giovedì 23 ottobre 2008

CARCERI DI SAN VITTORE E MONZA - ALLARME SANITA'


di Luigi Morsello

Solo in data 30 settembre quest’anno, al termine di un lungo iter legislativo, la Sanità penitenziaria è transitata, armi e bagagli, al Ministero della Sanità ed alle Aziende Sanitarie Locali e già una delle più importanti della Lombardia lancia un allarme, raccolto dal Corriere della Sera di oggi 23 ottobre 2008, in un ‘Focus’ a firma di Luigi Ferrarella, il quale ne riferisce con un titolo altisonante ed in linea con la tendenza dell’attuale politica al Governo, di creare allarme sociale.
Il titolo è: A Milano celle di 3 metri per 2 con 6 detenuti. A Monza si dorme su materassi in terra. «Carceri disumane. E fuorilegge».
Ecco come prosegue l’articolo: “Almeno in alcuni reparti del carcere di San Vittore a Milano e della casa circondariale di Monza «le condizioni igieniche e di vivibilità», documentate da due rapporti riservati dell'Asl, «sono pessime» al punto tale da violare «l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività», e l'articolo 27 per il quale «in nessun caso» la legge può determinare come pene «trattamenti contrari al senso di umanità». “
Un bel botto, non c’è che dire, sensazionale. Le condizioni sanitarie di alcuni reparti delle carceri di San Vittore e di Monza violano due norme costituzionali, l’art. 32, che recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dello individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
, e l’art. 27, il cui comma 2 recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”.
Non bastasse la relazione dell’ASL, ci mette il carico da novanta il neo-presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano Pasquale Nobile De Santis, il quale fa ricorso a una norma dell'ordinamento penitenziario del 1975, e cioè all'articolo 69, per rappresentare per iscritto e direttamente al Guardasigilli Angelino Alfano una necessità da ultima spiaggia: «Assoluta l'esigenza che vengano a cessare le suddette modalità di esecuzione della pena e di custodia dei detenuti».
Chi scrive conosce le due carceri lombarde e fatica a credere a tutto questo spaventevole trattamento ‘in alcune sezioni’ delle carceri stesse.
Ma prima esaminiamo cosa dice l’art. 69 dell’Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio1975 n. 354), qui non interessa riportare il contenuto dell’intera norma, che è anche di natura procedurale, Infatti l’art. 69 titola “Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza” e i commi rilevanti sono i seguenti:
“1. Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo.
2. Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti.”
.
Come si vede, chi è intervenuto è il magistrato di sorveglianza, che è anche presidente del tribunale di sorveglianza. Non solo. Nelle norme non si legge alcun diritto-dovere di scrivere al ministro della Giustizia, per cui l’averlo fatto è irrituale.
In un colpo solo il dr. Pasquale Nobile De Santis ha scavalcato:
1. il provveditore regionale lombardo Luigi Pagano;
2. il direttore generale dell’ufficio detenuti presso il D.A.P. (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) cons. Sebastiano Ardita;
3. il capo del D.A.P. presidente Franco Ionta.
Ciò è accaduto ad opera di chi è “da pochi mesi” alla presidenza del tribunale si sorveglianza e che, verosimilmente, quelle sezioni non le ha visitate affatto.
Vediamo come continua a descrivere il giornalista la situazione.
“…dare finalmente corso alle ristrutturazioni di padiglioni in attesa di lavori finanziati o da sgomberare questo o quel raggio trasferendo altrove i detenuti che vi sono pigiati, almeno in alcuni reparti di queste due carceri la legge è violata, non si può continuare a far finta di non vedere che sia così, e soprattutto non si può continuare a far espiare in questo modo la pena.”.
Qui ci riferisce a San Vittore, alcuni padiglioni sono in ristrutturazione.
Ma quali ?
Riferisce qui l’associazione Antigone: “Carcere risalente all’800: la datazione della struttura la caratterizza principalmente per una carenza di spazi utilizzabili e una loro distribuzione poco sfruttabile dal punto di vista degli investimenti in attività, oltre che per condizioni igieniche assolutamente precarie. Da diversi anni sono però in corso drastici lavori di ristrutturazione che interessano a turno uno dei raggi detentivi (nel maggio 2005 il V raggio è stato chiuso per lavori di rifacimento mentre il III raggio è stato riaperto da poco) e che stanno portando ad un adeguamento progressivo della struttura alle indicazioni contenute nel Regolamento di esecuzione dell’O.P. Conseguenza indiretta di questi lavori di ristrutturazione è una riduzione della capienza della struttura che, non essendo compensata da una riduzione dei flussi di ingresso in istituto, si traduce in un ulteriore peggioramento delle condizioni di sovraffollamento nei raggi non ancora ristrutturati.”.
