lunedì 27 ottobre 2008

LA CASA di RECLUSIONE di SAN GIMIGNANO

di Luigi Morsello

LA CASA di RECLUSIONE di SAN GIMIGNANO

UNO

Non versava, quel carcere, in buone condizioni di salute. Lo avevo sentito dire diverse volte all’Ispettore Distrettuale dr. Leo De Santis, che ormai dovrebbe essere noto ai miei quindici lettori.
Era un colabrodo, degradato per mancanza di opere di manutenzione ordinaria. Mi saranno date in seguito molte occasioni di constatarlo in tutte le carceri dove sono stato in missione, fin quando sono rimasto in servizio in Toscana, e cioè dal 1967 al 1981, ma anche oltre questa data.
Il direttore si chiamava Alfredo Gambardella, pervenuto al ruolo direttivo da quello di ragioneria, era laureato, sembrava rassegnato o, meglio, aveva deciso di non preoccuparsi più, qualunque cosa succedesse.
La casa di reclusione di San Gimignano fu funestata da due evasioni in rapida successione, una prima di due detenuti, una seconda di quattro. Erano passati dai tetti.
Un colabrodo. Gambardella fu trasferito a Livorno, la direzione lasciata in reggenza a Tommaso Ferrazzano, il funzionario di ragioneria, che sperava di restarci come direttore. E ci restò per un bel po’ di tempo, non si trovava nessuno da potercelo mandare.
(Inserisco un messaggio pervenutomi dal dr. Alfredo Gambardella che chiede di rettificare alcuni dettagli in ordine al suo trasferimento a Livorno: " Egr. Dott. Morsello,
sono Alfredo Gambardella, nipote dell'ex Direttore Gambardella, ed insieme le scriviamo questa mail.
Abbiamo letto i suoi articoli riguardanti la casa penale di San Gimignano ed in particolare Lei ha scritto che "Il direttore si chiamava Alfredo Gambardella, pervenuto al ruolo direttivo da quello di ragioneria, era laureato, sembrava rassegnato o, meglio, aveva deciso di non preoccuparsi più, qualunque cosa succedesse. La casa di reclusione di San Gimignano fu funestata da due evasioni in rapida successione, una prima di due detenuti, una seconda di quattro. Erano passati dai tetti.Un colabrodo. Gambardella fu trasferito a Livorno [...]".
In altro articolo è ulteriormente specificato che "Il mio primo incarico di missione fu presso il Carcere Giudiziario di Siena, ero direttore titolare presso la Casa di Reclusione di San Gimignano, laddove avevo sostituito il direttore dr. Alfredo Gambardella trasferito presso il carcere giudiziario di Livorno a causa di due evasioni di due e quattro detenuti".
Mio nonno vorrebbe precisare che il suo trasferimento a Livorno non è stato causato dalle citate evasioni ma, invece, fu proprio lui stesso a chiedere al Ministero di essere trasferito in altra sede per problemi di salute in quanto egli soffriva di asma derivante da allergia ad alcune piante presenti a San Gimignano.
Tale circostanza mi è stata peraltro confermata dai miei zii i quali, seppur piccoli d'età, si ricordano di tale circostanza.
Le chiediamo quindi di voler cortesemente correggere in tal senso i suoi articoli.
Distinti saluti
Dott. Alfredo Gambardella Senior
Alfredo Gambardella junior"
)
Io ero vice direttore a Firenze, presso gli Istituti Penitenziari dove avevo assunto servizio di prima nomina.
Non ci pensavo nemmeno ad andarci e poi ero vice direttore e pensavo non fosse possibile darmi una direzione, anche se in cuor mio lo desideravo.
Evidentemente questo mio desiderio fu percepito dal dr. De Santis, il quale però mi lusingò per un’altra sede, quella di Capraia Isola, il cui direttore dr. Raffaele Ciccotti aspettava l’avvicendamento. A Capraia era stato assegnato perché non aveva diretto nessun carcere, se ricordo bene, avendo prestato servizio per otto anni a Roma Rebibbia, in una struttura sperimentale di cui non ricordo il nome.
Ancora oggi non so capacitarmi quali stramberie mi passavano per la mente: “andare in isola” ! Accettai, vi fui assegnato in missione continuativa per un mese, cui sarebbe conseguito il trasferimento. Ero sposato, con una figlia di un anno di età, qualcuno mi sconsigliò, ma io sono stato sempre molto testardo.
Arrivato in isola (distanza dalla terraferma 57 miglia marine italiane - 103 km.) con il traghetto della solita Toremar, che faceva la spola fra le isole (Gorgona, Capraia, Porto Azzurro e ritorno, viaggio di andata il martedì, viaggio di ritorno il venerdì) non mi ci volle molto a capire che avevo commesso un errore, ed anche grave, specialmente quando vidi che le masserizie di un agente trasferito venivano portate con la “Nonno Beppe”, il traghetto non poteva, insufficienza di fondali.
In caso di emergenza l’unica era di raccomandarsi a Dio che tenesse buoni mare e venti per consentire il ricovero in strutture ospedaliere livornesi.
Ci son rimasto solo sei giorni, ero molto giovane, inesperto, anche un po’ ingenuo, anzi tanto. Ciccotti fu cordialissimo con me, mi invitò anche a cena, ma capì che io ero disorientato se non peggio, io ero addirittura allo sbando (accadrà altre volte).
