martedì 30 dicembre 2008

Gerardo D’Ambrosio: «La corruzione ci impoverisce può salvarci l’indignazione»

L'UNITA'
di Claudia Fusani

Italia, ritrova la capacità di indignarsi. Di riscoprire il merito e di dire basta alle scorciatoie. È il grido-appello del senatore Gerardo D’Ambrosio (Pd), capo del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite. Questa intervista inizia un viaggio tra alcune voci significative del Paese nel tentativo di mettere a nudo l’Italia paese dei favori.

Senatore D’Ambrosio, la corruzione è tornata o non è mai andata via rispetto agli anni Novanta?
«C’è stato un attimo di pausa quando i burocrati hanno avuto paura delle inchieste della magistratura. Era il 1992, avevamo arrestato Mario Chiesa. La pausa è durata un paio d’anni, circa...».

Poi cosa è successo?
«È cominciata l’opera di delegittimazione molto violenta contro la magistratura. E piano piano il sistema della corruzione ha ripreso a funzionare. E non si è più fermato».

Quando dice burocrati cosa intende?
«I tecnici, quelli che lavorano negli uffici pubblici, degli enti locali, dei ministeri. Sono loro che preparano i contratti, i bandi delle gare d’appalto e poi mandano alla firma dell’assessore o del ministro di turno. I politici da soli non si possono corrompere. È il burocrate che decide, spesso, a chi dare l’appalto, senza la sua complicità è più difficile corrompersi».

Che differenza tra la stagione di Mani Pulite e oggi?
«Allora era un sistema: ogni appalto doveva rendere ed essere funzionale al finanziamento dei partiti».

Oggi?
«Oggi la corruzione è meno un sistema ma è altrettanto un principio. E i politici si corrompono per molto meno. I ruoli sembrano invertiti: la prima mossa è degli imprenditori che si rivolgono ai burocrati che poi fanno da intermediari con i politici. I soldi non vanno più al partito come struttura ma al singolo per la campagna elettorale che poi a sua volta può ricambiare il favore in vari modi: la consulenza e l’incarico al professionista, il posto di lavoro, una gara d’appalto costruita su misura affidata con ribassi pazzeschi recuperati poi con le varianti in corso d’opera, qualche finanziamento. I vantaggi che può dare chi è al potere sono enormi».

L’Italia dei favori, appunto. Di recente il Parlamento ha approvato, con i voti della maggioranza, la norma per cui saranno dati a trattativa privata gli appalti fino a 500 mila euro, circa il34% dei cantieri aperti nel paese.
«È la fine della trasparenza. In questo modo gli appalti diventano ufficialmente e legalmente merce di scambio tra il politico e il privato».

Secondo l’ultimo Rapporto del Commissario Anticorruzione, abolito dal governo Berlusconi, le denunce diminuiscono mentre avanza il sommerso. Perchè?
«La corruzione è un reato che giova a tutte e due le parti. È sbagliato aspettarsi denunce. Ai tempi di Mani pulite noi non abbiamo avuto denunce. Ci aiutò il nuovo codice che prevedeva la possibilità di indagare una persona senza informarla».

Promettere incarichi in cambio di un appalto, trattare direttamente con il privato il destino di un’area diventata abitabile, tutto questo è corruzione?
«È una corruzione di tipo diverso. Non si danno i soldi ma si scambiano favori reciproci. È il sistema delle raccomandazioni. Ricordiamoci che la raccomandazione toglie la prevalenza del merito e rovina la competitività sana. Come il sistema delle tangenti ha rovinato il sistema delle imprese, adesso si rovinano quelli che hanno il merito. Così il paese può solo regredire».

Pdl e Lega avrebbero trovato l’accordo sulle intercettazioni limitandole ai reati più gravi ed escludendo quelli contro la pubblica amministrazione. Senza questo strumento la magistratura può combattere la corruzione?
«Senza le intercettazioni Mario Chiesa avrebbe patteggiato e sarebbe finita lì. Le intercettazioni restano il miglior strumento di indagine. Ma non l’unico. Guai adagiarsi sulle trascrizioni dei brogliacci. Ma senza non abbiamo speranza».

Si può parlare, in Italia, di atteggiamento culturale che propende verso la corruzione?
«La corruzione affligge da sempre tutte le società. Il punto è perché uno sceglie di fare il politico: per potere o per servizio? Spesso,molto vicino ame, sento parlare di lettere di scuse perché “nonostante l’interessamento non è stato possibile soddisfare il trasferimento”. Capisce? La raccomandazione è una scorciatoia, gli italiani sono abituati a questo, chiedono e vogliono favori, è normale e perdono di vista il merito».

Senatore, da dove ricominciare?
«Dalla capacità di indignarsi di nuovo. E dal diritto ad avere risposte e certezze. Bisogna rimettere al primo posto il merito, il servizio. Non può essere messo alla berlina chi persegue la corruzione. Non possono stare in Parlamento i condannati. Non si può aspettare otto anni per una sentenza definitiva o consentire che ci si possa difendere “dal” processo cambiando le regole del gioco, le leggi, in corso d’opera».

29 dicembre 2008

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Vorrei chiedere al sen. D'Ambrosio: io mi indigno, tutti noi ci indigniamo, e poi ?

Anonimo ha detto...

La maggioranza degli italiani NON si indigna.
Molti hanno il cervello 'lavato'.
Gli altri...

Madda