martedì 7 ottobre 2008

I violentatori del Bounty


VITTORIO SABADIN
LA STAMPA
7 ottobre 2008
Condannati a Pitcairn per lo stupro di minori sette discendenti degli ammutinati

Fletcher Christian, il secondo ufficiale del Bounty, non avrebbe potuto scegliere nel 1789 un’isola migliore come rifugio per se stesso e i suoi ammutinati: Pitcairn è così lontana da tutto, così inutile, aspra e selvaggia, da non avere mai interessato nessuno. Tantomeno la Gran Bretagna, che la possiede ma che aveva rinunciato a farvi applicare le proprie leggi, perché sarebbe costato troppo. Così a Pitcairn ognuno ha fatto quello che ha voluto. E per le bambine dell’isola non c’è stata alcuna possibilità di sfuggire a un terribile destino: negli ultimi 200 anni, tutte sono state violentate.
Jeanie e Isobel, due sorelle, avevano solo 7 e 9 anni quando cominciarono a ricevere le attenzioni di Brian Young, che le caricò sulla sua moto e le portò in un luogo isolato. Le bambine non dissero nulla, un po’ per paura di Brian e un po’ perché non c’era nessuno cui dirlo. Nell’isola gli abitanti sono solo 51, portano tutti i cognomi degli ammutinati (Young, Adams, Quintal, Christian) e nessun padre si sognerebbe mai di punire o denunciare il figlio violentatore. Lo sono stati tutti.

Solo quando la famiglia di Janie e Isobel, anni dopo, si trasferì in Nuova Zelanda le due bambine raccontarono gli stupri continuamente subiti nell’isola. Altre ragazze, a loro volta emigrate in Australia o in altri Paesi, trovarono il coraggio di denunciare quanto era accaduto molti anni prima. Come Melinda, che raccontò a una donna poliziotto inglese di essere stata ripetutamente violentata a 15 anni dai fratelli Randy e Shawn Christian e che altre ragazze nella stessa situazione si erano suicidate.

Anche se malvolentieri, la giustizia britannica si è messa in moto, ha avviato indagini e ha scoperto una catena di violenze e di abusi che va indietro almeno fino agli Anni 50, ma solo perché non ci sono abbastanza testimoni ancora in vita per documentare quelli precedenti. Nove uomini sono stati arrestati, tra questi anche l’ex sindaco di Pitcairn, Steve, ovviamente Christian.
Qualcuno, a Whitehall, si deve essere sicuramente chiesto che senso abbia per la Gran Bretagna mantenere il possesso di Pitcairn, che si è rivelata sempre solo una grande seccatura. Portare i nove uomini al processo è costato ai contribuenti inglesi 7 milioni di sterline, quasi 10 milioni di euro, a causa di una indagine che ha dovuto dipanarsi per tre continenti alla ricerca di vittime e testimoni. Da quando l’indagine è cominciata, il governo ha speso altri 15 milioni di sterline per migliorare le strutture dell’isola e portarla a un grado maggiore di civiltà. Ora ci sono strade asfaltate, la tv satellitare e telefoni che funzionano. Ma poiché a Pitcairn sono rimasti solo i violentatori e le loro famiglie, i benefici andranno ai carnefici e non alle vittime. Sette uomini sono stati condannati a lievi pene, da scontare nella prigione dell’isola, che conoscono molto bene perché l’hanno costruita.

Una volta fatta giustizia, il tribunale ha però rifiutato di concedere alle vittime il risarcimento previsto dalla legge, circa 44 mila sterline a testa, sostenendo che vale per l’Inghilterra, ma non per i territori oltremare. Ormai adulte e al sicuro in altri Paesi, le ragazze di Pitcairn hanno però intentato una class action in Nuova Zelanda, costringendo il Foreign Office a un ripensamento. Questa settimana, ha annunciato l’«Independent», il ministro responsabile dei territori confermerà che alle nove donne che hanno testimoniato al processo verrà garantito il risarcimento. «Ha un grande valore simbolico - ha detto Isobel - perché riconosce quanto abbiamo sofferto da bambine e quanto sia terribile non potere riavere indietro la propria innocenza».

Se Pitcairn è stata disabitata per millenni, forse una ragione c’era. Fletcher Christian la trovò per caso, perché la posizione di quella insignificante isola era riportata in modo errato sulle carte dell’Ammiragliato. Sbarcò con Maimiti, la principessa thaitiana che aveva sposato, nove ammutinati, sei indigeni e altre undici donne polinesiane. Gli uomini erano 16, le donne solo 12, e non poteva funzionare. Alcune ragazze di Thaiti lasciarono i loro compagni indigeni per mettersi con gli inglesi, che consideravano di una classe superiore.
I polinesiani reagirono. Christian fu uno dei primi a morire, nella carneficina che si verificò poco tempo dopo lo sbarco. Di lui non abbiamo neppure un ritratto e sappiamo solo che aveva le mani sempre così sudate da bagnare tutto quello che toccava.

Quando nel 1808 la baleniera americana Topaz gettò l’ancora davanti all’isola, l’unico sopravvissuto tra gli ammutinati era John Adams, patriarca di una comunità di donne e di bambini. Il figlio di Maimiti, vestito da polinesiano, si avvicinò alla nave e disse in perfetto inglese: «Mi chiamo Giovedì Ottobre Christian. Da dove venite?» Una strana isola di selvaggi, deve avere pensato il capitano della Topaz. E devono averlo pensato per molto tempo anche i burocrati di Londra, vedendo dalle statistiche dell’Impero che le ragazze di Pitcairn partorivano tutte per la prima volta tra i 12 e i 15 anni.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Bestie più che esseri umani.
Raccapricciante.
Una vergogna per l'Inghilterra.
Che adesso paghino, almeno questo, sperando che gli stupri cessino.