DIRETTORE DE
IL PARLAMENTARE
La mafia ha tentato di mettere le mani su un porto turistico. Cosa Nostra aveva ricevuto in appalto la riqualificazione del porto di Chioggia, nel Veneto. Un’operazione da milioni di euro che è stata bloccata da un’inchiesta della procura di Palermo che ha portato in carcere l’avvocato dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
I due capi di Cosa Nostra, arrestati il 5 novembre dello scorso anno a Palermo, avevano costituito una società immobiliare e di servizi nel Veneto con l’obiettivo di mettere in piedi una vera e propria holding che potesse riciclare i proventi della cosca mafiosa e per ricostruire gli affari del clan gli investigatori hanno frugato tra i rifiuti del loro avvocato.
E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta che nella notte tra martedì e mercoledì scorsi ha portato all’arresto dell'avvocato Marcello Trapani e il procuratore sportivo Calcio Giovanni Pecoraro.
La mafia aveva scelto il Veneto per il riciclaggio perché, come risulta da una conversazione intercettata, “là si sta più tranquilli”.
Un’indagine che coinvolge anche un militare della Guardia di Finanza della tenenza di Chioggia, Salvatore Cataldo, cugino dell’avvocato Trapani, gli imprenditori Claudio Toffanello e Pietro Mansueto, il commercialista Giuseppe Rosano e altre due persone.
Il legale, nominato difensore di fiducia dei Lo Piccolo all’indomani del loro arresto, è accusato di associazione mafiosa mentre Pecoraro, ex responsabile del settore giovanile del Palermo Calcio, deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.
Gli arresti, eseguiti dalla Guardia di Finanza del Nucleo valutario di Palermo, rientrano in un’inchiesta della procura di Palermo che si è avvalsa delle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia ma anche di intercettazioni telefoniche e ambientali e, soprattutto, del ritrovamento di alcuni “pizzini” che l’avvocato Trapani si scambiava, nel suo studio, con Calogero Lo Piccolo, il figlio minore del boss Salvatore, che teneva i contatti con il legale durante la latitanza del padre e dell’altro fratello.
“Pizzini” che sono stati recuperati dagli investigatori i quali per diversi mesi hanno setacciato i rifiuti dell’avvocato Trapani raccogliendo numerosi elementi utili per le indagini.
Stando a quanto accertato dagli inquirenti (l’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Alfredo Morvillo) l’avvocato Trapani si sarebbe prestato a fare da prestanome del boss per alcune operazioni immobiliari a Palermo, avrebbe tentato di far infiltrare il clan nelle forniture e negli appalti del Palermo Calcio utilizzando sia i suoi rapporti con Pecoraro sia la propria attività di procuratore sportivo per conto di alcuni calciatori di serie A, gestito gli affari nel Veneto della società “Petra” costituita nel 2007 e procurato alla cosca, attraverso Calogero Lo Piccolo, atti e documenti giudiziari relativi a procedimenti contro la mafia e perfino un giubbotto antiproiettile.
Il “core business” della cosca era l’attività imprenditoriale nel Veneto. Un’intercettazione ambientale chiarisce le ragioni della scelta: “c’è tranquillità, si dà meno nell’occhio e soprattutto non c’è da combattere con la criminalità”.
La società “Petra” , costituita il 25 settembre 2007, aveva ottenuto l’appalto per la riqualificazione del porto turistico di Chioggia e la realizzazione di un complesso immobiliare collegato ai servizi portuali. Un affare da 8 milioni di euro che poteva contare anche sui fondi europei previsti per le strutture destinate alla nautica da diporto. Le procedure amministrative dell’appalto sono state sospese nei mesi scorsi in seguito agli accertamenti della magistratura palermitana e l’operazione è definitivamente sfumata oggi con il sequestro della società disposto dal gip di Palermo e con le perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni del militare delle Fiamme Gialle di Chioggia, Cataldo, dell’imprenditore Toffanello e del commercialista Rosano.
Il finanziere, in particolare, deve rispondere di intestazione fittizia di beni per conto della cosca mafiosa dei Lo Piccolo. Il suo coinvolgimento non riguarda attività collegate al suo lavoro: aveva il ruolo di prestanome e accettava di fare da “schermo” su richiesta del cugino, l’avvocato Trapani. Il sottufficiale è infatti risultato intestatario di diversi immobili anche a Palermo.
Il secondo fronte di investimenti della famiglia Lo Piccolo, attraverso l’avvocato Trapani, riguardava il settore del calcio e del commercio sulla piazza siciliana.
Attraverso Giovanni Pecoraro il legale si era impegnato a pilotare i futuri lavori e la gestione del nuovo stadio di Palermo.
