che le notizie pubblicate,
da un lato avevano un notevole interesse per il pubblico e dall’altro non
mettevano in pericolo essenziali esigenze di segretezza e ha annullato
l’indagine. Proteggere le fonti delle notizie raccolte dai giornalisti, è
necessario per evitare che esse si inaridiscano e per consentire alla società
di far emergere notizie imbarazzanti per il potere, mantenendo vivo il
dibattito democratico. Poiché la sola volontà della maggioranza non basta a dar
linfa a una democrazia. L’indipendenza della magistratura, la libertà della
stampa e la completezza dell’informazione della opinione pubblica, sono
condizioni essenziali per la vitalità delle istituzioni della democrazia a
garanzia dei diritti e delle libertà dei cittadini. Centottant’anni orsono
Tocqueville, segnalando i pericoli della dittatura della maggioranza, scriveva
che «quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco
m’importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare
la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge».
Nessun commento:
Posta un commento