lunedì 13 ottobre 2008

Dopo quel pugno lascio la cattedra"




BARBARA COTTAVOZ, MARCELLO GIORDANI
LA STAMPA
NOVARA


«A scuola non torno. Come posso rientrare in una classe dove c’è un ragazzo che mi ha preso a pugni e minacciato di morte?». A dirlo non è un ragazzino che fa i capricci, ma l'insegnante di Novara picchiato da un alunno qualche giorno fa. Impaurito e deluso, lascia dopo 32 anni. «Addio scuola, addio lavoro, addio a tutta la mia vita spesa a cercare di formare i ragazzi».
Resta a casa il professor Luigi Sergi, 57 anni, docente di educazione artistica alla scuola media «Carlo Alberto», nel pieno centro di Novara. Il 2 ottobre un allievo di terza, un ragazzino straniero di 16 anni, ha risposto con un pugno a un rimprovero mandando il prof all’ospedale: ora il consiglio di classe ha deciso la sospensione di quindici giorni e un percorso di rieducazione.

Lui, il docente, non ci sta. «Ma a che serve? Dovevano scegliere fra me e lui. E mi sembra chiaro che abbiano hanno scelto lui. Avevo chiesto un provvedimento esemplare - commenta amaro - e invece è stata presa una decisione inutile ed inadeguata. Questo ragazzo è già stato sospeso parecchie volte. I colleghi mi hanno lasciato solo, sono stato tradito». L’istituto replica che è stato applicato il regolamento: la sospensione massima è di 15 giorni. «Io speravo invece che una volta tanto questa scuola sapesse superare le pastoie burocratiche». Luigi Sergi non è il professore che fa tremare gli alunni quando entra in classe: «Ho la fortuna di insegnare disegno, in 32 anni di carriera mi sono capitati tanti casi di ragazzi difficili. Con loro però sono sempre riuscito a instaurare alla fine un bel rapporto perchè usavo l’arte-terapia. Il disegno e il dialogo fanno davvero miracoli».

E con l’alunno-boxeur l’arte terapia non ha funzionato? «No. Ha sempre rifiutato qualsiasi rapporto con gli insegnanti. Non c’è mai stato verso di fargli fare un compito, di convincerlo a obbedire. Il ragazzo entra in classe, si mette alle orecchie un paio di cuffie, ascolta la sua musica, entra ed esce a piacere dall’aula. Ho provato davvero di tutto».
Tanti, tra cui il sindaco Massimo Giordano, avevano sollecitato il prof a tornare in classe. Domenica anche il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, aveva incoraggiato Sergi: in diretta tivù gli aveva detto che la scuola era sua vocazione: «Ha fatto tanto a molti ragazzi, deve continuare per loro», aveva detto Gelmini.

Ora sarà dura trovare argomenti per spingerlo a riaprire la porta di quell’aula. Aumentano l’amarezza dell’insegnante anche le reazioni di alcuni docenti, preoccupati del fatto che la notizia dell’episodio crei problemi di immagine (e iscrizioni future) alla scuola. «Secondo certi colleghi bisognava tacere tutto. Che uno venga colpito e finisca all’ospedale conta poco, l’importante è salvare l’apparenza. Mi spiace, ma non mi trovo più in questa mentalità. Sinceramente mi aspettavo una solidarietà maggiore dal mondo della scuola, invece si risponde solo con la burocrazia. Non è stato capito il mio stato d’animo: quando sono tornato in istituto per consegnare la relazione sull’accaduto, avevo il desiderio di entrare, ma mi è mancata la forza. Adesso la forza mi è passata del tutto. La mia scuola mi ha dato un altro pugno, quello del k.o. Nessuno mi ha cercato, non i genitori del ragazzo, ho dovuto sapere dai giornali il provvedimento dei 15 giorni di sospensione, nessuno dei miei colleghi me lo ha comunicato: ecco perché lascio».

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono solidale con il professore. Ormai la maggioranza delle persone non sa ragionare se non in termini di interessi e profitti personali. La solidarietà non è più un valore.Roba da vecchi.
rossana

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sono TOTALMENTE solidale col professore e manifesto disprezzo per l'ignavia di quel consiglio di classe.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

No, roba da persone ragionevoli, solo che fra i giovani non se ne trova granchè !