domenica 7 dicembre 2008

De Magistris: "Così mi stanno imbavagliando"

LA STAMPA
ANTONIO MASSARI


CATANZARO. Che la sua vicenda sarebbe diventata un caso, l’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, l’aveva intuito già quattro anni fa. Da quando inizia l’inchiesta Poseidone, quella sui depuratori e i finanziamenti pubblici destinati all’Ambiente, nella quale iscrisse come indagato l’ex governatore della Regione Giuseppe Chiaravalloti. Siamo nel 2005, e il pm inizia a scrivere una sorta di diario segreto, «a futura memoria», spesso in tandem con la sua collega Isabella de Angelis, che lo affiancava nell’inchiesta, in modo da lasciare traccia di quanto stava accadendo. Un memoriale che ha custodito a lungo in cassaforte e che ora è agli atti, nell’inchiesta che la procura di Salerno sta conducendo sul caso de Magistris, e su capi e colleghi di Catanzaro.

Il caso Chiaravalloti
16 maggio 2005
«Intendo lasciare agli atti una traccia – seppur sintetica – di quello che è accaduto in questi giorni, in ordine all’indagine sui depuratori(…). Giovedì 12 maggio ho avuto un primo incontro con il procuratore aggiunto (Salvatore Murone, ndr), il quale (…) mi diceva, senza alcun riferimento agli altri indagati, che non condivideva la perquisizione all’indagato Chiaravalloti – uno dei principali indiziati in ordine ai gravi fatti contestati – utilizzando le seguenti argomentazioni: l’ufficio è già troppo esposto, abbiamo troppi «fronti di attacco politico», sostenendo che in questi casi le perquisizioni non servono a nulla, o perché nulla si trova, o perché si trovano troppe carte da rimanere «schiacciato»(…). Ci siamo recati dal procuratore (Lombardi, ndr) che ha ascoltato, s’è mostrato preoccupato e angosciato per le persone coinvolte(…). Gli ho riferito che non ritenevo necessaria la sua firma(…). Il venerdì ci siamo incontrati ed entrambi – senza nulla dire del merito dell’indagine – mi hanno detto che non bisognava fare la perquisizione a Chiaravalloti, che andava dicendo che io gli «stavo sui coglioni» sin da quando avevo lavorato in Calabria la prima volta. Ho detto loro che mi sembravano argomentazioni irrilevanti(…). Li ho pregati di confrontarci nel merito delle indagini, ma invano, questo a loro non interessava(…). Mi hanno detto che era meglio per me rivedere le mie posizioni, non espormi e non fare esporre l’ufficio. Sono rimasto allibito dalla loro condotta, gli ho detto che avevo compreso che avevano «problemi» sulla posizione di Chiaravalloti e ho detto di non preoccuparsi, in quanto potevano non firmare(…). Li ho visti «sollevati» e hanno approvato la mia idea, lasciandomi di fatto solo, in un momento in cui la mia esposizione è assai elevata(…). Ho informato – seppur sinteticamente – i colleghi Dolce, De Angelis e Isidori, i quali tutti mi hanon espresso vicinanza in un momento così difficile.

Il caso Cesa
16 marzo 2006
«È necessario che rimanga memoria d’una serie di fatti che si sono verificati di recente in riferimento al procedimento Poseidone», scrivono De Magistris e De Angelis. «Sin dall'inizio del suo insediamento quale procuratore aggiunto, il dottor Murone, ha cercato in vario modo di interessarsi del fascicolo, sempre mostrandosi critico e aggressivo verso la nostra condotta(…). Murone ha prospettato il fatto che – pur non avendo ascoltato le ragioni delle nostre scelte – qualora fosse stato informato preventivamente, ci avrebbe detto di non inserire (tra gli indagati, ndr) il nome di Lorenzo Cesa(…) Questa mattina ci è stato comunicato il provvedimento del dottor Lombardi (procuratore capo, ndr) di coassegnazione del procedimento a lui e al dottor Murone».

Il caso Pittelli
21 marzo 2006
«Lunedì mattina sono tornati gli ispettori del ministero della giustizia. La sera l’Ansa dava notizia di altre interrogazione parlamentare nei miei confronti(…). In settimana s’è più volte visto l’avvocato Pittelli negli uffici giudiziari, anche presso l’ufficio del procuratore della Repubblica(…). Questa mattina ho avuto un incontro con il procuratore generale(…) che sottolineava di aver compreso che Chiaravalloti e Pittelli stavano «dietro» tutti questi accadimenti(…). Sosteneva anche che aveva compreso come Pittelli volesse far credere che non si darebbe dato seguito ai risultati ispettivi, nei confronti del procuratore generale, del procuratore della Repubblica, dell’aggiunto Spagnuolo, qualora vi fosse stato un loro atteggiamento «remissivo» nei miei confronti. Ha detto chiaramente che aveva avuto contezza che sono io l’obiettivo dell’ispezione».

Il caso Loiero
11 dicembre 2006
«Sabato 25 novembre viene sentito, come persona informata sui fatti, il presidente della Regione Agazio Loiero(…). Martedì mattina vengo cercato dal procuratore generale(…). Non era mai accaduto che si recasse presso il mio ufficio. Mi dice: «Hai inviato l’informazione di garanzia a Loiero?». Era evidente che lo sapesse già. Gli ho risposto di «sì». Contrariato, mi ha riferito che in questo momento non era opportuno, in quanto v’era la crisi regionale in atto, e che sarebbe successo un «casino». Gli ho riferito che noi facciamo i magistrati e non possiamo tenere conto – oltre che delle varie campagne elettorali e varie scadenze istituzionali – anche delle crisi politiche(…). Il procuratore mi dice: «Mi sembra che dalle intercettazioni, la posizione di Loiero non sia grave?». Ho un sobbalzo in quanto mi stupisce il suo riferimento alle intercettazioni(…)».

Il caso Saladino-Murone
19 marzo 2007
«Sabato 17 marzo, in ufficio, la collega Manzini mi informava che Saladino andava dicendo che per aiutarlo nel procedimento penale che stavo trattando sarebbe intervenuto il procuratore aggiunto Murone(…). Il maresciallo Chiaravalloti mi aveva riferito che aveva saputo da un fonte confidenziale che Murone si sarebbe mosso per fermare l’indagine(…). Il giorno dopo m’è pervenuta una nota a firma di Murone che mi chiedeva atti riconducibili all’attività investigativa sopra indicata. La fonte ha riferito che presso gli uffici di Saladino s’è spesso recato il dottor Murone(…).

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