Eugenio Scalfari
L'Espresso
26 settembre 2008
La fine dello Stato pontificio fu un gran bene per la Chiesa e stupisce il silenzio dei cattolici sulla manifestazione indetta dal sindaco fascista che guida il Comune di Roma Gianni AlemannoLa cosa stupefacente di questo 20 settembre 2008 non è stata la celebrazione dei 19 soldati dell'esercito papalino caduti alla Breccia di Porta Pia, promossa dal Comune di Roma e dal sindaco della città; e neppure l'omesso saluto ai bersaglieri che conquistarono Roma rendendo finalmente possibile il completamento dello Stato unitario.
La cosa stupefacente è stata il silenzio pressoché totale dei cattolici italiani. Da Alemanno e dalla sua giunta siamo ormai abituati ad aspettarci di tutto, anche se in quest'occasione la sua iniziativa supera per fantasia retrograda tutte le altre fin qui messe in scena. Non siamo più soltanto al recupero dell'ideologia fascista; qui si è fatto un salto all'indietro di 138 anni di storia, con uno spirito papalino che neanche il fascismo ebbe.
Ma i cattolici? I cattolici politicamente impegnati? I vescovi della Conferenza episcopale? La Segreteria di Stato vaticana? E il Papa?
Il 20 settembre 1870 cadde finalmente il potere temporale del Papato che durava all'incirca da 1500 anni. L'editto di Costantino ne aveva posto le basi, ma esso diventò effettivo qualche secolo dopo e si allargò nel corso del tempo fino alle Romagne al nord e al Volturno a sud diventando uno Stato vero e proprio, una teocrazia in piena regola, con le sue leggi, le sue magistrature, le sue prigioni, i suoi patiboli, il suo esercito comandato di solito dai nipoti e/o dai figli del Papa in cattedra in quel momento.
Fu questa una delle storture più macroscopiche della Chiesa cattolica, che mise in secondo piano la predicazione evangelica e l'imitazione di Cristo, privilegiando invece i calcoli di potere, le alleanze, i trattati, le guerre.
Lo Stato del Papa fu uno degli ostacoli principali dell'Unità d'Italia e della sua indipendenza, ma soprattutto ostacolò l'evoluzione del pensiero cattolico verso la spiritualità, la pratica della non-violenza, le parole di pace e amore verso il prossimo, verso il diverso e addirittura verso il nemico.
I Papi furono innanzitutto sovrani temporali. Ce ne furono molti dotati di saggezza, di sapienza teologica, di spirito di carità, ma molti altri devastati invece da cupidigia, ambizione, lussuria, spirito di vendetta. Ma sia gli uni sia gli altri non potevano prescindere dalla volontà di potenza insita necessariamente nella natura di ogni potere politico. Se c'è un sentimento lontano ed anzi opposto allo spirito del Cristianesimo, esso è proprio quello della volontà di potenza che diventò la seconda (o la prima?) natura della Chiesa cattolica.
Essa è la sola tra tutte le confessioni cristiane che abbia coltivato per molti secoli il temporalismo, il regno in questo mondo e non solo nell'altro, ed abbia consapevolmente praticato l'ipocrisia di giustificare il temporalismo come irrinunciabile condizione per assicurare alla Chiesa la propria indipendenza. Ipocrisia, perché il mezzo diventò fin dall'inizio una finalità e l'indipendenza della missione pastorale ed evangelica fu perduta perché fu posta al servizio del potere e dei canoni propri del potere.
In tutte le religioni si pongono questioni di potere perché esse sono innate nell'umana natura, ma in nessuna, salvo forse nell'Iran khomeinista degli ayatollah, il desiderio del potere si è materializzato in un vero e proprio Stato, potente tra le potenze e implicato nel gioco politico e militare.
L'esistenza del Regno pontificio spiega anche perché il cattolicesimo italiano sia stato così diverso da quello esistente negli altri paesi cattolici europei, più povero di indipendenza e di protagonismo religioso, più silente e succube della gerarchia.
Da questo punto di vista la caduta dello Stato pontificio fu un gran bene per la Chiesa. O almeno: avrebbe potuto esserlo se il papato l'avesse vissuto e accettato come una liberazione, come l'occasione per riconquistare la sua piena libertà di espressione, di predicazione, di testimonianza.
Purtroppo non fu così. Il papato si chiuse a riccio, i portoni dei palazzi romani furono sbarrati di fronte all'avvento dello Stato italiano, laico per definizione, come sono e debbono essere tutti gli Stati che non siano governati dai preti.
Si vietò ai cattolici di fare politica. L'Italia a Roma fu considerata un atto sacrilego. Ogni rapporto col potere civile fu interrotto. Questa situazione durò per almeno quarant'anni, dal 1870 al Patto Gentiloni del 1911, quando il Vaticano permise ai cattolici di esprimersi politicamente partecipando a liste elettorali di intonazione cattolica e moderata. Infine diciott'anni dopo si arrivò al Concordato del '29 con Lo Stato fascista.
