domenica 28 settembre 2008

A chi predica Tremonti



Massimo Riva
L'Espresso
26 settembre 2008


Il ministro dovrebbe evitare di lanciare invettive contro i bilanci falsi. Non va dimenticato che fu il governo Berlusconi a volere la riforma del reato in bilancio che depenalizzò diverse fattispecie in materia Giulio TremontiLa lingua di Giulio Tremonti attraversa una fase di intensa attività. Il ministro dell'Economia parla, parla, rilascia dichiarazioni, si fa intervistare, sentenzia sovente con infrangibile sicumera. Da ultimo poi, sulla grave crisi finanziaria internazionale, si è prodotto in una serie di giudizi per lo più sprezzanti dell'universo mondo. Con un perentorio 'silete' - a civettuola ostentazione dei suoi studi classici - ha invitato tutti gli economisti a starsene zitti per pagare il fio di non aver previsto il terremoto che ha scosso i mercati dagli Stati Uniti all'Europa passando per l'Asia. Così cercando di accreditarsi l'immagine di colui che sarebbe stato l'unico a capire per tempo la tempesta incombente.

La saccenteria, come si sa, non è mai una buona consigliera. Chi conservi un poco di buona memoria, infatti, rischia di restare francamente stupefatto nell'ascoltare alcune affermazioni proprio dalla bocca di Tremonti. Per esempio, a proposito degli sconquassi bancari, il ministro è partito da un'osservazione tanto condivisibile quanto ovvia: "Non è fallita soltanto una banca, è finito un mondo senza regole". Ma poi ha così soggiunto: "Occorre rifare - governi ed autorità - le regole, vietando alcuni contratti, i bilanci falsi e i paradisi fiscali".

Ora per quanto riguarda i paradisi fiscali si può magari pensare che l'intemerata di Tremonti sia frutto della sua lunga esperienza di consulente tributario, nella quale gli sarà probabilmente capitato di vedere da vicino a quali espedienti cercano di ricorrere i più smaliziati evasori delle tasse. Che egli voglia oggi mettere questo patrimonio di conoscenze al servizio dell'Erario può essere una buona notizia. Ma l'invettiva contro i bilanci falsi, questa è davvero uno sfregio all'intelligenza degli italiani. I quali non possono aver dimenticato che uno dei primi atti legislativi compiuti dal governo Berlusconi-Tremonti nei fatidici cento giorni dopo le elezioni del 2001 fu precisamente una riforma radicale del reato di falso in bilancio con conseguente depenalizzazione di numerose fattispecie in materia.


Iniziativa che si rivelò, fra l'altro, particolarmente incresciosa perché esposta allo sgradevole dubbio di essere viziata dal fine occulto di alleggerire alcune posizioni processuali del premier Berlusconi. E che risultò comunque intempestiva come messaggio politico ai mercati perché a ridosso della medesima esplosero in Italia gli scandali del malaffare finanziario in Cirio e Parmalat. Ma neppure la lezione di questi due sonori dissesti, nei quali fu coinvolta una gran massa di risparmiatori, convinse l'ottimo Tremonti a tornare sui suoi passi per rivedere una disciplina del falso in bilancio che non suonasse più come un 'fatevi i vostri comodi' agli attenti orecchi dei manipolatori contabili.

E adesso che i falsificatori di bilanci sono stati scoperti, ma in terre lontane, il ministro veste i panni del fustigatore del malcostume finanziario? Per giunta con la protervia di chi vorrebbe far intendere un supponente 've lo avevo detto io'? È meglio che l'invito al silenzio Giulio Tremonti lo rivolga a se stesso ogni mattina dinanzi allo specchio.
(26 settembre 2008)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

SOLO UN ECONOMISTA DI VALORE PUO' SBUGIARDARE UN FISCALISTA ESPERTO DI PARADISI FISCALI.