Per indurre il Palermo Calcio ad “aprire” alle richieste dei mediatori della cosca, nel Natale 2006 venne recapitata all'allora direttore sportivo, Rino Foschi, una testa d'agnello mozzata. La dinamica dell’intimidazione è stata ricostruita dagli investigatori e dal collaboratore di giustizia Andrea Buonaccoso. E’ stato quest’ultimo, secondo quanto da egli stesso rivelato, a consegnare la testa mozzata. “I mandanti – ha dichiarato – sono stati i Lo Piccolo perché avrebbero voluto partecipare alla spartizione di alcuni appalti che erano stati commissionati dal presidente rosanero Maurizio Zamparini”.
Nell’ordinanza di custodia i magistrati sottolineano che Zamparini "non si e' mai piegato alle intimidazioni". Il presidente ha anche allontanato delle persone dalla società sportiva per evitare interferenze con Cosa nostra. Tra queste proprio il procuratore sportivo Giovanni Pecoraro arrestato oggi.
L’avvocato Trapani e Pecoraro, come procuratori sportivi, avevano avviato diversi rapporti con il Palermo Calcio ma il presidente. Zamparini, aveva deciso di allontanarli. Lo rivelano alcune conversazioni telefoniche registrate, nel corso delle quali Pecoraro rivela all’avvocato di aver saputo che anche il direttore sportivo Foschi potrebbe essere allontanato (anche se va detto che Foschi non è coinvolto in alcun modo nell’indagine.
“Zamparini – dice Pecoraro – vuole fare fuori a noi e anche a Foschi”.
“Ha capito tutto – spiega all’avvocato – e per rifarsi una verginità vuole fare pulizia”.
I due decidono perciò di “tenere sotto tiro” Foschi e per questo, qualche tempo dopo, al direttore sportivo viene consegnata una testa di agnello.
Nelle conversazioni intercettate si parla anche di “Totuccio” Milano, condannato per mafia, amico di Pecoraro e Trapani, il quale “sta pressando”, sta cioè utilizzando i loro stessi metodi, “altri dirigenti del Palermo Calcio”.
Ci sarebbero i Lo Piccolo anche dietro l'estorsione all'imprenditore che stava ristrutturando la villa del calciatore Giovanni Tedesco e l’avvocato Trapani avrebbe fatto da mediatore in occasione di uno “scontro” tra un commerciante di Palermo, della borgata Tommaso Natale, e la cosca: l’imprenditore non voleva pagare la tangente che gli era stata chiesta e solo con l’intervento del legale la “vertenza” si sarebbe sistemata. Il commerciante è ora indagato per favoreggiamento in quanto, nel corso delle indagini, ha negato in occasione di alcuni interrogatori, di aver avuto qualsiasi contatto con i Lo Piccolo o con l’avvocato Trapani.
I due capi di Cosa Nostra, arrestati il 5 novembre dello scorso anno a Palermo, avevano costituito una società immobiliare e di servizi nel Veneto con l’obiettivo di mettere in piedi una vera e propria holding che potesse riciclare i proventi della cosca mafiosa e per ricostruire gli affari del clan gli investigatori hanno frugato tra i rifiuti del loro avvocato.
E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta che nella notte tra martedì e mercoledì scorsi ha portato all’arresto dell'avvocato Marcello Trapani e il procuratore sportivo Calcio Giovanni Pecoraro.
La mafia aveva scelto il Veneto per il riciclaggio perché, come risulta da una conversazione intercettata, “là si sta più tranquilli”.
Un’indagine che coinvolge anche un militare della Guardia di Finanza della tenenza di Chioggia, Salvatore Cataldo, cugino dell’avvocato Trapani, gli imprenditori Claudio Toffanello e Pietro Mansueto, il commercialista Giuseppe Rosano e altre due persone.
Il legale, nominato difensore di fiducia dei Lo Piccolo all’indomani del loro arresto, è accusato di associazione mafiosa mentre Pecoraro, ex responsabile del settore giovanile del Palermo Calcio, deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.
Gli arresti, eseguiti dalla Guardia di Finanza del Nucleo valutario di Palermo, rientrano in un’inchiesta della procura di Palermo che si è avvalsa delle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia ma anche di intercettazioni telefoniche e ambientali e, soprattutto, del ritrovamento di alcuni “pizzini” che l’avvocato Trapani si scambiava, nel suo studio, con Calogero Lo Piccolo, il figlio minore del boss Salvatore, che teneva i contatti con il legale durante la latitanza del padre e dell’altro fratello.
“Pizzini” che sono stati recuperati dagli investigatori i quali per diversi mesi hanno setacciato i rifiuti dell’avvocato Trapani raccogliendo numerosi elementi utili per le indagini.
