UMBERTO ROSSO
PESCARA - Venghino signori venghino. Correte alle bancarelle del candidato governatore. Sottoscrivete, e diciamo a voi giovani e ragazzi, il "questionario dell'autoselezione". Cos'è l'autoselezione? Un sistema semplice e sicuro per trovare il posto di lavoro che tanto desiderate. Diteci quel che vi piace fare, il candidato governatore trasforma i sogni in realtà. Ci pensa lui. Certo, se diventa governatore vero, domenica prossima in Abruzzo. "Stringiamoci la mano e scambiamoci energia". I questionari della felicità sono finiti, tristemente, nel cestino. Così come lo spot tv, il video su YouTube, e i gazebo sbaraccati. Gianni Chiodi, l'astro nascente del Pdl, a malincuore ha dovuto oscurare tutto, sotto i colpi del centrosinistra che l'accusa di voto di scambio, un novello Lauro. "Ma figuriamoci, questa è tutta gente che non sa che vuol dire lavoro, vedi quel che hanno combinato alla regione".
Carlo Costantini, il rivale nella corsa alla presidenza, il deputato dell'Idv chiamato dal centrosinistra nell'impresa di far dimenticare la stagione nera di Del Turco, garantisce un taglio netto con scandali vecchi e nuovi, "con me una regione tutta nuova". Vorrebbero tutti voltare pagina, ricominciare da capo da lunedì in Abruzzo. Ma le ferite di Collelongo, dove secondo il gran pentito dell'inchiesta nella casa dell'ex governatore si arrivava con le mazzette e si usciva con le mele, restano aperte e profonde. E allora tutta questa campagna elettorale si snoda a colpi di questione morale. I fantasmi stanno ancora lì. Se il capolista a Pescara di Rifondazione, Maurizio Acerbo, reggente nazionale del partito fra Giordano e Ferrero, dagli schermi della tv locale denuncia che le cose vanno avanti come l'estate scorsa. "E con una bella cena elettorale finale organizzata in albergo da un noto candidato del Pdl con medici, infermieri e personale di Villa Pini, la clinica al centro dello scandalo". Rispuntano fuori anche le consulenze d'oro che, accusa l'Italia dei Valori, Chiodi avrebbe intascato dalla Asl.
Da un'accusa all'altra, da una polemica all'altra, è finita che all'ombra delle regionali e delle mani pulite si sta giocando un match personale, un duello a distanza con una posta in palio assai più pesante della presidenza della Regione. La sfida fra Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi, che si sono sfiorati ieri sera a Chieti per la chiusura della campagna elettorale. Veltroni invece ha parlato all'Aquila. Tonino praticamente gioca in casa, ha imposto alla coalizione (che si ripresenta in una riedizione dell'Unione, dal Pd a Rifondazione) il suo candidato Costantini, punta a raddoppiare i consensi (parte dal sei per cento), e si gioca la faccia. "A Berlusconi, il corruttore, il dittatore, tanto sicuro di vincere anche qui, dimostrerò che si è sbagliato". Se non siamo al mitico "quello io lo sfascio", poco ci manca. Di Pietro batte palmo a palmo la zona, dal Gran Sasso all'Adriatico, tre comizi al giorno. E se gli riesce l'operazione impossibile, una vittoria del centrosinistra (che i sondaggi danno nella migliore ipotesi sotto di due punti), proverà a trascinare tutto il Pd sulla linea durissima anti-Cavaliere. Berlusconi lo sa bene.
E' proprio per azzoppare il nemico giurato che ha spedito ministri e colonnelli alla campagna d'Abruzzo, presentandosi di persona spesso, fino a punto di lasciare il consiglio europeo a Bruxelles per poter chiudere la tornata elettorale. Tanto ardore e spiegamento di forze è ben spiegato dal ministro Bondi: "Una nostra vittoria, e soprattutto una sonora sconfitta per Di Pietro, sono il viatico migliore per far decollare la riforma della giustizia".
Un test nazionale dalle molteplici implicazioni allora? "Piano, io non ci credo. E' il voto di una regione, neanche una delle più importanti, e se lo dico io che questa terra l'amo tanto...". Frena il rocciatore aquilano Franco Marini, che pure da giorni macina chilometri in macchina, e non trascura i suoi paesini di montagna. In salita, come il Pd. "Certo che partiamo svantaggiati, dopo quel che è successo. Ma teniamo, stiamo recuperando. Obbligatorio tornare tutti insieme, ma il candidato è forte, e le liste rinnovate". Al punto da tenere fuori perfino il candidato risultato in pole position nella consultazione interna, il già capogruppo regionale e presidente del consorzio delle acque Donato Di Matteo, lasciato a casa come simbolo del passato. Il Pd, fino allo scandalo Del Turco, controllava la regione e le quattro province. Fallito un aggancio all'Udc, che scende in lizza con Rodolfo De Laurentiis. Ora gli alleati, soprattutto l'Idv e Rifondazione, ne parlano come un partito ancora sotto botta, con un gruppo dirigente locale confuso e demotivato nella campagna elettorale, e sondaggi in picchiata.