Dopo sei giorni arrivò un telegramma che mi destinava in missione continuativa a San Vittore, dovevo sostituire un vice direttore, il dr. Carlo Santamaria Amato che andava in ferire, era il mese di agosto del 1969. il direttore di San Vittore, dr. Alfonso Corbo, direttore capo, aveva solo due vice direttori, uno dei quali già in ferie (eravamo dello stesso concorso, ma lui era figlio di un nostro ispettore generale), pretese quindi un rimpiazzo, altrimenti sarebbe rimasto da solo.
A San Vittore ritrovai il maresciallo comandante della casa di reclusione Santa Teresa di Firenze, maresciallo maggiore Filia Palmerio, che era comandante anche a San Vittore, col quale continuai il noviziato. Era entusiasta del direttore Corbo e mi contagiò, ebbi l’incarico di svolgere le udienze coi detenuti, uno di essi fu Mario Capanna, arrestato per scontri violenti con la polizia. Fu molto aggressivo e mi salvò dalla sue grinfie il maresciallo Filia. Corbo poi si era imposto per il coraggio dimostrato nei confronti del potere dell’epoca, ebbi occasione di leggere una sua lettera al Procuratore Generale della Repubblica dell’epoca (me la fece leggere lui), in cui rigettava una raccomandazione a favore dell’agente autista che gli era stato assegnato, non ricordo più per che cosa.
Il regolamento agenti del 1937 vietava agli agenti di farsi raccomandare, considerando tale comportamento una infrazione disciplinare (art. 81 n.12) sotto forma di recidiva e prevedeva una riduzione di stipendio di 1° grado da 1 a 30 giorni, cioè la perdita di un quarto dello stipendio o della paga giornaliera per ogni girono di sanzione pecuniaria irrogata, veniva inflitta dalla commissione locale di disciplina composta dal direttore, che la presiedeva, e da due impiegati civili di amministrazione o di ragioneria.
In questa lettera Corbo rifiutava la raccomandazione che gli era stata proposta e dichiarava che l’agente doveva considerarsi fortunato se, appunto, non lo sottoponeva a procedimenti disciplinare.
Chi era Alfonso Corbo lo dimostra questo messaggio che egli inviò ai detenuti di San Vittore, che trascrivo:
UN DIRETTORE DÀ IL PROPRIO BENVENUTO.
Carcere giudiziario di Milano.
Raggio Nuovo, vita nuova
.
È augurabile che la cella non venga considerata come casa propria ma come una dimora temporanea da lasciare il più presto possibile.
È buona norma tuttavia tenerla ordinata pulita e in modo tale comunque che se doveste lasciarla immediatamente un'altra persona possa occuparla senza dover incorrere a lavori straordinari di manutenzione.
Coprire le pareti di fotografie ritagliate dai giornali non è soltanto riprovato dalle norme del convivere civile, ma costituisce fonte di rifugio di polvere e magari insetti con notevole pregiudizio per l'igiene e per la vostra salute.
Una o al massimo due fotografie di stretti congiunti ed un solo quadretto conferiscono a tutto l'ambiente personalità e buon gusto nell'arredamento.
La riproduzione di un'opera d'arte o di un paesaggio sono da preferirsi alla sconsolante esibizione di una foto pornografica.
Evitare di circolare seminudo e di esibire gli organi genitali con la scusa del caldo.
Tale gratuita esibizione induce a pensare che voi stessi dubitate della vostra mascolinità, dubbio che credete nutrano gli altri sul vostro conto. Chi è sicuro della propria virilità non ha bisogno di farne esibizione!
Ora avete il gabinetto!
È un locale separato dalla cella dove dormite e mangiate ed è in quel locale che potete fare uso del fornello a gas. Norme igieniche e di sicurezza impongono tale accorgimento!
Eliminate tutto il superfluo come imballaggi, giornali, scatolame, eccetera, avrete più spazio e pulizia. Tenete ripiegato ove possibile il vostro letto durante il giorno, non lasciate mai il rubinetto dell'acqua aperto perché oltre ad un consumo inutile private le celle dei piani superiori e adiacenti alla vostra del prezioso elemento.
Non ingombrate il vano dello spioncino: il personale di custodia ha il dovere di sorvegliare ogni momento.
Preparatevi in tempo utile quando dovete recarvi alla visita medica o al colloquio con i familiari e avvocati, è una questione di rispetto verso il prossimo.
Recatevi al passeggio e ritornate ordinatamente senza schiamazzare, ognuno di voi ha il diritto alla tranquillità ed al rispetto della persona.
Abbiate cura degli oggetti che vi sono stati dati in uso, ricordate che dovete consegnarli quando tornerete in libertà o siete trasferiti, eviterete perdita di tempo e denaro.
Tutto il personale del carcere è a vostra disposizione nei tempi e nei modi dovuti, siate anche voi a disposizione del personale con tempestività e rispetto.
Il mio personale augurio è che possiate tornare presto in libertà per reinserirvi utilmente nel consorzio civile.
Il Direttore Capo
Alfonso Corbo

