lunedì 22 settembre 2008

DIRIGENTI STATALI: COME RECUPERARE L'ESPERIENZA DEI PENSIONATI



Luigi Morsello *


Il conferimento degli incarichi dirigenziali nell’ambito dell’impiego pubblico privatizzato è disciplinato dal decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

L’art. 19 tratta detta norme minuziose al fine della individuazione delle varie fattispecie di funzioni dirigenziali.
Esaminandole minuziosamente è possibile pervenire alla conclusione che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti anche al personale direttivo e dirigenziale in pensione e ciò è possibile affermare sulla base dell’interpretazione data dalla giurisprudenza della sezione controllo della Corte dei Conti alla normativa surrichiamata.

È il comma 6 dell’art. 19 che legittima la conclusione suddetta.

Tale comma consente di conferire gli incarichi dirigenziali di cui sopra nei seguenti limiti:

1) del 10% della dotazione organica dell’amministrazione dello Stato conferente per gli incarichi del ruolo dei dirigenti appartenenti alla I^ fascia;

2) dell’8% della dotazione organica per gli incarichi del ruolo dei dirigenti di II fascia (dirigenti generali).


La norma disciplina la durata degli incarichi suddetti che non può eccedere quella prevista per gli incarichi di natura dirigenziale, che è:
a) di tre anni per i dirigenti di II^ fascia, di cui ai comma 3 (Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente) e 4 (funzione dirigenziale di livello generale);
b) di cinque anni per i dirigenti di I^ fascia (dirigenti).


Non è specificata la reiterabilità di tali incarichi che però non è nemmeno implicitamente vietata.
Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che:




  • abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali,

  • abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile:

  • dalla formazione universitaria e postuniversitaria,


  • da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
Per ciò che interessa i confini del presente lavoro (conferimento di incarichi dirigenziali a dirigenti e direttivi in pensione) appare sufficiente citare quanto si afferma in dottrina (Roberto Alesse - Non è invocabile il principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti dello stato nel caso in cui questi ultimi, titolari di incarichi di funzione dirigenziale, rivendichino il diritto a percepire, nell'ambito della propria amministrazione, emolumenti aggiuntivi derivanti dalla loro appartenenza anche agli uffici di diretta collaborazione degli organi di vertice politico - foro amm. cds 2004, 6, 1865), che individua le tipologie degli incarichi soggetti al regime della omnicomprensività del trattamento economico, le seguenti:
a) incarichi conferiti in ragione dell'ufficio;
b) incarichi conferiti su designazione dell'amministrazione di servizio;
c) incarichi conferiti dall'amministrazione di servizio.
Quanto agli incarichi di cui alla lett. a basti ricordare che non occorre neanche procedere ad una scelta del dirigente cui affidarlo, dal momento che la relativa individuazione coincide necessariamente con il titolare dell'ufficio.
Per quelli della lett. b l'amministrazione, attraverso una valutazione discrezionale delle caratteristiche professionali dei suoi dirigenti, individua il più idoneo a rappresentarla e a curare particolari aspetti del pubblico interesse affidatole.
Più problematica appare, invece, la corretta interpretazione degli intendimenti del legislatore in ordine alla terza e residuale tipologia di incarichi, cioè quelli che, comunque, vengono conferiti dall'amministrazione di appartenenza.
A tale proposito, la lettura acritica della norma induce a ritenere che nel regime dell'onnicomprensività debbano essere inclusi indiscriminatamente tutti gli incarichi comunque svolti dal dirigente purché sia l'amministrazione a conferirli, il che, però, equivarrebbe a negare il pieno riconoscimento economico dell'attività «aggiuntiva» del dirigente ogniqualvolta questa non si configuri come una rigida proiezione della sfera di azione dell'amministrazione.
È il caso, ad esempio, degli incarichi conferiti da quest'ultima intuitu personae, prescindendo cioè dal formale possesso della qualifica dirigenziale (si pensi ad un incarico di docenza in un corso di aggiornamento riservato al personale di ruolo di un qualsiasi ministero).
In questa ipotesi, infatti, il dirigente esprime giudizi, opinioni, volizioni riferibili unicamente a se stesso, assolutamente non imputabili all'amministrazione di appartenenza, sebbene da questa utilizzabili per finalità proprie.
Il presupposto di tali incarichi consiste, quindi, in una scelta insindacabile compiuta dall'amministrazione, la quale, all'interno della propria struttura, è libera di individuare il dirigente in grado di esercitare attività che richiedono adeguate conoscenze, nonché particolari criteri e metodologie applicative. Si tratta, in altri termini, di una fattispecie in relazione alla quale l'amministrazione si pone come «soggetto terzo» rispetto al rapporto organico che la lega al dirigente prescelto, di guisa che tali incarichi sono assimilabili a quelli svolti previa autorizzazione da parte della stessa amministrazione, autorizzazione che, in queste circostanze, può risultare assorbita dal provvedimento di nomina.È evidente, dunque, come, di fronte a tali casi, non sia ragionevole invocare l'applicazione del principio di onnicomprensività, rivestendo, infatti, l'attività del dirigente il carattere di una attività (per così dire) «libero-professionale» e non risultando, di conseguenza, necessario allo svolgimento dell'incarico «aggiuntivo» lo status di pubblico dipendente.Ciò non appare evidenziato in alcun modo in dottrina è la possibilità che questi incarichi dirigenziali possano essere conferiti a personale dirigente o direttivo in pensione.
Il legislatore ha taciuto su tale circostanza, quando ha stabilito che gli incarichi in argomento possono essere affidati, nei limiti quantitativi e funzionali descritti, ad “esterni” non solo all’amministrazione pubblica che conferisce l’incarico, ma anche alla pubblica amministrazione nel suo complesso.
A tal proposito la Corte dei conti ha stabilito che i pensionati della pubblica amministrazione,siccome non sono più organicamente inseriti nella stessa, debbano essere considerati a tutti gli effetti degli “esterni”.
Sono presenti in giurisprudenza ben due pronunce.
La prima recita: “LS 30 marzo 2001 n. 165 art. 19 D.LG.
Un dirigente collocato a riposo per raggiunti limiti di età deve essere considerato alla attualità come estraneo alla amministrazione di appartenenza; pertanto legittimamente può essere destinatario di un provvedimento di conferimento di funzioni dirigenziali ai sensi dell'art. 19 comma 67 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, considerato che la citata disposizione non prevede alcuna limitazione connessa con il raggiungimento di una determinata età anagrafica degli interessati.
Corte Conti , sez. contr., 04 dicembre 2003, n. 16
Pres. Cons.
Riv. corte conti 2003, 6 1”
La stessa pronuncia viene riportata con una formulazione analoga in Foro amministrativo: “
LS 30 marzo 2001 n. 165 art. 19 D.LG.
