lunedì 20 ottobre 2008

Bossi: Berlusconi al Colle? Se vuole può



IL CORRIERE DELLA SERA


«Ooooh, Compagnia della morte!». Umberto Bossi è euforico. Damiano Cunego, suo beniamino, ha vinto il giro di Lombardia: «Lui è uno di noi». E così, nell'esultanza, il capo padano schiocca un bacione sulla guancia di Gaia Mombelli, la giornalista di Sky, e si concede di buon grado alle domande di giornata. A partire dalla possibilità che Berlusconi diventi Capo dello Stato: «Poveraccio, non so se augurargli un peso del genere — ride —. Comunque, se vuole arrivarci ci arriva». Di più: «La realtà è razionale, e Berlusconi ha consenso abbastanza».

Ma il Berlusconi evocato diventa presente, sia pure soltanto per telefono. I cronisti chiedono della posizione che sarà ufficializzata oggi in Ue, la richiesta di rinvio delle misure ambientali. Bossi prima se la cava con una battuta («Prestigiacomo è il più bel ministro del governo»), poi si consulta con il premier via cellulare. Una rapida chiamata, e arriva la posizione concordata: «Se si lancia un piano che poi paesi come gli Usa o la Cina non accettano, allora si rischia di fare i don Chisciotte. Quindi, calma: bisogna lavorarci per trovare l'accordo migliore». Quanto alle proteste degli amministratori lombardi, Formigoni e Moratti in testa, per i fondi destinati a Roma e Catania, Bossi allarga le braccia: «Quando si dice la verità, per noi va bene».

E più tardi: «Se non sei libero, la prima cosa che fanno è portarti via i soldi». Una presa di distanze dal governo di cui Bossi è ministro. Però, il Senatur non teme concorrenza: «La gente sa bene chi è la Lega e sa bene chi sono gli altri, chi è Formigoni. La gente non sbaglia». Quanto al finanziamento dei governi al sistema bancario, Bossi ostenta realismo: «Se lo fanno gli Usa, che sono il punto di riferimento dell'occidente, e giusto che lo facciano anche gli altri. Oltretutto, ormai a rischio sono le imprese, l'economia reale». Poi, un altro appuntamento a cui Bossi tiene molto. A Giussano, Renzo Martinelli presenta i primissimi spezzoni del suo kolossal dedicato alla battaglia di Legnano, in cui la Lega lombarda nel 1176 sconfisse il Barbarossa. Il regista racconta delle «resistenze trovate in Rai e a Roma» per produrre il film, una storia «non solo nostra ma emblematica per il mondo». E Bossi, gli fa da controcanto: «Miss Padania è nata perché io sapevo che avremmo dovuto avere un nostro cinema. Per questo, mi son fatto dare la vecchia Manifattura tabacchi di Milano senza dire niente a Berlusconi, che l'è un ciciaròn (è un chiacchierone, ndr), per farci dentro la nostra Cinecittà». L'idea è quella di sempre: la costruzione dell'identità padana. E allora, spiega Bossi, «era giusto raccontare quello che in Italia succede da sempre: i lombardi e i veneti cambiano la storia. Ma è importante che di questo ci sia memoria, perché poi la memoria diventa Dna».

Marco Cremonesi
19 ottobre 2008

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E questo è il Ministro delle riforme, pensate un po': quanto siamo caduti in basso !