Per quei tempi una novità dirompente.
Sarei voluto restare a Milano, con quel direttore, non solo per la prospettiva di non tornare a Capraia, ma proprio perché era un modello.
Lo descrivo: in pieno agosto sempre in giacca e cravatta, elegantissimo (anche Leo De Santis lo era). I maligni si chiedevano dove prendeva i soldi per quegli abiti. Filia mi disse che c’era un detenuto sarto che ogni volta che entrava a San Vittore gli confezionava uno o più abiti, tutto qui.
Gli prospettai la mia aspirazione a restare a Milano, mi disse di presentare l’istanza, gli chiesi di trasmetterla con parere favorevole, mi rispose di no, mi disse se poi lei non va come faccio io a liberarmi di lei se dò adesso parere favorevole ? E mi fece leggere quella famosa lettera, per farmi capire cosa pensava delle raccomandazioni. L’istanza di trasferimento la feci, fu rigettata, alla scadenza accettò di rimandarmi a Firenze, dovendo essere poi quel direttore (il dr. Giuseppe Lattanzio) a ridare corso alla missione a Capraia
Tornai a Firenze. Il direttore Lattanzio, molto ammalato, aveva chiesto ed ottenuto il trasferimento a Siena, non eseguito per mancanza del sostituto, cioè il dr. Carmelo Aversa, che a sua volta aspettava il suo sostituto.
Concordammo io e Lattanzio che lui sarebbe andato via ed io avrei assunto la reggenza degli istituti penitenziari di Firenze e così facemmo. L’ispettore distrettuale De Santis lasciò fare ed io rimasi reggente per tre mesi, da settembre e novembre 1969. poi arrivò Aversa ed io capii che dovevo cambiare aria.
Mi era stata proposta, prima di Capraia, la sede di San Gimignano, era tempo di accettare e così feci.
Fui destinato in missione per due giorni la settimana, ad iniziare dal 29.11.1969, il 10 gennaio 1970 fui definitivamente trasferito a San Gimignano.
Vi sarei rimasto fino ad aprile 1981.
Carlo Santamaria Amato e Raffaele Ciccotti fecero carriera, il secondo diventò anche direttore dell’ufficio del personale civile e braccio destro di Niccolò Amato. Insieme affrontarono nel 1987 la rivolta nel carcere di Porto Azzurro. Il primo ha chiuso la carriera da ispettore distrettuale, anzi provveditore regionale della Sardegna dopo essere stato per lunghi anni direttore di Regina Coeli, stimato ed appezzato.

