mercoledì 24 settembre 2008

Voce grossa ma inutile



Achille Serra
L'Unità
24 settembre 2008


Un volo in alta quota nei cieli di Varese e una tuta arancione, stile monaci buddisti. Tanto è bastato perché Maroni e La Russa, lunedì insieme per testare il nuovo Jet dell’Aeronautica Militare, appianassero le divergenze sul caso Castel Volturno. Ieri, infatti, in Consiglio dei ministri, la contrarietà manifestata appena domenica scorsa dal titolare della Difesa sulla proposta degli Interni di inviare i soldati nella zona, è stata superata.


Il governo si è mostrato nuovamente unito nella volontà di rispondere all’emergenza con la voce grossa. Una voce che impressiona l’opinione pubblica e poco risolve. Di certo, non spaventa la Camorra, organizzazione criminale tra le più feroci al mondo. Così, ci risiamo.


Due anni fa, l’Esecutivo di Prodi mandò contro “i santuari della criminalità” partenopea 400 tra poliziotti e carabinieri. Era «il Patto per Napoli sicura», che intendeva - per usare le parole pronunciate ieri dal ministro Matteoli - «far capire che lo Stato c’è ed è forte». Fu un grave errore di valutazione: potenziare la presenza sul territorio delle forze di Polizia, misura che ho sempre auspicato sul fronte della lotta alla criminalità di strada, non è sufficiente quando i nemici da affrontare diventano la Mafia e la Camorra.


Ora, però, davanti all’ultimo fatto di sangue nel Casertano, il Consiglio dei ministri replica quell’esperienza: dall’inizio della settimana 400 uomini delle forze di Polizia passano al setaccio il regno dei Casalesi e, presto, giungerà ad affiancarli l’Esercito. Si tratterà di un contingente di 500 militari che, al pari dei tremila già operativi nelle aree metropolitane, si riducono di almeno un terzo nella rotazione dei turni.


Non credo che questa sia l’“unica soluzione” possibile, come sostiene il ministro Matteoli, soprattutto se si considera che i militari resteranno nella zona, secondo quanto annunciato da La Russa, appena tre mesi e avranno solo funzioni di check-point. Anche se il governo evita accuratamente di ricordarlo, infatti, per intervenire in un territorio dominato dalla criminalità, servono competenze e professionalità che non si improvvisano.


Contestabile, inoltre, la soluzione individuata dal Consiglio dei ministri per risolvere il problema della “coperta troppo corta” (la definizione di appena tre giorni fa è del ministro La Russa): alle spese per l’impiego del nuovo contingente delle forze armate, ha spiegato il titolare della Difesa, «faremo fronte con i fondi stanziati per i 3.000 militari già operativi». E, se si andrà oltre i tre mesi, bisognerà finanziare nuovamente il provvedimento.


Certo, se questi soldi consentissero un intervento efficace contro la Camorra, nessuna obiezione. Dal momento, però, che più agenti nella zona significherà quasi esclusivamente più multe ai motociclisti senza casco, mi domando: quei fondi non dovrebbero essere stanziati altrove?


Penso qui a un rafforzamento delle operazioni di intelligence, l’unico ambito in grado di contrastare seriamente la criminalità organizzata. E penso, soprattutto, all’urgenza di promuovere un cambiamento strutturale della società, azione spesso invocata e mai realizzata. In alcune zone della Campania la diserzione scolastica raggiunge il 50 per cento e lo stesso dato si riscontra sul fronte della disoccupazione. «Mille maestri, mille scuole, mille iniziative e migliaia di posti di lavoro»: questa la via indicata e mai potuta realizzare dall’allora ministro degli Interni Amato. Questa, ne sono convinto, l’unica arma efficace contro la cultura camorrista. Un ragazzo che trascorre le sue giornate in strada piuttosto che a scuola, al pari di un giovane che non riesce a trovare un impiego onesto, diventa facile preda della Camorra. Al contrario, allevare oggi una generazione istruita ed economicamente autonoma, consentirà domani di promuovere quella rivolta civile che, come insegna l’esperienza dei commercianti anti-pizzo a Palermo, è la vera soluzione.


Il governo, però, sta andando nella direzione opposta: con i tagli e le riforme messi in atto dal ministro Gelmini la scuola italiana è destinata a trasformarsi sempre di più nel fanalino di coda della cultura europea. E, d’altra parte, nonostante la grave crisi occupazionale in atto nel Paese, il documento di programmazione economico-finanziaria dell’Esecutivo, non contiene alcuna indicazione di politiche per lo sviluppo, ma, al contrario, aggrava il quadro economico generale con misure di carattere manifestamente recessivo.


Una profonda riforma culturale, d’altronde, richiede, tempi di realizzazione molto lunghi e dubito che il governo vorrà impegnarsi in tal senso rinunciando al facile consenso della voce grossa e della soluzione apparentemente immediata.

Nessun commento: