L’elenco degli obbrobri architettonici che in Eboli non hanno risparmiato nemmeno le chiese, iniziata con la chiesa (nuova) d S. Bartolomeo, continua con una chiesa (antica): S. Maria della Pietà.
Questa la presentazione nel portale della diocesi di Salerno.
“È eretta in parrocchia da mons. Laspro nel 1880. La chiesa però è molto antica: è l’originaria S. Maria de Conce costruita nel sec. XI; è nominata con questo nome anche in un documento del 1309. La sua antichità trova riscontro nello stile della chiesa, con costruzione solida ed imponente, maestosa, con facciata munita di un porticato chiuso da cancelli. Nel 1511 la chiesa è indicata già con l’attuale titolo.
Clemente VII la eleva a Collegiata con non più di 12 canonici e un Primicerio con Bolla «In supereminentis Apostolice dignitatis», datata 4 maggio 1531.
La prima nomina a Primicerio la ottiene don Donato Giuliani. Nel 1702 la chiesa si arricchisce di un meraviglioso gruppo ligneo denominato S. Maria della Pietà.
La data che tutti conoscono, del 1698, non è altro che l’anno in cui si stipulò il contratto tra il Primicerio della Collegiata ed il celebre scultore Giacomo Colombo.
Questa statua esce in processione solo in occasione di grandi eventi. L’ultimo è stato il giubileo del 2000.
Il 17 agosto 1741 la Collegiata ottiene da papa Benedetto XIV le insegne per il Primicerio, il cantore e i canonici. L’8 agosto 1811 è detta “insigne Collegiata Chiesa Maggiore” con 22 membri: 12 canonici, 2 dignità e 8 ebdomadari. Il 13 luglio 1866 in applicazione alle leggi eversive il Capitolo è soppresso; tutti i beni sono incamerati dallo Stato. L’11 febbraio 1903, mons. Laspro, ricostituisce il Capitolo Collegiale con la dignità del Primicerio, con 6 canonici e 4 mansionari.
Attualmente è Primicerio don Lazzaro Benincasa”.
Non dice molto, vero ?
Si apprende però una notizia importantissima: originariamente si chiamava S. Maria della Concia e datava al XI secolo d.c.
Ricordo con sufficiente chiarezza l’aspetto esteriore della chiesa.
L’ho frequentata per anni tutte le domeniche, partecipando alla celebrazione della S. Messa.
Non ho trovato immagini recenti e complete del lato esterno che dà su piazza della Repubblica.
Ma ricordo che l’accesso laterale era una semplice rampa di scale.
Ho trovato però com’era prima della II^ guerra mondiale.
La porta di S. Caterina vi appare in tutto il suo primitivo splendore, nemmeno deturpata dalla scritta “CASA DEL FASCIO”, che la colloca (la fotografia) ad inizio della infausta Era fascista.
Va ricordato che in epoca prebellica Eboli era racchiusa in un centro storico, oggi praticamente non più esistente (il restauro post terremoto 1980 si è risolto in una ricostruzione, con scarso rispetto delle precedenti volumetrie, sicuramente dell’aspetto che aveva il centro storico quando, prima del suddetto terremoto, era ancora fittamente abitato).
Quindi, l’accesso alla chiesa era ed è interno al centro storico, in corso Umberto I al numero civico 5.
Gli eventi della sciagurata seconda guerra mondiale comportarono la distruzione di porta S. Caterina, mai più ricostruita.
Nel frattempo Eboli si spostava fuori delle mura, si sviluppava, uno sviluppo ad inizio del secolo scorso contenuto e sobrio, gli edifici rispettavano i canoni architettonici del loro tempo, col passare del quale finivano col divenire edifici storici, anche se privi del vincolo monumentale.
Questa mancanza è stata la loro rovina. Ma questo è un altro discorso.
Tornando alla nostra chiesa, con un bel campanile di forma quadrata con una doppio livello sfinestrato, il secondo che alloggia le campane, per lunghi anni non subì, nell’aspetto esteriore, insulti di nessun genere.
Intanto l’accesso alla chiesa da lato esterno, su piazza della Repubblica, veniva sempre più praticato dai fedeli, all’epoca numerosi.
Non solo. L’uscita da corso Umberto I risultava ingolfata da quei fedeli che preferivano entrare ed uscire dalla ‘porta principale’.
Deve essere questo il motivo, l’occasione e lo stimolo ad una perversa riflessione, che indusse qualcuno, non so chi, a domandarsi: perché non costruiamo un accesso laterale con doppia rampa di accesso, con una piccola cupola (la chiesa non l’aveva di suo), insomma un imponente portale ?
Buon Dio, quest’idea incredibilmente allignò !
Non c’era più già allora la cultura del bello.
I risultati sia prezzano, oggi, non solo a danno della chiesa, ma dell’architettura tutta della città, divenuta brutta ed anonima.
Il danno causato nei decenni è irreversibile. Purtroppo.
2 commenti:
Purtroppo.
Guardando le foto dell'Eboli che fu, ci si rende conto di come il livello culturale ed estetico si sia abbassato nel corso degli anni. Gli ebolitani non amano più la loro città e non ne hanno rispetto.
rossana
Gli ebolitani non esistono più, esistono persone che vivono a Eboli in ordine sparso, ma potrebbero anche vivere nel deserto del Sahara, prive come sono di una qualsiasi identità, culturale, sociale, campanilistica: NIENTE !
Nessuno più ha voglia di lottare, si rinuncia, si arretra anche di fronte al benchè minimo impegno.
Confidenza: a suo tempo feci un articolo sul dottor Raffaele Cassese, dentista, in cui lo elogiavo per la sua perizia professionale, della quale avevo tratto profitto in una situazione di emergenza.
Durante i vari contatti, maturai l'idea di intervistarlo, non mi sembrò molto entusiasta, temendo che l'avessi buttata in politica (!), poi, rassicurato, acconsentì in via del tutto provvisoria al sistema delle domande e risposte scritte, cosa che feci celermente, mi disse che mi avrebbe fatto sapere, lasciai il mio numero di telefono, sollecitai due volte le risposte, non direttamente ma tramite l'assiastente di studio.
Quando anche la seconda volta mi fu riferito che il dottore mi invitava a lasciare il mio telefono, l'ho fatto ancora una volta, ma no ho più ricevuto risposta nè ha fatto più alcuna pressione.
Ecco, moltissimi ebolitani di qualità rinunciano così, gli altri fanno man bassa.
L'unico a scandalizzarsi è un non ebolitanao (sono nato altrove).
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