(continua)

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E' opportuno chiarire che quella nell'immagine è la ex casa di reclusione di San Gimignano.
Infatti, una diecina di anni fa ha traslocato in un nuovo carcere a 7 km. dal centro cittadino.
Sono contento di non averlo dovuto fare io, non lo avrei sopportato.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Mi perviene una e-mail a firma di Alfredo Gambardella senior e junior, che contiene alcune precisazioni in ordine al trasferimento di Alfredo Gambardella senior da San Gimignano a Livorno.
Premesso che sono felice di sapere che Alfredo senior (un tantino meno giovane di me) gode di buona salute.
Devo anche dire che il collegamento fra le evasioni e il trasferimento di Alfredo è solo indiretto nel mio articolo, nel quale si legge: "La casa di reclusione di San Gimignano fu funestata da due evasioni in rapida successione, una prima di due detenuti, una seconda di quattro. Erano passati dai tetti.
Un colabrodo. Gambardella fu trasferito a Livorno, la direzione lasciata in reggenza a Tommaso Ferrazzano, il funzionario di ragioneria, che sperava di restarci come direttore. E ci restò per un bel po’ di tempo, non si trovava nessuno da potercelo mandare.".
Premesso che da allora sono passati 41 anni, e che io lavoro solo sui miei ricordi, pubblico come commento il contenuto della e-mail non senza ricordare ad Alfredo Gambardella junior che a suo tempo gli scrissi una mia e-mail con la quale chiedevo aiuto e chiarimenti, rimasta inevasa.
Ecco il contenuto del messaggio che mi è pervenuto oggi 27 novembre 2008, ore 13.54:
"Egr. Dott. Morsello,


sono Alfredo Gambardella, nipote dell'ex Direttore Gambardella, ed insieme le scriviamo questa mail.


Abbiamo letto i suoi articoli riguardanti la casa penale di San Gimignano ed in particolare Lei ha scritto che "Il direttore si chiamava Alfredo Gambardella, pervenuto al ruolo direttivo da quello di ragioneria, era laureato, sembrava rassegnato o, meglio, aveva deciso di non preoccuparsi più, qualunque cosa succedesse.
La casa di reclusione di San Gimignano fu funestata da due evasioni in rapida successione, una prima di due detenuti, una seconda di quattro. Erano passati dai tetti.
Un colabrodo. Gambardella fu trasferito a Livorno [...]".
In altro articolo è ulteriormente specificato che "Il mio primo incarico di missione fu presso il Carcere Giudiziario di Siena, ero direttore titolare presso la Casa di Reclusione di San Gimignano, laddove avevo sostituito il direttore dr. Alfredo Gambardella trasferito presso il carcere giudiziario di Livorno a causa di due evasioni di due e quattro detenuti".
Mio nonno vorrebbe precisare che il suo trasferimento a Livorno non è stato causato dalle citate evasioni ma, invece, fu proprio lui stesso a chiedere al Ministero di essere trasferito in altra sede per problemi di salute in quanto egli soffriva di asma derivante da allergia ad alcune piante presenti a San Gimignano.
Tale circostanza mi è stata peraltro confermata dai miei zii i quali, seppur piccoli d'età, si ricordano di tale circostanza.
Le chiediamo quindi di voler cortesemente correggere in tal senso i suoi articoli.
Distinti saluti
Dott. Alfredo Gambardella Senior
Alfredo Gambardella junior"