Stando a quanto accertato dagli inquirenti (l’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Alfredo Morvillo) l’avvocato Trapani si sarebbe prestato a fare da prestanome del boss per alcune operazioni immobiliari a Palermo, avrebbe tentato di far infiltrare il clan nelle forniture e negli appalti del Palermo Calcio utilizzando sia i suoi rapporti con Pecoraro sia la propria attività di procuratore sportivo per conto di alcuni calciatori di serie A, gestito gli affari nel Veneto della società “Petra” costituita nel 2007 e procurato alla cosca, attraverso Calogero Lo Piccolo, atti e documenti giudiziari relativi a procedimenti contro la mafia e perfino un giubbotto antiproiettile.
Il “core business” della cosca era l’attività imprenditoriale nel Veneto. Un’intercettazione ambientale chiarisce le ragioni della scelta: “c’è tranquillità, si dà meno nell’occhio e soprattutto non c’è da combattere con la criminalità”.
La società “Petra” , costituita il 25 settembre 2007, aveva ottenuto l’appalto per la riqualificazione del porto turistico di Chioggia e la realizzazione di un complesso immobiliare collegato ai servizi portuali. Un affare da 8 milioni di euro che poteva contare anche sui fondi europei previsti per le strutture destinate alla nautica da diporto. Le procedure amministrative dell’appalto sono state sospese nei mesi scorsi in seguito agli accertamenti della magistratura palermitana e l’operazione è definitivamente sfumata oggi con il sequestro della società disposto dal gip di Palermo e con le perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni del militare delle Fiamme Gialle di Chioggia, Cataldo, dell’imprenditore Toffanello e del commercialista Rosano.
Il finanziere, in particolare, deve rispondere di intestazione fittizia di beni per conto della cosca mafiosa dei Lo Piccolo. Il suo coinvolgimento non riguarda attività collegate al suo lavoro: aveva il ruolo di prestanome e accettava di fare da “schermo” su richiesta del cugino, l’avvocato Trapani. Il sottufficiale è infatti risultato intestatario di diversi immobili anche a Palermo.
Il secondo fronte di investimenti della famiglia Lo Piccolo, attraverso l’avvocato Trapani, riguardava il settore del calcio e del commercio sulla piazza siciliana.
Attraverso Giovanni Pecoraro il legale si era impegnato a pilotare i futuri lavori e la gestione del nuovo stadio di Palermo.
Per indurre il Palermo Calcio ad “aprire” alle richieste dei mediatori della cosca, nel Natale 2006 venne recapitata all'allora direttore sportivo, Rino Foschi, una testa d'agnello mozzata. La dinamica dell’intimidazione è stata ricostruita dagli investigatori e dal collaboratore di giustizia Andrea Buonaccoso. E’ stato quest’ultimo, secondo quanto da egli stesso rivelato, a consegnare la testa mozzata. “I mandanti – ha dichiarato – sono stati i Lo Piccolo perché avrebbero voluto partecipare alla spartizione di alcuni appalti che erano stati commissionati dal presidente rosanero Maurizio Zamparini”.
Nell’ordinanza di custodia i magistrati sottolineano che Zamparini "non si e' mai piegato alle intimidazioni". Il presidente ha anche allontanato delle persone dalla società sportiva per evitare interferenze con Cosa nostra. Tra queste proprio il procuratore sportivo Giovanni Pecoraro arrestato oggi.
L’avvocato Trapani e Pecoraro, come procuratori sportivi, avevano avviato diversi rapporti con il Palermo Calcio ma il presidente. Zamparini, aveva deciso di allontanarli. Lo rivelano alcune conversazioni telefoniche registrate, nel corso delle quali Pecoraro rivela all’avvocato di aver saputo che anche il direttore sportivo Foschi potrebbe essere allontanato (anche se va detto che Foschi non è coinvolto in alcun modo nell’indagine.
“Zamparini – dice Pecoraro – vuole fare fuori a noi e anche a Foschi”.
“Ha capito tutto – spiega all’avvocato – e per rifarsi una verginità vuole fare pulizia”.
I due decidono perciò di “tenere sotto tiro” Foschi e per questo, qualche tempo dopo, al direttore sportivo viene consegnata una testa di agnello.
Nelle conversazioni intercettate si parla anche di “Totuccio” Milano, condannato per mafia, amico di Pecoraro e Trapani, il quale “sta pressando”, sta cioè utilizzando i loro stessi metodi, “altri dirigenti del Palermo Calcio”.
Ci sarebbero i Lo Piccolo anche dietro l'estorsione all'imprenditore che stava ristrutturando la villa del calciatore Giovanni Tedesco e l’avvocato Trapani avrebbe fatto da mediatore in occasione di uno “scontro” tra un commerciante di Palermo, della borgata Tommaso Natale, e la cosca: l’imprenditore non voleva pagare la tangente che gli era stata chiesta e solo con l’intervento del legale la “vertenza” si sarebbe sistemata. Il commerciante è ora indagato per favoreggiamento in quanto, nel corso delle indagini, ha negato in occasione di alcuni interrogatori, di aver avuto qualsiasi contatto con i Lo Piccolo o con l’avvocato Trapani.
Roberto Ormanni
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