"Ma chi lo dice non sa di che parla", s'arrabbia l'ex presidente del Senato. "In ogni caso, non sarà questo risultato a influenzare le scelte nazionali: le ragioni dell'alleanza con Di Pietro vanno affrontate su temi più larghi. Io, piuttosto, temo l'astensionismo". Un abruzzese su quattro, raccontano i sondaggi, non ha ancora deciso se andare a votare. E chi votare.
(13 dicembre 2008)
Carlo Costantini, il rivale nella corsa alla presidenza, il deputato dell'Idv chiamato dal centrosinistra nell'impresa di far dimenticare la stagione nera di Del Turco, garantisce un taglio netto con scandali vecchi e nuovi, "con me una regione tutta nuova". Vorrebbero tutti voltare pagina, ricominciare da capo da lunedì in Abruzzo. Ma le ferite di Collelongo, dove secondo il gran pentito dell'inchiesta nella casa dell'ex governatore si arrivava con le mazzette e si usciva con le mele, restano aperte e profonde. E allora tutta questa campagna elettorale si snoda a colpi di questione morale. I fantasmi stanno ancora lì. Se il capolista a Pescara di Rifondazione, Maurizio Acerbo, reggente nazionale del partito fra Giordano e Ferrero, dagli schermi della tv locale denuncia che le cose vanno avanti come l'estate scorsa. "E con una bella cena elettorale finale organizzata in albergo da un noto candidato del Pdl con medici, infermieri e personale di Villa Pini, la clinica al centro dello scandalo". Rispuntano fuori anche le consulenze d'oro che, accusa l'Italia dei Valori, Chiodi avrebbe intascato dalla Asl.
Da un'accusa all'altra, da una polemica all'altra, è finita che all'ombra delle regionali e delle mani pulite si sta giocando un match personale, un duello a distanza con una posta in palio assai più pesante della presidenza della Regione. La sfida fra Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi, che si sono sfiorati ieri sera a Chieti per la chiusura della campagna elettorale. Veltroni invece ha parlato all'Aquila. Tonino praticamente gioca in casa, ha imposto alla coalizione (che si ripresenta in una riedizione dell'Unione, dal Pd a Rifondazione) il suo candidato Costantini, punta a raddoppiare i consensi (parte dal sei per cento), e si gioca la faccia. "A Berlusconi, il corruttore, il dittatore, tanto sicuro di vincere anche qui, dimostrerò che si è sbagliato". Se non siamo al mitico "quello io lo sfascio", poco ci manca. Di Pietro batte palmo a palmo la zona, dal Gran Sasso all'Adriatico, tre comizi al giorno. E se gli riesce l'operazione impossibile, una vittoria del centrosinistra (che i sondaggi danno nella migliore ipotesi sotto di due punti), proverà a trascinare tutto il Pd sulla linea durissima anti-Cavaliere. Berlusconi lo sa bene.
E' proprio per azzoppare il nemico giurato che ha spedito ministri e colonnelli alla campagna d'Abruzzo, presentandosi di persona spesso, fino a punto di lasciare il consiglio europeo a Bruxelles per poter chiudere la tornata elettorale. Tanto ardore e spiegamento di forze è ben spiegato dal ministro Bondi: "Una nostra vittoria, e soprattutto una sonora sconfitta per Di Pietro, sono il viatico migliore per far decollare la riforma della giustizia".
Un test nazionale dalle molteplici implicazioni allora? "Piano, io non ci credo. E' il voto di una regione, neanche una delle più importanti, e se lo dico io che questa terra l'amo tanto...". Frena il rocciatore aquilano Franco Marini, che pure da giorni macina chilometri in macchina, e non trascura i suoi paesini di montagna. In salita, come il Pd. "Certo che partiamo svantaggiati, dopo quel che è successo. Ma teniamo, stiamo recuperando. Obbligatorio tornare tutti insieme, ma il candidato è forte, e le liste rinnovate". Al punto da tenere fuori perfino il candidato risultato in pole position nella consultazione interna, il già capogruppo regionale e presidente del consorzio delle acque Donato Di Matteo, lasciato a casa come simbolo del passato. Il Pd, fino allo scandalo Del Turco, controllava la regione e le quattro province. Fallito un aggancio all'Udc, che scende in lizza con Rodolfo De Laurentiis. Ora gli alleati, soprattutto l'Idv e Rifondazione, ne parlano come un partito ancora sotto botta, con un gruppo dirigente locale confuso e demotivato nella campagna elettorale, e sondaggi in picchiata.
"Ma chi lo dice non sa di che parla", s'arrabbia l'ex presidente del Senato. "In ogni caso, non sarà questo risultato a influenzare le scelte nazionali: le ragioni dell'alleanza con Di Pietro vanno affrontate su temi più larghi. Io, piuttosto, temo l'astensionismo". Un abruzzese su quattro, raccontano i sondaggi, non ha ancora deciso se andare a votare. E chi votare.
(13 dicembre 2008)
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