Alfio Caruso
La Stampa
27 settembre 2008
Sessanta indagati per un crac senza precedenti: 700 milioni
Anche l’odore della notte è cambiato a piazza Umberto. In realtà da quasi novant’anni si chiama piazza Vittorio Emanuele III, ma il giorno dopo l’inaugurazione i catanesi cominciarono a indicarla con il nome della strada sulla quale si affaccia e pazienza per sua maestà, che aveva persino spedito un telegramma di ringraziamenti. Negli anni della spensieratezza c’era l’odore del gelsomino d’Arabia, con il quale erano addobbati i due chioschi, c’era l’odore degli sciroppi, c’era l’odore della menta che tendeva a sopraffare gli altri. D’estate, su tavolini improvvisati, fiorivano le sfide a briscola in cinque e a zecchinetta, al cui confronto lo chemin de fer è un passatempo da monaci di clausura. Ogni vittoria procurava un giro di orzate, di champagnino, di completo (limone, orzata, gocce di anice, seltz) per gli amici e per i picciotti; quelli deboli di stomaco si accontentavano del tamarindo, che a metà bicchiere dava diritto all’aggiunta di bicarbonato in aiuto alla digestione.
In questa sera di fine settembre, con l’infida arietta subentrata alla calura del giorno, si respirano sentori di marcio e di bruciato. I primi provengono dalla spazzatura in continuo accumulo sui marciapiedi, i secondi dalle graticole di rosticcerie e di ristoranti, che in barba a permessi e divieti si sono impadroniti delle stradine laterali. Inseguendo il ricordo della brezza marina, nell’alternarsi di strade buie e di altre fiocamente illuminate, s’imbocca corso Italia, l’unica via ad aver conservato una parvenza di eleganza e di benessere, ma non si sfocia più nella piazza con la vista mozzafiato dell’insenatura punteggiata dalle lampare dei pescatori, il respiro del mare ad accarezzare lo scorrere delle ore. Piazza Europa continua a esserci, ma la sciagurata decisione della giunta Scapagnini di trasformarla in un enorme parcheggio l’ha stravolta. Da oltre un anno appare un campo di battaglia. L’intervento della magistratura per bloccare due centri commerciali assenti nel progetto iniziale ha stoppato i lavori e non è prevista una data per la ripresa. Così Catania è priva sia del velleitario megaricovero di auto, utile soltanto ai suoi costruttori, sia dell’affascinante colpo d’occhio che apriva la riviera dei Ciclopi. Fortunatamente la città ha altro con cui baloccarsi: la squadra quarta in classifica e soprattutto le due stangone arrivate prima e seconda al concorso di miss Italia. Miriam Leone e Marianna Di Martino impazzano sulle pagine de «La Sicilia» e in ogni manifestazione pubblica con contorno di onorevoli e di consiglieri comunali in cerca di foto e di luce riflessa.
“Catania capitale della bellezza” inorgoglisce i suoi abitanti e mette in secondo piano le bollette non pagate all’Enel, le cooperative addette ai servizi sociali senza stipendio da gennaio, il rifiuto dei dipendenti del cimitero di seppellire i defunti, l’incubo di una raccolta dell’immondizia sempre in bilico, gli impiegati comunali che l’altro giorno hanno manifestato in piazza Duomo preoccupati per il proprio futuro e inferociti per i 2 milioni 130 mila euro distribuiti ad agosto ai dirigenti. Figurano quale premio per i risultati conseguiti nel 2006 quando il deficit toccò i 700 milioni di euro. E fanno il paio con la famosa indennità «cenere dell’Etna» elargita dall’allora sindaco Scapagnini agli oltre quattromila stipendiati del Comune per favorire la propria rielezione nel 2005. A causa di tale regalo fatto con i nostri soldi l’alchimista delle pozioni magiche, caro al cuore, e non solo, di Berlusconi, è già stato condannato in primo grado.
Dopo esser stato riverito e lisciato per sette anni, ora Scapagnini rappresenta l’oggetto di qualsiasi critica. Eppure non è l’unico responsabile dello sfascio. Era soprattutto un elegante incompetente, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato, capace di definire il «mio Tremonti» l’assessore al Bilancio D’Asero, accusato da tre indagini della Corte dei Conti e da una del ministero delle Finanze di aver presentato nel 2003 e nel 2004 bilanci non veritieri: risultavano in pareggio, viceversa nascondevano deficit di 40,6 e di 42,7 milioni di euro. E’ stato l’inizio del crac. Ma alle spalle del vanesio sindaco, attento a sfoggiare una mise diversa in ogni cerimonia, ha campeggiato fino all’ultimo il malinconico, ma tosto Lombardo, prima vicesindaco, poi azionista di riferimento della maggioranza politica, da tre mesi anche presidente regionale.
