martedì 16 dicembre 2008

Lo schiaffo e il "disappunto"

LA STAMPA
15/12/2008
GIANNI GIOVANNETTI


Penso che uno dei mali peggiori della democrazia italiana di questi tempi è la cronica, pervicace incapacità di molti dei nostri governanti, a tutti i livelli istituzionali e politici, di corrispondere con chiarezza, tempestività, certezza alle aspettative dei cittadini. Quelle ordinarie e quelle straordinarie. Quelle in qualche modo vitali e persino quelle più banali di ogni giorno.

Il caso del comandante dei vigili urbani che a Napoli schiaffeggia un giornalista, nel suo ufficio e davanti a testimoni imbelli, per il sol fatto di non aver condiviso il contenuto e la forma di un articolo di stampa, diventa un caso ancora più odioso e inaudito non soltanto perché si consuma in quelle modalità, in quel luogo e con quelle motivazioni (tutte peraltro, e per fortuna, documentate), quanto piuttosto perché non sortisce una reazione uguale e contraria al livello della responsabilità politica competente.

Io sono sconcertato per il «disappunto» espresso dal sindaco Rosa Russo Iervolino. Disappunto, nel vocabolario della lingua italiana, non è sinonimo di indignazione. E invece doveva essere e dichiararsi indignata Rosa Iervolino, e far discendere da questo un gesto tempestivo, certo e chiaro almeno provvedendo a sospendere dal suo incarico quel pubblico ufficiale, colpevole di un detestabile, strabiliante, indifendibile atto di gratuita violenza. Così il sindaco di Napoli avrebbe stabilito una totale e civile sintonia con la stragrande maggioranza dei napoletani e degli italiani.

Ma è accaduto esattamente il contrario. Ancora una volta, al posto della sintonia ha prevalso la disarmonia nel modo di sentire tra popolo e governanti. Certo anche da qui, e spaventosamente, oggi muove la sfiducia dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi amministratori. E a impoverirsene non sono solo le istituzioni, ma l’intera comunità democratica. Fino a quando le risposte saranno affogate nell’ipocrisia dei vocabolari e nell’irresolutezza delle azioni, allora - come canta Battiato - la nostra continuerà a essere una «povera patria, dove la primavera tarda intanto ad arrivare».

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