I raggi sono sei, più il centro clinico, più la sezione femminile. Ne viene ristrutturato una alla volta, ovviamente, attualmente è in ristrutturazione il III raggio.
Antigone si preoccupa dei descrivere l’articolazione in raggi: “Struttura fatiscente di fine Ottocento, classico panopticon a sei raggi, più una sezione femminile e il Centro clinico. Il I raggio ospita al pianterreno uffici e sopra la sezione penale; al II raggio c’è il Coc (sezione riservata a tossicodipendenti in trattamento); il III raggio ospita detenuti lavoranti e, al quarto piano, il progetto sperimentale “La Nave” (riservato a tossicodipendenti in trattamento avanzato); il IV raggio ospita detenuti comuni, così come parte del VI dove sono anche detenuti i nuovi giunti in attesa di assegnazione alle celle (piano terra) e i ‘protetti’ (secondo piano). Al momento dell’ultima visita, nel maggio 2005, il V raggio è attualmente chiuso per ristrutturazione.
Le condizioni generali delle celle e degli spazi interni sono molto differenziate. La visita è stata concentrata sul III e sul VI raggio che rappresentano gli estremi delle condizioni detentive dell’Istituto. Il III raggio, ristrutturato recentemente, presentava condizioni generali molto buone per dimensione e condizioni delle celle (da 2 a 5 persone, dimensioni adeguate, servizi interni con docce, angolo cucina separato,…) e per disponibilità di spazi comuni (ai piani diversi spazi per attività ricreative, formative e terapeutiche; al piano terra una cappella per il culto cattolico e diverse aule per attività scolastiche e lavorative; al piano seminterrato cucina e altri spazi per laboratori). Il VI raggio presentava invece condizioni igieniche e di vivibilità generale pessime: celle molto piccole e sovraffollate (nelle situazioni più gravi stanze approssimativamente di 2 metri per 3, con doppio letto a castello a tre piani, per complessivi sei letti: i letti occupano la quasi totalità dello spazio, tanto da impedire ai detenuti di stare in piedi tutti contemporaneamente, e non esiste alcuno spazio separato per la preparazione dei cibi); servizi igienici inadeguati (le docce comuni sono insufficienti per garantire a tutti i detenuti l’utilizzo quotidiano e impongono quindi la turnazione delle docce anche nei mesi estivi); accesso ai piani consentito da un’unica scala molto stretta, senza ascensore o montacarichi (tra l’altro la scala non consente il passaggio del carrello del cibo); nessuno spazio per la socialità.
Gli spazi per l’aria sono tutti in cemento e con scarsa protezione dal sole e dalle intemperie. Nel III raggio anche lo spazio aria è stato recentemente ristrutturato, con campo da calcetto in erba sintetica. Per i colloqui con figli minori è previsto un piccolo spazio verde attrezzato con giochi da giardino e ben curato (nota negativa: le finestre delle celle del reparto di osservazione psichiatrica si affacciano direttamente su questo spazio).
Nella sezione femminile c’è una carenza di spazi comuni per soddisfare l’offerta di attività ricreative, culturali e formative proposte alle detenute. Al momento della visita il nido era chiuso per ristrutturazione (le detenute con figli piccoli erano state momentaneamente trasferite nel carcere di Monza).”
Com’era la situazione al 31.12.2007 ?
Ancora una volta Antigone riferisce: “Numero: 1404 di cui 1.292 uomini e 112 donne.
Si segnala un elevatissimo turn-over: una media di 30/40 ingressi giornalieri, soprattutto di detenuti stranieri (attualmente provengono in maggioranza dai paesi dell’Europa dell’est) arrestati prevalentemente per reati legati a droga, prostituzione e violazione della legge sull’immigrazione; nel periodo immediatamente precedente all’ultima visita (maggio 2005) si sono registrati anche diversi nuovi ingressi per revoca delle misure alternative alla detenzione.
Sempre al momento dell’ultima visita la popolazione detenuta era composta circa al 60% da cittadini stranieri; i tossicodipendenti riconosciuti costituivano circa il 25/30% dei detenuti; i sieropositivi accertati erano circa un centinaio; nella sezione ‘protetti’ erano reclusi diversi transessuali; non vi erano donne con bambini (causa temporanea chiusura del nido).
