MILANO - Non c’è esattamente una folla a premere per commentarlo, il libro-intervista di Clementina Forleo: specie da parte, per un motivo o per l’altro, di altri magistrati ancora in attività. Ma l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio, oggi senatore del Pd, chiamato in causa dal volume per le sue prese di posizione su D’Alema nell’inchiesta Unipol nonché per un pranzo coi pm che la conducevano, ieri si è precipitato a replicare direttamente online su Affaritaliani.it: «Fu un incontro casuale con dei miei ex sostituti, stavano andando a mangiare e mi invitarono. Cosa avrei dovuto fare, chiedere il permesso alla Forleo in carta da bollo?».
Quanto alle intercettazioni di D’Alema e Fassino, l’ex procuratore non fa che ribadire che «secondo me il deposito delle trascrizioni prima che venissero selezionate era una cosa strana, e che a mio avviso la Forleo non aveva applicato correttamente il codice. Ci mancherebbe solo che non si possa dirlo». Nando Dalla Chiesa, fatta la premessa che «mi scuso, il libro non l’ho letto», ritiene comunque evidente che «anche nel caso di Mani Pulite alla rivoluzione è seguita una restaurazione, e se questo è quanto afferma la Forleo, concordo». E il voltafaccia della sinistra? «Beh, c’è un pezzo innegabile di verità e non da oggi: basta pensare a come certa sinistra si indignò per le accuse di Gherardo Colombo sulla bicamerale di D’Alema».
Poi c’è l’avvocato Giovanni Maria Dedola, legale di Gianni Consorte nell’inchiesta Unipol: secondo cui la tesi Forleo è «non solo superficiale ma sbagliata». Primo, perché «l’azione giudiziaria non può essere legittimata col consenso». Secondo, perché «gli attacchi di questi anni alla magistratura non sono venuti dalla politica, ma da un imprenditore che ha usato la politica per fini personali: e direi che la magistratura non si è lasciata intimidire». Né verso di lui né verso Consorte: «Che invece fu lasciato completamente solo sia dall’allora Ds sia dall’Unipol».
P. F.
04 dicembre 2008
Quanto alle intercettazioni di D’Alema e Fassino, l’ex procuratore non fa che ribadire che «secondo me il deposito delle trascrizioni prima che venissero selezionate era una cosa strana, e che a mio avviso la Forleo non aveva applicato correttamente il codice. Ci mancherebbe solo che non si possa dirlo». Nando Dalla Chiesa, fatta la premessa che «mi scuso, il libro non l’ho letto», ritiene comunque evidente che «anche nel caso di Mani Pulite alla rivoluzione è seguita una restaurazione, e se questo è quanto afferma la Forleo, concordo». E il voltafaccia della sinistra? «Beh, c’è un pezzo innegabile di verità e non da oggi: basta pensare a come certa sinistra si indignò per le accuse di Gherardo Colombo sulla bicamerale di D’Alema».
Poi c’è l’avvocato Giovanni Maria Dedola, legale di Gianni Consorte nell’inchiesta Unipol: secondo cui la tesi Forleo è «non solo superficiale ma sbagliata». Primo, perché «l’azione giudiziaria non può essere legittimata col consenso». Secondo, perché «gli attacchi di questi anni alla magistratura non sono venuti dalla politica, ma da un imprenditore che ha usato la politica per fini personali: e direi che la magistratura non si è lasciata intimidire». Né verso di lui né verso Consorte: «Che invece fu lasciato completamente solo sia dall’allora Ds sia dall’Unipol».
P. F.
04 dicembre 2008
1 commento:
L'ex-procuratore oggi sen. Gerardo D'Ambrosio dovrebbe argomentare almeno un minimo in diritto la sua opinione, ma non lo fà o, forse, non lo rifà.
Dunque la sua opinione vale quanto la mia che la Forleo operò correttamente.
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