venerdì 5 dicembre 2008

L'affaire Firenze e le trame del Pd

LA STAMPA
5/12/2008
FRANCESCO RAMELLA

Quanto sta affiorando dalle intercettazioni pubblicate a Firenze, a proposito dell’affaire immobiliare Fondiaria-Castello, appare molto preoccupante. Prima che la scintilla diventi un incendio (così l’ha già definito uno degli inquirenti), sarebbe opportuno che i dirigenti del Pd intervenissero con decisione. A destare impressione non sono tanto le accuse di corruzione avanzate con riferimento al nuovo insediamento urbanistico, previsto nella zona nord-ovest della città su terreni del gruppo Ligresti. Su questa vicenda sarà la magistratura a fare chiarezza e, fino a condanna definitiva, vale la presunzione d’innocenza per ognuno degli inquisiti.

Ciò che invece preoccupa, e che non può essere passato sotto silenzio, è lo stile di governo del capoluogo toscano che traspare dalle intercettazioni. Con una parte della classe dirigente fiorentina - politica, economica e giornalistica - legata assieme da una fitta trama di scambi e favori personali: l’appartamento sottocosto per l’amica dell’assessore, la gratifica per il «caro figliuolo» di quest’ultimo, le vacanze gratis in Sardegna per il direttore del giornale cittadino ecc. Il tutto sotto l’attenta regia di un esponente di rilievo del grande gruppo assicurativo-immobiliare, che ha enormi interessi in gioco nell’operazione urbanistica finita sotto il mirino della magistratura.

Dalle telefonate si ricavano anche indizi interessanti sulle logiche che governano la politica locale: nel 2009 si elegge il nuovo sindaco di Firenze, l’anno dopo il nuovo presidente della Regione Toscana. Per dare il tono della vicenda: due degli attuali candidati alle primarie del Pd fiorentino intervengono su un imprenditore privato per punire una loro ex-protégé per il sostegno fornito ad un altro candidato-sindaco. Si intravede anche una sorta di «americanizzazione» in negativo della competizione interna al partito, per cui chi aspira a una carica di governo deve guadagnarsi il favore dei maggiori gruppi economici cittadini, per ottenerne risorse e sostegno.

In breve, ciò che emerge è la tendenza all’esaurimento di un’eredità politico-organizzativa - quella del Pci - che possedeva tutt’altra caratura. La fine delle ideologie e l’indebolimento organizzativo hanno dissolto quei legami collettivi e quei controlli interni che in queste zone rendevano il partito di massa un vitale tessuto connettivo tra la società e le istituzioni. La vicenda mostra l’urgenza per il Pd di un ripensamento della sua «forma partito», in modo da tornare a svolgere a livello territoriale un ruolo - oltre che di rappresentanza sociale - anche di selezione e di controllo sulle élite amministrative. Una funzione quest’ultima tanto più essenziale laddove - come nelle regioni rosse - la forza e la continuità di una tradizione politica, assicurano agli eletti una lunga permanenza al potere.

Proprio da questa Italia di mezzo, perciò, dovrebbe partire un messaggio di forte rinnovamento organizzativo. Magari puntando ad una «circolazione delle élite» che valorizzi i giacimenti nascosti della politica italiana: giovani e donne innanzitutto. Quest’ultime, ad esempio, occupano ancora oggi una posizione troppo marginale nelle amministrazioni delle regioni rosse: le donne assessori sono appena il 22% (la media italiana è ancora più bassa, il 17%). Sotto questo profilo la «crisi fiorentina» rappresenta per la classe dirigente democratica una sfida/opportunità a carattere più generale. Poiché le scelte che verranno compiute sul come affrontarla avranno ricadute serie e durature sulla nuova organizzazione che si sta costruendo. Oggi il Pd deve decidere che tipo di forza politica intende diventare. Tocqueville parlava di grandi e piccoli partiti. I primi, «badano più ai principi che alle conseguenze, alla generalità più che ai casi particolari, alle idee più che agli uomini. (...) I piccoli partiti, al contrario, sono in generale senza vera fede politica: non essendo sostenuti da grandi obiettivi, hanno un carattere egoistico che si manifesta in ogni loro azione (...). I grandi partiti rovesciano la società, i piccoli l’agitano; gli uni la ravvivano, gli altri la depravano; i primi talvolta la salvano scuotendola fortemente, mentre i secondi la turbano sempre senza profitto».

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