Impiegati dello Stato - Dirigenti - Incarichi ex art. 19 comma 6, t.u. n. 165 del 2001 - A dirigenti collocati a riposo per raggiunti limiti di età - Ammissibilità.
L'art. 19 comma 6, t.u. n. 165 del 2001, che individua una procedura straordinaria per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti al ruolo unico dei dirigenti, non vieta espressamente la possibilità che beneficiari della predetta disposizione possano essere dirigenti della stessa amministrazione collocati a riposo, nei cui confronti - in quanto all'attualità non più dipendenti dell'amministrazione procedente, o di altre amministrazioni - non vale il limite del raggiungimento dell'età massima per la permanenza in servizio; è legittima pertanto la attribuzione dell'incarico di capo del dipartimento per i rapporti con il Parlamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, disposta ai sensi del citato art. 19 comma 6, nei confronti del soggetto già in precedenza titolare dell'ufficio, dopo il suo collocamento a riposo, per raggiunti limiti di età, essendo nella fattispecie, tra l'altro, evidenti i requisiti di professionalità ed esperienza specifica richiesti dalla normativa.
Corte Conti , sez. contr., 04 dicembre 2003, n. 16
Pres. Cons.
Foro amm. CDS 2003, 3893 nota NISPI LANDI”
Una precedente pronuncia della Corte dei conti individua con esattezza la categoria di dipendenti cui può essere conferito l’incarico de qua:”
LS 30 marzo 2001 n. 165 art. 19 D.LG.
Ai sensi dell'art. 19, comma 6, d.lg n. 165 del 2001, non è legittimo il conferimento di un incarico dirigenziale ad un funzionario della medesima amministrazione, che non abbia svolto funzioni dirigenziali (sia pur a titolo di reggenza) per un periodo di almeno 5 anni e il cui "curriculum" non evidenzi quei requisiti di eccellenza culturale e professionale previsti dalla norma citata per la nomina di soggetti non inseriti già nel ruolo unico dei dirigenti statali.
Corte Conti , sez. contr., 22 febbraio 2002, n. 7
Min. infrastrutture
Riv. corte conti 2002, 1 10 (s.m.) (s.m.)”.
Questa pronuncia chiarisce che i funzionari cui conferire un incarico dirigenziale possono essere anche non dirigenti che abbiano però svolto per almeno cinque anni un incarico di reggenza di sede dirigenziale.
I due casi esaminati dalla sezione controllo della Corte dei conti,senza rilievi, riguardano due amministrazioni dello Stato:
1. la presidenza del consiglio;
2. il ministero delle infrastrutture.
Non appare temerario affermare che l’assenza di altri precedenti giurisprudenziali sia dovuta alla scarsa conoscenza o agli scarsi approfondimenti di altre amministrazioni dello Stato.
Sembra logico dedurne che ciò ha privato le amministrazioni stesse della possibilità di continuare ad usare le professionalità acquisite dai propri ex dipendenti dopo il loro collocamento in pensione.
Naturalmente, deve affermarsi con forza che quanto esposto non solo non viola il principio generale dei limiti di età in cui i pubblici dipendenti debbono essere collocati a riposo ex lege, ma si armonizza perfettamente con la possibilità offerta agli stessi di permanere altri tre anni in servizio, oltre l’età canonica, sia pure con un nuovo rapporto di lavoro di natura contrattuale.
Si tratta del D.L. 24 maggio 2005 n. 136, convertito, con modifiche, con la legge 28 luglio 2004 n. 186, che con l’art. 1 – quater introduce Integrazione delle disposizioni sulla prosecuzione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici oltre i limiti di età per il collocamento a riposo: “1. Al comma 1 dell'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «È inoltre data facoltà ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, con esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile, del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell'efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle disposizioni in materia di riduzione programmata del personale di cui all'articolo 39, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonchè all'articolo 34, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 3, commi 53 e 69, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Le amministrazioni, inoltre, possono destinare il dipendente trattenuto in servizio a compiti diversi da quelli svolti. I periodi di lavoro derivanti dall'esercizio della facoltà di cui al secondo, terzo e quarto periodo del presente comma non danno luogo alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi al posticipo del pensionamento né al pagamento dei contributi pensionistici e non rilevano ai fini della misura del trattamento pensionistico».” .
Se ne deduce che successivamente alle pronunce della Corte dei conti – sezione controllo, il legislatore ha codificato,sia pure con diverse finalità, la facoltà della Pubblica amministrazione di utilizzare il proprio personale di ogni ordine e grado, trattenendolo in servizio per altri tre anni, con un autonomo rapporto di lavoro di natura contrattuale, a tempo determinato.
Ciò rafforza, se pure ve ne fosse bisogno, la facoltà della P.A. di contrattualizzare i propri funzionari dirigenti e direttivi collocati in pensione.
L’argomento del trattenimento facoltativo in servizio dei pubblici dipendenti che ne faccia richiesta è stato oggetto di contributo pubblicato sul settimanale online IL PARLAMENTARE.