La cosa stupefacente è stata il silenzio pressoché totale dei cattolici italiani. Da Alemanno e dalla sua giunta siamo ormai abituati ad aspettarci di tutto, anche se in quest'occasione la sua iniziativa supera per fantasia retrograda tutte le altre fin qui messe in scena. Non siamo più soltanto al recupero dell'ideologia fascista; qui si è fatto un salto all'indietro di 138 anni di storia, con uno spirito papalino che neanche il fascismo ebbe.
Ma i cattolici? I cattolici politicamente impegnati? I vescovi della Conferenza episcopale? La Segreteria di Stato vaticana? E il Papa?
Il 20 settembre 1870 cadde finalmente il potere temporale del Papato che durava all'incirca da 1500 anni. L'editto di Costantino ne aveva posto le basi, ma esso diventò effettivo qualche secolo dopo e si allargò nel corso del tempo fino alle Romagne al nord e al Volturno a sud diventando uno Stato vero e proprio, una teocrazia in piena regola, con le sue leggi, le sue magistrature, le sue prigioni, i suoi patiboli, il suo esercito comandato di solito dai nipoti e/o dai figli del Papa in cattedra in quel momento.
Fu questa una delle storture più macroscopiche della Chiesa cattolica, che mise in secondo piano la predicazione evangelica e l'imitazione di Cristo, privilegiando invece i calcoli di potere, le alleanze, i trattati, le guerre.
Lo Stato del Papa fu uno degli ostacoli principali dell'Unità d'Italia e della sua indipendenza, ma soprattutto ostacolò l'evoluzione del pensiero cattolico verso la spiritualità, la pratica della non-violenza, le parole di pace e amore verso il prossimo, verso il diverso e addirittura verso il nemico.
I Papi furono innanzitutto sovrani temporali. Ce ne furono molti dotati di saggezza, di sapienza teologica, di spirito di carità, ma molti altri devastati invece da cupidigia, ambizione, lussuria, spirito di vendetta. Ma sia gli uni sia gli altri non potevano prescindere dalla volontà di potenza insita necessariamente nella natura di ogni potere politico. Se c'è un sentimento lontano ed anzi opposto allo spirito del Cristianesimo, esso è proprio quello della volontà di potenza che diventò la seconda (o la prima?) natura della Chiesa cattolica.
Essa è la sola tra tutte le confessioni cristiane che abbia coltivato per molti secoli il temporalismo, il regno in questo mondo e non solo nell'altro, ed abbia consapevolmente praticato l'ipocrisia di giustificare il temporalismo come irrinunciabile condizione per assicurare alla Chiesa la propria indipendenza. Ipocrisia, perché il mezzo diventò fin dall'inizio una finalità e l'indipendenza della missione pastorale ed evangelica fu perduta perché fu posta al servizio del potere e dei canoni propri del potere.
In tutte le religioni si pongono questioni di potere perché esse sono innate nell'umana natura, ma in nessuna, salvo forse nell'Iran khomeinista degli ayatollah, il desiderio del potere si è materializzato in un vero e proprio Stato, potente tra le potenze e implicato nel gioco politico e militare.
L'esistenza del Regno pontificio spiega anche perché il cattolicesimo italiano sia stato così diverso da quello esistente negli altri paesi cattolici europei, più povero di indipendenza e di protagonismo religioso, più silente e succube della gerarchia.
Da questo punto di vista la caduta dello Stato pontificio fu un gran bene per la Chiesa. O almeno: avrebbe potuto esserlo se il papato l'avesse vissuto e accettato come una liberazione, come l'occasione per riconquistare la sua piena libertà di espressione, di predicazione, di testimonianza.
Purtroppo non fu così. Il papato si chiuse a riccio, i portoni dei palazzi romani furono sbarrati di fronte all'avvento dello Stato italiano, laico per definizione, come sono e debbono essere tutti gli Stati che non siano governati dai preti.
Si vietò ai cattolici di fare politica. L'Italia a Roma fu considerata un atto sacrilego. Ogni rapporto col potere civile fu interrotto. Questa situazione durò per almeno quarant'anni, dal 1870 al Patto Gentiloni del 1911, quando il Vaticano permise ai cattolici di esprimersi politicamente partecipando a liste elettorali di intonazione cattolica e moderata. Infine diciott'anni dopo si arrivò al Concordato del '29 con Lo Stato fascista.
Ma nessun Papa ebbe la forza di proclamare che la caduta del temporalismo era stato uno degli eventi più positivi per l'evoluzione della Chiesa, salvo Giovanni XXIII e i suoi successori, auspice il Concilio Vaticano II.
Purtroppo il Papa attuale mostra un gusto 'retrò' che può motivare lo spirito papalino del sindaco fascista che guida il Comune di Roma.Stupisce tuttavia che il laicato cattolico non abbia fatto sentire con forza la sua voce dentro la Chiesa e fuori della Chiesa. Questo è uno dei segnali peggiori della tristizia dei tempi che stiamo attraversando.
Nessun commento:
Posta un commento