Per quanto riguarda le posizioni giuridiche gli imputati sono 1205, i condannati definitivi 199.
I lavoranti sono mediamente circa 350, di cui circa 80/100 sono impegnati in lavorazioni esterne mentre gli altri lavorano (molti a turnazione) alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
Ma il personale, quanti sono ?
“L’attuale direttrice è la dr.ssa Gloria Manzelli, che ha assunto la direzione dell’istituto dopo lo spostamento del dott. Pagano e diversi mesi di ‘reggenza’. L’istituto conta inoltre su due vicedirettori, di cui una sola a tempo pieno (l’altro è attualmente distaccato tre giorni alla settimana presso il carcere di Lodi), che risultano assolutamente insufficienti per le esigenze dell’istituto.
Per quanto riguarda il personale di polizia penitenziaria (comandante Piramide), gli agenti in servizio sono poco più di mille più un centinaio assegnate alla sezione femminile; da queste cifre vanno però scorporati gli agenti distaccati presso altri servizi (un centinaio) e quelli destinati al nucleo traduzioni (circa duecento), per un totale quindi di circa settecento effettivi fra reparti e uffici amministrativi, più una settantina di agenti per il femminile.
Gli educatori in servizio effettivo sono quattro; almeno due gli assistenti sociali assegnati dall’UEPE.
Nell’istituto operano una guardia medica disponibile 24 ore su 24 e almeno 1 medico per ogni reparto; due psichiatri ministeriali e diversi specialisti in convenzione.
Esiste un servizio “Nuovi giunti” che impiega una decina di esperti – psicologi e criminologi – di cui alcuni parzialmente distaccati al “Dars” (servizio “Detenuti a rischio suicidario”: progetto sperimentale attivato nel 2000 con un finanziamento regionale per la prevenzione dei suicidi; si avvale anche di un arteterapeuta e di un facilitatore istituzionale, oltre che della collaborazione di vari operatori volontari). Il sostegno psicologico continuativo ai detenuti è invece garantito solo laddove esistono progetti specifici (es. Asl per tossicodipendenti), mentre per il resto si registra una carenza di esperti disponibili, anche per quanto riguarda l’osservazione trattamentale.”
Ecco, gli agenti di polizia penitenziaria sono più di mille, mentre i vice direttori sono solo due ed uno era distaccato a Lodi.
La dr.ssa Gloria Manzelli è un direttore con le palle, ma San Vittore è un ‘monstrum’, non basta.
Concludiamo l’excursus da Antigone con le condizioni di vita: “numero dei detenuti per cella e le condizioni materiali variano molto da raggio a raggio e soprattutto nelle sezioni comuni dipendono molto dal turn over del momento. Anche gli orari di apertura delle celle si distinguono per raggio, passando dall’apertura dalle 8.00 alle 21.00 del III reparto alla chiusura totale del IV e del VI (con unica possibilità di uscire dalla cella per le ore d’aria).
I detenuti tossicodipendenti in trattamento possono essere assegnati al “Coc” (reparto in cui sono attivi diversi progetti di intervento promossi dalla Asl di Milano) e in caso di trattamento avanzato al progetto sperimentale “La Nave”.
Particolarmente drammatiche risultano essere le condizioni riservate ai detenuti nuovi giunti: per tutti coloro per cui si ritiene necessaria l’effettuazione di esami clinici prima dell’assegnazione ai raggi (in particolare screening TBC attraverso esami radiologici) e di prassi per i detenuti stranieri, l’attesa degli esami (che, per chi entra al pomeriggio, dura fino alla mattina successiva e al lunedì mattina per chi viene arrestato nel fine settimana) avviene in un paio di celle poste all’ingresso del VI raggio che, secondo diverse segnalazioni pervenute ad Antigone, raggiungono condizioni di sovraffollamento e di precarietà estreme.
Sempre nel VI raggio, al secondo piano, esiste un reparto destinato a detenuti “protetti” che ospita – in celle separate ma nella stessa sezione, gli uni di fronte agli altri – transessuali e detenuti per reati sessuali. Non è invece previsto un circuito separato per i giovani adulti.