*Ispettore generale dell'amministrazione penitenziaria

Lodi, 21 settembre 2008

AGGIORNAMENTO

Se l'anonimo commentatore avesse esplcitato meglio il proprio pensiero sarebbe stato più agevole rispondere.
Il comma 3 del D.L. 223/2006 recita: "I limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici risultanti anche dall'applicazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 , si applicano anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.".
L'art. 16 (Prosecuzione del rapporto di lavoro), comma 1 cit. recita:" 1. È in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso e' data facolta' all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento."
L'articolo 72, comma 7 del D.L. 25 giugno 2008, n.112, prevede che "In tal caso e' data facolta' all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.".
Va osservato che l'originaria formulazione della norma (art. 16 comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503) non conferiva alle amministrazioni dello Stato una facoltà ma un obbligo di accoglimento.
La seconda parte dell'art. 16, comma 1, d. lgv. 503/1992, così come modificata dall'art. 1 Quater del D.L. 28 maggio 2004 n.136, a sua volta recita: " È inoltre data facoltà ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, con esclusione degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare e ad ordinamento civile, del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del settantesimo anno d'età. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell'efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle disposizioni in materia di riduzione programmata del personale di cui all' articolo 39, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché all'articolo 34, comma 22, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 3, commi 53 e 69, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. Le amministrazioni, inoltre, possono destinare il dipendente trattenuto in servizio a compiti diversi da quelli svolti. I periodi di lavoro derivanti dall'esercizio della facoltà di cui al secondo, terzo e quarto periodo del presente comma non danno luogo alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi al posticipo del pensionamento nè al pagamento dei contributi pensionistici e non rilevano ai fini della misura del trattamento pensionistico."
Si tratta, è di tutta evidenza, di un rapporto di lavoro del tutto autonomo da quello di provenienza, tant'è che non rileva ai fini della misura del trattamento pensionistico.
La stessa disciplina si applica " anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui all'articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001."
Riassumendo, il pubblico dipendente può chiedere il trattenimento in servizio per ulteriori anni 2 dopo il compimento del 65° anno età, da 24 a 12 mesi prima dell'età 'canonica' della pensione.
L'amministrazione di appartenenza ha facoltà di accogliere tale domanda.
Al compimento del 67° di età per trattenimento (oggi facoltativo) in servizio per altri 2 anni, il pubblico dipendente può chiedere di continuare il proprio servizio per altri 3 anni, in incarichi di natura diversi da quelli espletati fino ad allora.
Il personale dirigente, a sua volta, può superare il limite del 65° anno di età con le stesse modalità del restante personale dipendente.
Raggiunto il 67° anno di età il suddette personale può, a mio giudizio, essere trattenuto in servizio per altri tre anni, in prosecuzione degli incarichi conferiti con contratto individuale di lavoro di cui ai commi 1 e 5 dell'art. 19 del d. lgv. 30 marzo 2001, n. 165, secondo le modalità del successivo comma 6.
L'argomento trattato attiene alla fattispecie di personale direttivo collocato a riposo al compimento del 67° anno di età e che ha svolto incarichi di reggenza per almeno 5 anni.
Tale personale, alla stregua della giurisprudenza della Corte dei conti cit. può essere richiamato in servizio per incarichi di natura dirigenziale della durata da 3 a 5 anni a prescindere dal limite di età.

Lodi, 11 giugno 2009

4 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Parlo a suocera perchè nuora intenda !

Anonimo ha detto...

scusi ma come mai non cita i limiti inderogabili di età per il collocamento a riposo che si applicano anche ai fini dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali ai sensi dell'art. 33 c. 3 D.L. 223/2006? Grazie

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Per problemi tecnici sono stato costretto a rispondere nel post, sotto la voce AGGIORNAMENTO.

Anonimo ha detto...

Mi scusi ancora ma il secondo, terzo, quarto e quinto periodo dell'art. 16 comma 1 del decreto legislativo n. 503 del 30/dicembre/1992, citati nell'aggiornamento, risultano soppressi dall'art. 33 comma 1 del decreto n. 223 del 4 luglio 2006. Grazie.