ROMA - I magistrati di Catanzaro impegnati nella «guerra» con Salerno sostengono di aver scoperto, nelle carte del processo Why not sottratto all'ex pubblico ministero Luigi de Magistris, la «illegale costituzione e conservazione, ad opera del consulente tecnico dr. Genchi, di una banca dati, telefonica e telematica, per molti aspetti acquisiti in modo illegale ed in spregio di guarentigie costituzionali, nei confronti delle massime autorità dello Stato, di parlamentari, appartenenti all'ordine giudiziario, ai Servizi informativi e di sicurezza». È uno dei motivi per cui hanno bloccato le carte sequestrate da Salerno. «Per tali profili, di estremo allarme sociale e pericolo per la stessa sicurezza dello Stato — hanno scritto nel decreto di contro-sequestro — si rende necessario evitare la diffusione di tali dati inevitabilmente connessa alle conseguenze del sequestro disposto dal pm di Salerno ». Dietro il conflitto tra i due uffici giudiziari, dunque, c'è anche il maxi-archivio accumulato dal perito di de Magistris, il poliziotto in aspettativa Gioacchino Genchi, già consulente delle Procure di mezza Italia: 578.000 record di richieste anagrafiche, denunciano i magistrati calabresi, che «attentano al diritto alla privacy » e conterrebbero «perfino utenze coperte da segreto di Stato».
In una delle innumerevoli note contro de Magistris, il procuratore generale di Catanzaro Jannelli — appena proposto dal Csm per l'avvio di una pratica di rimozione, al pari del procuratore di Salerno Apicella — aveva denunciato la «perniciosa anomalia» del suo lavoro: «La delega al consulente Genchi per le indagini su tabulati telefonici relativi a utenze sequestrate agli indagati, dai quali individuare ulteriori utenze e da quest'ultime ancora altre ed altre ancora, con risultati paradossali: migliaia e migliaia di numeri telefonici, costitutivi di una vera e propria banca dati, al fine di provare contatti, senza contenuto, tra persone indagate e non, nel contesto di un procedimento privo, alla data dell'avocazione, della possibilità di formulare ipotesi concrete e circostanziate di reato». Il lavoro del perito, che dall'ufficio palermitano in cui lavora nega di aver mai commesso illeciti, è pure al centro della controversa indagine a carico dell'ex ministro della Giustizia Mastella, che un anno fa avviò l'azione disciplinare contro de Magistris dopo che questi aveva già inquisito il premier Romano Prodi e si preparava a indagare il Guardasigilli, proprio nell'inchiesta Why not. All'indomani dell'avocazione dell'inchiesta da parte della Procura generale di Catanzaro, i carabinieri del Ros sequestrano a Genchi tutto il materiale. Lo studiarono, e conclusero che quando il perito chiese i tabulati di un telefonino intestato alla Camera dei deputati poteva e doveva sapere (per i dati di cui disponeva da quasi un mese) che quel numero — in contatto con l'altro indagato Antonio Saladino — era in uso a Clemente Mastella, all'epoca Guardasigilli e senatore, dunque coperto dall'immunità parlamentare.
La relazione del Ros è uno degli elementi per i quali, nell'aprile scorso, un giudice di Catanzaro ha archiviato il procedimento a carico di Mastella: il tabulato dell'utenza fu acquisito senza la necessaria autorizzazione della Camera di appartenenza, e dunque è inutilizzabile. Davanti ai magistrati di Salerno, de Magistris e Genchi hanno sostenuto tutt'altre versioni. Il magistrato dice che iscrisse Prodi e Mastella nel registro degli indagati proprio per «richiedere l'autorizzazione a procedere per l'acquisizione e l'utilizzo di tabulati e intercettazioni telefoniche ». Il consulente afferma che quando sollecitò i tabulati del numero del Guardasigilli, «oltre a non disporre di alcun riferimento sulle intercettazioni di Saladino con Mastella (che secondo il Ros svelavano chi utilizzava quel numero, ndr), non risultava nemmeno correttamente accertato l'intestatario dell'utenza». I magistrati di Salerno si schierano con la coppia de Magistris-Genchi, ritenendo che le drastiche conclusioni del Ros si fondano su molte «presunzioni» e nessuna «certezza». E in uno degli ultimi interrogatori- denuncia posti a fondamento del sequestro degli atti di Why not, de Magistris mostra di non considerarsi vinto: «Attendo con immutata fiducia che la Procura di Salerno evidenzi le illiceità di rilevanza penale poste a fondamento del decreto di archiviazione nei confronti di Clemente Mastella emesso dal giudice di Catanzaro, in modo da impedire anche ulteriori condotte illegali da parte di persone preposte ai procedimenti disciplinari e paradisciplinari nei riguardi dei magistrati».
