L'ESPRESSO
La gravità politica del rapporto malato che Nicola Latorre e il suo capo Massimo D'Alema intrattenevano con la finanza più spregiudicata è sotto gli occhi di tutti dal luglio 2007
Per liberarsi di Nicola Latorre, il Pd non aveva bisogno del pizzino a Bocchino. Né delle teorie di Cesare Lombroso, che pure in molti casi aiutano. Bastava leggere le sue telefonate con Giovanni Consorte e addirittura con Stefano Ricucci, furbetto dalle tortuose fortune, durante l'assalto a Bnl e al 'Corriere della Sera'. L'eventuale rilevanza penale di quelle conversazioni la stabiliranno i giudici di Milano, se e quando il Senato si deciderà ad autorizzarne l'uso per l'ipotesi di concorso nell'aggiotaggio contestato a Consorte.
Ma la gravità politica del rapporto malato che Latorre e il suo capo D'Alema intrattenevano con la finanza più spregiudicata è sotto gli occhi di tutti dal luglio 2007, quando le telefonate trasmesse al Senato dal gip Clementina Forleo divennero di pubblico dominio. "Stefano!", esclamava Latorre con l'immobiliarista di Zagarolo alleato con l'Unipol. E Ricucci: "Eccolo! Il compagno Ricucci all'appello!... Questa mattina a Consorte gliel'ho detto: datemi una tessera (dei Ds, ndr) perché io non gliela faccio più, eh!". Latorre: "Ormai sei diventato un pericoloso sovversivo. rosso oltretutto".
Il compagno Ricucci non fece in tempo a ricevere la tessera Ds, anche perché fu arrestato e i Ds confluirono nel Pd. Il Pd fra l'altro fu affidato dai fassiniani e dai dalemiani, scottati dalle intercettazioni, all'odiatissimo Veltroni. Segno evidente che si resero conto essi stessi dello scandalo suscitato nella base dalla loro sconcertante condotta. Ora pare tutto dimenticato, tant'è che i dalemiani si apprestano a riprendersi il Pd. Come se nulla fosse accaduto. Eppure nell'estate 2005 Consorte confidava a Latorre, D'Alema e Fassino le sue furberie nel rastrellare il pacchetto di controllo Bnl tramite prestanomi, per aggirare la legge Draghi ed evitare l'Opa. Consorte a Latorre: "È una cosa che voglio parlare con te e con Massimo a parte... Queste quote le devono comperare terzi". Latorre: "E certo, non le potete prendere voi". Consorte: "Esatto, le banche, le cooperative... Ho un problema di gara contro il tempo, perché sto convincendo questi qui, ma ognuno di loro ha un problema". Latorre: "Deve fare una telefonata Massimo all'ingegnere (Caltagirone, altro azionista Bnl, ndr)?". Consorte: "È meglio che Massimo fa una telefonata". E Massimo, cioè D'Alema, aveva pure parlato con Vito Bonsignore, eurodeputato Udc e socio Bnl, perché desse una mano a Unipol. Ma, rivelò Baffino a Consorte, "Bonsignore voleva altre cose, diciamo... a latere su un tavolo politico. Io ho regolato da parte mia".
La Procura di Milano ha chiesto di poter usare i nastri anche contro D'Alema. Ma il 18 novembre l'Europarlamento, debitamente imbeccato dalla Commissione giuridica presieduta dal forzista Gargani, ha risposto picche (543 no, 43 sì, 90 astenuti). Tutti gli italiani presenti - Pd, Pdl, Lega e sinistra, a parte Pannella e Cappato - hanno salvato D'Alema. Compreso Bonsignore. Sempre "a latere, su un tavolo politico".
(28 novembre 2008)
Ma la gravità politica del rapporto malato che Latorre e il suo capo D'Alema intrattenevano con la finanza più spregiudicata è sotto gli occhi di tutti dal luglio 2007, quando le telefonate trasmesse al Senato dal gip Clementina Forleo divennero di pubblico dominio. "Stefano!", esclamava Latorre con l'immobiliarista di Zagarolo alleato con l'Unipol. E Ricucci: "Eccolo! Il compagno Ricucci all'appello!... Questa mattina a Consorte gliel'ho detto: datemi una tessera (dei Ds, ndr) perché io non gliela faccio più, eh!". Latorre: "Ormai sei diventato un pericoloso sovversivo. rosso oltretutto".
Il compagno Ricucci non fece in tempo a ricevere la tessera Ds, anche perché fu arrestato e i Ds confluirono nel Pd. Il Pd fra l'altro fu affidato dai fassiniani e dai dalemiani, scottati dalle intercettazioni, all'odiatissimo Veltroni. Segno evidente che si resero conto essi stessi dello scandalo suscitato nella base dalla loro sconcertante condotta. Ora pare tutto dimenticato, tant'è che i dalemiani si apprestano a riprendersi il Pd. Come se nulla fosse accaduto. Eppure nell'estate 2005 Consorte confidava a Latorre, D'Alema e Fassino le sue furberie nel rastrellare il pacchetto di controllo Bnl tramite prestanomi, per aggirare la legge Draghi ed evitare l'Opa. Consorte a Latorre: "È una cosa che voglio parlare con te e con Massimo a parte... Queste quote le devono comperare terzi". Latorre: "E certo, non le potete prendere voi". Consorte: "Esatto, le banche, le cooperative... Ho un problema di gara contro il tempo, perché sto convincendo questi qui, ma ognuno di loro ha un problema". Latorre: "Deve fare una telefonata Massimo all'ingegnere (Caltagirone, altro azionista Bnl, ndr)?". Consorte: "È meglio che Massimo fa una telefonata". E Massimo, cioè D'Alema, aveva pure parlato con Vito Bonsignore, eurodeputato Udc e socio Bnl, perché desse una mano a Unipol. Ma, rivelò Baffino a Consorte, "Bonsignore voleva altre cose, diciamo... a latere su un tavolo politico. Io ho regolato da parte mia".
La Procura di Milano ha chiesto di poter usare i nastri anche contro D'Alema. Ma il 18 novembre l'Europarlamento, debitamente imbeccato dalla Commissione giuridica presieduta dal forzista Gargani, ha risposto picche (543 no, 43 sì, 90 astenuti). Tutti gli italiani presenti - Pd, Pdl, Lega e sinistra, a parte Pannella e Cappato - hanno salvato D'Alema. Compreso Bonsignore. Sempre "a latere, su un tavolo politico".
(28 novembre 2008)
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