Per quanto riguarda il vitto, il progetto di ristrutturazione dell’istituto ha previsto la realizzazione di una cucina per ogni raggio; al momento dell’ultima visita, maggio 2005, risultavano attive le cucine del II e del III raggio, del centro clinico e del femminile, mentre si segnalavano problemi sulla vecchia cucina centrale, in cui erano in corso lavori urgenti di ristrutturazione. La distribuzione del vitto appariva in condizioni precarie e a rischio dal punto di vista sanitario per i reparti più fatiscenti.”
Meglio sarebbe stato un atto informale di contatto con Franco Ionta, capo del Dipartimento, coinvolgendo il direttore generale del personale Massimo De Pascalis e quello dei detenuti Sebastiano Ardita.
In questo modo si sarebbe evitata la deleteria pratica degli annunci ad effetto ed attivato le risorse che consentono di venire in soccorso del carcere di San Vittore, carcere che io conosco da 40 anni ed oltre ed è sempre stato ‘la pietra dello scandalo’, suo malgrado e di chi ne è stato alla direzione.
La situazione odierna di San Vittore sembra essere la seguente:
1. II e IV raggio fermi, il II per un cedimento strutturale;
2. III e V raggio ristrutturati ed operativi;
3. VI raggio in cattive condizioni, ma funzionante.
È possibile affermare che la ristrutturazione, dovendosi tener conto dei precetti del nuovo regolamento di esecuzione, ha comportato una riduzione degli spazi, ma sono stati realizzati servizi sanitari in ogni cella con, salvo errori, acqua calda corrente e doccia.
Per consentirne la chiusura sono stati costruiti due carceri, quello di Opera e quello di Bollate, ma San Vittore sta sempre lì, a testimonianza perenne ed imponente della impotenza del ministero della Giustizia.
Gridare oggi ‘al ladro’ fa un effetto comico, perché ovviare a situazioni tipiche di carceri nate alla metà dell’800, quando ancora non esisteva nemmeno una legge penitenziaria (il primo Ordinamento degli stabilimenti carcerari e dei riformatori è del 1891, R.D. 1° febbraio 1891, concomitante e conseguente alla emanazione del codice penale Zanardelli) si può solo costruendo nuove carceri, rapidamente, per dismettere quelle vecchie, ancorché gloriose e storiche come San Vittore. Ma una politica economica dell’esecuzione penale è da anni che non interessa più nessuno, da anni che non si finanziano nuove costruzioni, da sempre che non si sbrogliano le procedure in modo da consentite costruzioni rapide, efficienti e controllate accuratamente (in modo da evitare scandali di alcun genere).
Allora, se è vero che la situazione di un carcere di vecchia concezione e costruzione non approda a possibilità di soluzioni che prescindano dalla sua conservazione, a che serve gridare allo scandalo ? A mettere le mani avanti ?
No, non va bene così.
La casa circondariale di Monza.
Ecco cosa scrive IL GIORNO (STEFANIA TOTARO 5 dicembre 2006): “ LA CASA CIRCONDARIALE di via Sanquirico, costruita per avere una capienza massima di 600 posti, prima dell'indulto ospitava addirittura 800 detenuti con punte di 840. Dopo l'esodo dei primi di agosto, erano occupati 520 posti. Che ad oggi sono già diventati 575 per il ritorno degli «indultati» e per i «nuovi arrivi». Una manciata di detenuti ancora e si fa presto a raggiungere nuovamente la capienza massima e pure ad oltrepassarla.”
È un punto cruciale, perché le nuove carceri in Lombardia sono state realizzate per celle singole, di 12 mq di superficie, W.C. compreso. Non so dire con esattezza di Monza, ma avendo messo in funzione due nuove carceri (Busto Arsizio e Pavia), posso testimoniare che le capienze di entrambe furono raddoppiate mediante la dotazione di un secondo letto, messo ‘a castello’ sul primo. Se si considera che i soffitti delle nuove carcere sono altri mt. 2.70 ci si rende conto che un terzo posto letto non è realizzabile se non con una branda rimovibile o addirittura, in emergenza, con un materasso sul pavimento.
Tornando a Monza, la capienza di 600 posti letto deve essere la risultanza di un castello per ogni cella, ogni aumento di tale capienza fa appello ad altre celle non di sezione, per cui si arriva a 700 posti, e (si fa per dire) all’utilizzo dei materassi per terra. Le punte massime di sovraffollamento non avrebero mai superato le 800 unità.
Recita il Corriere: “A Monza per «infiltrazioni d'acqua», e più ancora per la «presenza di scarafaggi» nelle celle dove «1 detenuto su 3 dorme su materassi direttamente adagiati sul pavimento», cioè proprio su quella terra solcata dagli insetti che - ricorda l'Asl - possono «fungere da veicolo per parassiti e agenti patogeni pericolosi per l'uomo».