Giovanni Bianconi
08 dicembre 2008
In una delle innumerevoli note contro de Magistris, il procuratore generale di Catanzaro Jannelli — appena proposto dal Csm per l'avvio di una pratica di rimozione, al pari del procuratore di Salerno Apicella — aveva denunciato la «perniciosa anomalia» del suo lavoro: «La delega al consulente Genchi per le indagini su tabulati telefonici relativi a utenze sequestrate agli indagati, dai quali individuare ulteriori utenze e da quest'ultime ancora altre ed altre ancora, con risultati paradossali: migliaia e migliaia di numeri telefonici, costitutivi di una vera e propria banca dati, al fine di provare contatti, senza contenuto, tra persone indagate e non, nel contesto di un procedimento privo, alla data dell'avocazione, della possibilità di formulare ipotesi concrete e circostanziate di reato». Il lavoro del perito, che dall'ufficio palermitano in cui lavora nega di aver mai commesso illeciti, è pure al centro della controversa indagine a carico dell'ex ministro della Giustizia Mastella, che un anno fa avviò l'azione disciplinare contro de Magistris dopo che questi aveva già inquisito il premier Romano Prodi e si preparava a indagare il Guardasigilli, proprio nell'inchiesta Why not. All'indomani dell'avocazione dell'inchiesta da parte della Procura generale di Catanzaro, i carabinieri del Ros sequestrano a Genchi tutto il materiale. Lo studiarono, e conclusero che quando il perito chiese i tabulati di un telefonino intestato alla Camera dei deputati poteva e doveva sapere (per i dati di cui disponeva da quasi un mese) che quel numero — in contatto con l'altro indagato Antonio Saladino — era in uso a Clemente Mastella, all'epoca Guardasigilli e senatore, dunque coperto dall'immunità parlamentare.
La relazione del Ros è uno degli elementi per i quali, nell'aprile scorso, un giudice di Catanzaro ha archiviato il procedimento a carico di Mastella: il tabulato dell'utenza fu acquisito senza la necessaria autorizzazione della Camera di appartenenza, e dunque è inutilizzabile. Davanti ai magistrati di Salerno, de Magistris e Genchi hanno sostenuto tutt'altre versioni. Il magistrato dice che iscrisse Prodi e Mastella nel registro degli indagati proprio per «richiedere l'autorizzazione a procedere per l'acquisizione e l'utilizzo di tabulati e intercettazioni telefoniche ». Il consulente afferma che quando sollecitò i tabulati del numero del Guardasigilli, «oltre a non disporre di alcun riferimento sulle intercettazioni di Saladino con Mastella (che secondo il Ros svelavano chi utilizzava quel numero, ndr), non risultava nemmeno correttamente accertato l'intestatario dell'utenza». I magistrati di Salerno si schierano con la coppia de Magistris-Genchi, ritenendo che le drastiche conclusioni del Ros si fondano su molte «presunzioni» e nessuna «certezza». E in uno degli ultimi interrogatori- denuncia posti a fondamento del sequestro degli atti di Why not, de Magistris mostra di non considerarsi vinto: «Attendo con immutata fiducia che la Procura di Salerno evidenzi le illiceità di rilevanza penale poste a fondamento del decreto di archiviazione nei confronti di Clemente Mastella emesso dal giudice di Catanzaro, in modo da impedire anche ulteriori condotte illegali da parte di persone preposte ai procedimenti disciplinari e paradisciplinari nei riguardi dei magistrati».
Giovanni Bianconi
08 dicembre 2008
1 commento:
Credo che il contenuto di questo archivio non si vuole venga rivelato.
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