Lombardo esercita un potere assoluto. Dalla sua benevolenza dipendono i posti di lavoro, lontano dal suo impressionante riporto non c’è luce e soprattutto non c’è stipendio. Prendete l’avvocato Gaetano Tafuri, ex assessore al bilancio, trombato alle regionali, ma con fama di fedelissimo: è stato appena ripescato quale commissario della Ferrovia circumetnea. La capillare occupazione del territorio ha coinvolto anche gli ultimi ridotti sfuggiti per sessant’anni alle designazioni dei partiti, lo Stabile e il Teatro Massimo. Qui è stato insediato l’avvocato Antonio Fiumefreddo, reduce da diverse cambi di campo. Con assoluto sprezzo del ridicolo il sovrintendente ha dedicato il Massimo alla Madonna, la qualcosa comporterebbe la cancellazione di metà delle opere liriche, visto il loro spregiudicato contenuto. La ricerca di notorietà l’ha pure indotto ad annunciare che un suo assistito era stato violentato in galera, però il garante dei carcerati l’ha contraddetto; e che cento allievi delle scuole di danze avevano disertato per ordine dei genitori una manifestazione contro Cosa Nostra, tuttavia anche in questo caso sono piovute precisazioni e smentite.
Eppure i catanesi, ancora esultanti per i sessanta fra assessori, dirigenti e sindaco della vecchia giunta indagati con l’accusa di associazione a delinquere, falso ideologico aggravato e falso in bilancio, nelle elezioni di giugno hanno scelto quale successore di Scapagnini un’altra propaggine di Lombardo, il senatore Stancanelli. Formalmente sarebbe un rappresentante del Popolo della Libertà in quota An, nella sostanza è l’uomo di fiducia di Lombardo. E dire che all’interno dello stesso centrodestra - della sinistra oramai si ha notizia soltanto il 2 novembre, giorno dei morti – esisteva l’alternativa dell’ex europarlamentare con fama di persona dabbene, Nello Musumeci. Ma nella prima città d’Italia a riaprire nel ’44 le logge massoniche, da allora camera di compensazione di tutti i fatti e misfatti, nessuno ha avuto cuore di rifilare simile sgarbo a Lombardo. Lui non perdona: in ogni critica vede un affronto personale; dietro ogni articolo contrario legge, parole sue, “un complotto dei proprietari delle raffinerie”, che però stanno altrove, “un’azione di killeraggio meritevole di risposta giudiziaria”.
Accogliendo il grido di dolore degli sconsolati parrocchiani Berlusconi ha anticipato 100 milioni a Stancanelli per evitare il fallimento. Riusciranno a sperperare pure questi?
In questa sera di fine settembre, con l’infida arietta subentrata alla calura del giorno, si respirano sentori di marcio e di bruciato. I primi provengono dalla spazzatura in continuo accumulo sui marciapiedi, i secondi dalle graticole di rosticcerie e di ristoranti, che in barba a permessi e divieti si sono impadroniti delle stradine laterali. Inseguendo il ricordo della brezza marina, nell’alternarsi di strade buie e di altre fiocamente illuminate, s’imbocca corso Italia, l’unica via ad aver conservato una parvenza di eleganza e di benessere, ma non si sfocia più nella piazza con la vista mozzafiato dell’insenatura punteggiata dalle lampare dei pescatori, il respiro del mare ad accarezzare lo scorrere delle ore. Piazza Europa continua a esserci, ma la sciagurata decisione della giunta Scapagnini di trasformarla in un enorme parcheggio l’ha stravolta. Da oltre un anno appare un campo di battaglia. L’intervento della magistratura per bloccare due centri commerciali assenti nel progetto iniziale ha stoppato i lavori e non è prevista una data per la ripresa. Così Catania è priva sia del velleitario megaricovero di auto, utile soltanto ai suoi costruttori, sia dell’affascinante colpo d’occhio che apriva la riviera dei Ciclopi. Fortunatamente la città ha altro con cui baloccarsi: la squadra quarta in classifica e soprattutto le due stangone arrivate prima e seconda al concorso di miss Italia. Miriam Leone e Marianna Di Martino impazzano sulle pagine de «La Sicilia» e in ogni manifestazione pubblica con contorno di onorevoli e di consiglieri comunali in cerca di foto e di luce riflessa.
“Catania capitale della bellezza” inorgoglisce i suoi abitanti e mette in secondo piano le bollette non pagate all’Enel, le cooperative addette ai servizi sociali senza stipendio da gennaio, il rifiuto dei dipendenti del cimitero di seppellire i defunti, l’incubo di una raccolta dell’immondizia sempre in bilico, gli impiegati comunali che l’altro giorno hanno manifestato in piazza Duomo preoccupati per il proprio futuro e inferociti per i 2 milioni 130 mila euro distribuiti ad agosto ai dirigenti. Figurano quale premio per i risultati conseguiti nel 2006 quando il deficit toccò i 700 milioni di euro. E fanno il paio con la famosa indennità «cenere dell’Etna» elargita dall’allora sindaco Scapagnini agli oltre quattromila stipendiati del Comune per favorire la propria rielezione nel 2005. A causa di tale regalo fatto con i nostri soldi l’alchimista delle pozioni magiche, caro al cuore, e non solo, di Berlusconi, è già stato condannato in primo grado.
Dopo esser stato riverito e lisciato per sette anni, ora Scapagnini rappresenta l’oggetto di qualsiasi critica. Eppure non è l’unico responsabile dello sfascio. Era soprattutto un elegante incompetente, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato, capace di definire il «mio Tremonti» l’assessore al Bilancio D’Asero, accusato da tre indagini della Corte dei Conti e da una del ministero delle Finanze di aver presentato nel 2003 e nel 2004 bilanci non veritieri: risultavano in pareggio, viceversa nascondevano deficit di 40,6 e di 42,7 milioni di euro. E’ stato l’inizio del crac. Ma alle spalle del vanesio sindaco, attento a sfoggiare una mise diversa in ogni cerimonia, ha campeggiato fino all’ultimo il malinconico, ma tosto Lombardo, prima vicesindaco, poi azionista di riferimento della maggioranza politica, da tre mesi anche presidente regionale.
Lombardo esercita un potere assoluto. Dalla sua benevolenza dipendono i posti di lavoro, lontano dal suo impressionante riporto non c’è luce e soprattutto non c’è stipendio. Prendete l’avvocato Gaetano Tafuri, ex assessore al bilancio, trombato alle regionali, ma con fama di fedelissimo: è stato appena ripescato quale commissario della Ferrovia circumetnea. La capillare occupazione del territorio ha coinvolto anche gli ultimi ridotti sfuggiti per sessant’anni alle designazioni dei partiti, lo Stabile e il Teatro Massimo. Qui è stato insediato l’avvocato Antonio Fiumefreddo, reduce da diverse cambi di campo. Con assoluto sprezzo del ridicolo il sovrintendente ha dedicato il Massimo alla Madonna, la qualcosa comporterebbe la cancellazione di metà delle opere liriche, visto il loro spregiudicato contenuto. La ricerca di notorietà l’ha pure indotto ad annunciare che un suo assistito era stato violentato in galera, però il garante dei carcerati l’ha contraddetto; e che cento allievi delle scuole di danze avevano disertato per ordine dei genitori una manifestazione contro Cosa Nostra, tuttavia anche in questo caso sono piovute precisazioni e smentite.
Eppure i catanesi, ancora esultanti per i sessanta fra assessori, dirigenti e sindaco della vecchia giunta indagati con l’accusa di associazione a delinquere, falso ideologico aggravato e falso in bilancio, nelle elezioni di giugno hanno scelto quale successore di Scapagnini un’altra propaggine di Lombardo, il senatore Stancanelli. Formalmente sarebbe un rappresentante del Popolo della Libertà in quota An, nella sostanza è l’uomo di fiducia di Lombardo. E dire che all’interno dello stesso centrodestra - della sinistra oramai si ha notizia soltanto il 2 novembre, giorno dei morti – esisteva l’alternativa dell’ex europarlamentare con fama di persona dabbene, Nello Musumeci. Ma nella prima città d’Italia a riaprire nel ’44 le logge massoniche, da allora camera di compensazione di tutti i fatti e misfatti, nessuno ha avuto cuore di rifilare simile sgarbo a Lombardo. Lui non perdona: in ogni critica vede un affronto personale; dietro ogni articolo contrario legge, parole sue, “un complotto dei proprietari delle raffinerie”, che però stanno altrove, “un’azione di killeraggio meritevole di risposta giudiziaria”.
Accogliendo il grido di dolore degli sconsolati parrocchiani Berlusconi ha anticipato 100 milioni a Stancanelli per evitare il fallimento. Riusciranno a sperperare pure questi?
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