sabato 18 ottobre 2008

Osteoporosi, nemico silenzioso

dall'inviato ELVIRA NASELLI
LA REPUBBLICA


BRUXELLES - Duecento milioni di donne e uomini nel mondo soffrono di osteoporosi. Come la popolazione di Francia, Gran Bretagna e Germania messa insieme. Una epidemia silenziosa, perché non dà sintomi né segnali, se non quando è troppo tardi e ci si frattura un femore, una spalla o una vertebra.

L'allarme arriva da Bruxelles dove l'IOF, l'International Osteoporosis Foundation, ente non governativo e no-profit, con il sostegno di Novartis, ha arruolato niente meno che Ursula Andress per lanciare un messaggio ai malati in occasione della giornata mondiale dell'osteoporosi, che ricorre in tutto il mondo il 20 di ottobre.

E fa una certa impressione sentire una delle più straordinarie Bond girl dei film di 007 - indimenticabile la scena in cui esce dal mare con il suo bikini bianco nel Doctor No - alle prese con una malattia che però, tiene a precisare, non è riuscita a modificarle sostanzialmente la vita. "Nuoto, cammino, mi occupo del mio giardino - racconta - forse sono diventata più prudente soltanto con gli sci. Quando mi hanno diagnosticato l'osteoporosi dopo un controllo di routine, però, ho pensato ad un errore. Ero abbastanza schoccata: ma come, dicevo, con una vita così attiva, i chilometri a piedi, la sveglia alle 7, tutti gli sport che faccio, come è possibile? E poi, l'osteoporosi è strana, non hai dolori, puoi far tutto e quasi non credi di essere malata. Finché non cadi e ti fratturi...".

L'osteoporosi è subdola, il paziente si sente bene ma le sue ossa, a poco a poco, si indeboliscono. La malattia, infatti, riduce la capacità naturale del nostro organismo di rimpiazzare i tessuti vecchi - in questo caso l'osso, che è un tessuto vitale, come altri - producendone di nuovi. Colpisce tutti, uomini e donne, ma, per la riduzione dei livelli di estrogeni, è molto più frequente nelle donne in post menopausa: una su tre in Europa e negli Stati Uniti. E, sempre secondo l'IOF, sopra i 50 anni una donna su tre avrà una frattura per osteoporosi, e quasi una persona su 5 che avrà avuto una frattura di femore morirà per le complicanze entro un anno. Inoltre, dopo le fratture (in genere del femore, ma anche vertebrali o della spalla) c'è una perdita di indipendenza, il 40 per cento dei pazienti non riesce più a camminare da solo e il 60 per cento ha bisogno di assistenza fino a un anno dopo. Eppure l'osteoporosi non è considerata una priorità sanitaria.

Ma quali sono le cause? I fattori genetici giocano un ruolo importante nella malattia, ma altrettanto importanti sono gli stili di vita. "Niente fumo, evitare dimagrimenti eccessivi, attività fisica e un'alimentazione che contempli latte o yogurt, formaggi, acque ricche in calcio - precisa la dottoressa Maria Luisa Bianchi, segretario generale della Lega Italiana Osteoporosi - soprattutto da bambini, per riuscire ad avere un buon patrimonio osseo.

Patrimonio che va mantenuto da adulti continuando ad alimentarsi correttamente, magari scegliendo un latte o uno yogurt scremato per non prendere peso, perché il nostro organismo, se non lo introduciamo con gli alimenti, il calcio lo prende dalle ossa. Questo discorso vale a maggior ragione nei bambini: sempre più spesso ne vedo di piccoli, 5-6 anni, con fratture dovute ad alimentazione carente di calcio". Calcio e vitamina D, dunque, per prevenire. E i farmaci per curare.

La diagnosi infatti è semplice: basta un'analisi che misuri la densità ossea. Sebbene la situazione nel mondo sia molto diversa, per numero di apparecchiature e per accesso in tempi utili, si può dire che in Italia, magari non rapidamente, ma una Moc (questo il nome dell'esame) si riesce a fare quasi dappertutto. Quello che cambia, invece, è l'accesso alle cure. Perché l'abbandono della terapia, o il seguirla in modo discontinuo, è cosa abbastanza frequente nei malati di osteoporosi. Motivo? "Difficile, quando non ci sono sintomi, pensare di dover prendere ogni giorno una capsula - sottolinea Maria Luisa Bianchi, che lavora al Centro Malattie Metaboliche Ossee dell'Istituto Auxologico Italiano, a Milano - non ci si sente malati. Nel caso dell'ipertensione c'è un rapporto diretto tra il farmaco e l'abbassamento della pressione, ma in questo caso i malati non vedono effetti, e dunque il medico deve avere la pazienza di spiegare per bene i vantaggi e seguire i malati nel tempo".

Da meno di un anno, però, ci sono altre possibilità terapeutiche con modalità di somministrazione diverse. Una volta all'anno si può ricorrere ad una infusione di circa 30 minuti, in ospedale e sotto controllo.

E' la soluzione che ha scelto Ursula Andress, ed è probabilmente quella che molte seguirebbero. Ma i costi complessivi, che tengono conto della modalità di somministrazione in ospedale (una infusione di circa trenta minuti sotto controllo medico o infermieristico, effetti collaterali simili alle pillole, lieve febbre per due giorni) rallentano il diffondersi di questa nuova terapia, che ad oggi viene utilizzata soltanto per pazienti con osteoporosi severa, menopausa, e difficoltà a seguire la terapia orale.

Inoltre la ricerca va avanti e nuovi farmaci sono alle porte: in primis, nel 2009, un anticorpo monoclonale, da somministrarsi sottocute due volte all'anno. E sono ancora in fase sperimentale molecole, come l'anelato di stronzio, in grado di stimolare la produzione di nuovo osso.

(14 ottobre 2008)

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