Non ci siamo, se 1 detenuto su tre dorme su un materasso i presenti dovrebbe essere 1.050 (700 nei letti a castello e 350 per terra). Inoltre, cosa intende per infiltrazioni d’acqua ? Ricordo che Monza è un carcere nuovo, per infiltrazioni d’acqua si deve intendere dal terreno, ne consegue che è verosimile che si tratti di tubazioni d’acqua con perdite e, dunque, di danni limitati e riparabili e per niente offensivi per la salute.
Quanto agli scarafaggi non posso che essere incredulo.
Leggo che “gli scarafaggi commensali dell'uomo visitano ambienti malsani, come ad esempio fognature e discariche, per spostarsi in ambienti domestici; a causa dell'abitudine di rigurgitare parte del cibo ingerito precedentemente sul substrato e di defecare durante l'alimentazione, anche un basso livello di infestazione può rendere inservibile una partita a causa dei cattivi odori trasmessi e, soprattutto, dei rischi igienici derivanti dall'infestazione. Gli ambienti che possono essere frequentati sono tutti quelli che possono contenere derrate alimentari di qualsiasi natura, perciò sono suscettibili di infestazioni da scarafaggi e, di conseguenza, di contaminazioni, le abitazioni civili, i magazzini di derrate, le aziende agrarie, le industrie e i laboratori artigianali di trasformazione agroalimentare, gli esercizi di ristorazione (alberghi, ristoranti, bar, mense, ecc.), gli ospedali, le scuole, gli uffici, gli istituti di detenzione.”.
Senza entrare nel merito (effettivamente sono portatori di molte malattie: “sono infatti possibili vettori di virus, batteri, protozoi, nematodi, cestodi, a loro volta responsabili di affezioni più o meno gravi. Fra le possibili affezioni trasmesse attraverso la contaminazione degli alimenti sono citate la dissenteria, la salmonellosi, l'epatite A, la poliomielite, la malattia del legionario. Gli scarafaggi, inoltre, trasmettono antigeni che causano l'insorgenza dell'asma”), però mi viene fatto di considerare che. vivendo le blatte nelle fogne e nelle discariche, mi sembra difficile pensare che infestino le celle, mentre non è chiarito dove tali animali siano stati scoperti.
Inoltre, in ambienti nuovi non mi è mai stato dato di osservarne la presenza (ricordo che ho diretto le carceri nuove di Busto Arsizio e Pavia).
Anche in questo caso è legittimo il dubbio che si vogliono mettere le mani avanti, oggi che la sanità penitenziaria è passata alle ASL. Lo deduco dalla circostanza che l’art. 11 dell’Ordinamento penitenziario, penultimo ed ultimo comma, recita:
“Il medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico-sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti.
Il medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al Ministero della sanità e a quello della giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza.”
Ebbene, le funzioni un tempo esercitate dal medico provinciale, figura che non esiste più, sono esercitate dall’Ufficio di igiene Pubblica presso le ASL, che dunque non potevano ignorare quanto oggi vanno denunciando.
Chiudo con l’intemerata di Pero Ostellino, che si avventura in un campo a lui sconosciuto, snocciolando cifre e citando Cesare Beccaria, per poi affermare che:” Basterebbero queste cifre per provare che: 1) l'indulto non ha avuto gli effetti sperati; 2) la situazione è tornata a essere quella di prima e, fra pochi mesi, peggiorerà; 3) l'indulto, che è bersaglio di polemica politica, non era poi stato una decisione del tutto campata in aria, ma rispondeva sia all'invocazione alla più elementare carità cristiana verso esseri umani costretti a vivere in condizioni disumane, rivolta da Giovanni Paolo II al Parlamento il giorno della sua visita, sia a un'esigenza reale, più volte denunciata nelle battaglie condotte dai radicali.”.
Meno male, senza di lui non ci saremmo mai arrivati.
Poi continuala disamina per approdare alla conclusione, scontata, che nella scala di priorità viene primo l’aiuto alle imprese i difficoltà e poi ci si potrà preoccupare delle carceri, se non ho capito male.
Ammesso e non concesso che l’attuale governo di centro-destra voglia in questa legislatura occuparsi del problema, del quale poco o nulla si è occupato in quella 2001-2005.
Che dire: amen !

Luigi Morsello

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