domenica 28 settembre 2008

Dio ci salvi da Wall Street



Luigi Zingales
L'Espresso


L'idea è buona, ma è folle il metodo scelto da Paulson: far pagare ai contribuenti gli errori di chi ha fatto scelte di investimento sbagliate Operatori di Wall StreetChe la situazione delle istituzioni finanziarie americane fosse precaria lo andavamo dicendo da tempo. Purtroppo nelle ultime settimane questa situazione è precipitata. L'origine, come tutti sanno, è nelle forti perdite sui mutui immobiliari. Ma il problema maggiore non è l'entità di queste perdite. Quando la bolla Internet scoppiò, più di 3 mila miliardi di dollari andarono in fumo, ma il sistema finanziario americano non ne risentì. Oggi le perdite sui mutui sono 'solo' mille miliardi, perché allora il sistema finanziario è sull'orlo del collasso?

La principale differenza sta in chi subisce queste perdite. Le perdite borsistiche ricaddero principalmente sui fondi pensione. Tutti diventammo un po' più poveri, ma nessuna istituzione finì in bancarotta. Al contrario, le perdite sui mutui oggi ricadono sulle istituzioni finanziarie che sono i principali investitori in questo mercato. Per loro natura queste istituzioni funzionano con pochissimo capitale proprio e molto debito. Perdite anche limitate sono sufficienti a renderle insolventi anche quando il loro business sottostante è profittevole. È il caso di Lehman, andata in bancarotta due settimane fa, nonostante un solido business.

Se il problema è l'insufficienza del capitale di rischio, perchè è così difficile da risolvere? Basta ricapitalizzare le banche. Ma chi deve farlo? Quando la situazione sembrava meno seria i fondi sovrani si erano affrettati ad investire. Il prezzo che pagarono, però si rivelò troppo elevato e subirono forti perdite. Ora nessuno vuole farsi avanti. In una situazione di profonda incertezza, quale quella in cui ci troviamo, è pressoché impossibile determinare il prezzo equo di un aumento di capitale.

Il solo proporlo segnala al mercato che una banca vale meno di quanto stimato, riducendone il prezzo di Borsa. Se la banca non desiste e decide di andare avanti con l'aumento di capitale, nonostante il minor prezzo, allora il mercato deduce che la banca è proprio disperata. E abbassa ancora il prezzo. Di questo passo, la banca fallisce prima di riuscire a raccogliere nuovo capitale.

Se si trattasse di una o due banche, non sarebbe un problema. Ma quando si tratta di quasi tutto il sistema finanziario, il rischio di un collasso diventa elevato. Le banche stesse rifiutano di prestarsi l'un l'altra per paura di perdere i soldi. Questo paralizza l'intero sistema finanziario. È per questo motivo che l'amministrazione Bush, nella persona del ministro del Tesoro Paulson, ha presentato un piano di salvataggio senza precedenti. L'idea di Paulson è di ricapitalizzare le banche comprando da loro i mutui incriminati. A questo scopo ha chiesto al Congresso la possibilità di utilizzare fino a 700 miliardi di dollari (più del costo della guerra in Iraq).

L'idea di un intervento radicale è buona, ma il metodo è folle. Il piano di Paulson prevede l'acquisto di centinaia di miliardi di mutui di dubbio valore da parte dello Stato. A che prezzo? Il motivo per cui il settore privato non vuole comprare è perché non è in grado di valutare questi mutui. Quale expertise ha il governo americano per fare meglio? Per funzionare il piano deve strapagare i mutui, ricapitalizzando le banche a spese dei contribuenti. È il più costoso piano di welfare mai concepito. Ma welfare per ricchi: si tassano i contribuenti per tutelare gli investitori. Come ho spiegato in un breve pamphlet disponibile su Internet (http://faculty. chicagogsb. edu/luigi.zingales/Why Paulson is wrong. pdf), un'alternativa esiste: forzare una riduzione del debito delle istituzioni finanziarie. Questa alternativa non tassa i contribuenti, ma impone sacrifici a chi ha fatto le scelte di investimento sbagliate. Ma, da un punto di vista politico, è proprio questo il suo tallone di Achille. L'interesse degli investitori è molto meglio rappresentato a Washington di quello dei contribuenti, e Wall Street adora l'idea di un salvataggio a spese del contribuente.

Ma non è solo una questione di giustizia. Socializzando le perdite (mentre i profitti restano ai privati), il piano di Paulson mina alla base il funzionamento dell'economia di mercato. È arrivato il momento di salvare il capitalismo americano da Wall Street.
(26 settembre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Semplice no ?
Si tassano i contribuenti americani (30 milioni oltre la soglia di povertà) per tutelare gli investitori, cioè i RICCHI !
In puro stile repubblicano (che è in U.S.A. ciò che è il PdL da noi).