MARCO TRAVAGLIO
Con tutto il dovuto rispetto, una domanda va posta al presidente Giorgio Napolitano: ma davvero mercoledì 3 dicembre è caduto dalle nuvole quando la Procura di Salerno ha perquisito quella di Catanzaro? Eppure il 9 gennaio scorso i procuratori salernitani Apicella, Verasani e Nuzzi erano stati ascoltati per ore dalla I commissione del Csm (presieduto dal capo dello Stato), preannunciando quanto sarebbe accaduto. Le loro indagini sulle denunce presentate da magistrati e indagati contro il pm Luigi De Magistris si erano rivelate infondate: "Nessun reato da parte sua", anzi, "solo indagini corrette". Di più: le fughe di notizie addebitategli dai superiori che gli avevano scippato Poseidone e Why Not non erano opera sua, ma dei superiori stessi. Le sole denunce fondate erano quelle di De Magistris contro il network di giudici calabro-lucani, inquisiti, avvocati, politici, faccendieri che s'erano attivati per "ostacolarlo", "isolarlo", "intimidirlo", "screditarlo" e "allontanarlo".
De Magistris ha lavorato "in un contesto giudiziario fortemente condizionato da interessi extragiurisdizionali, talvolta illeciti". Tant'è che - aggiunsero i pm campani, facendo nomi e cognomi - una decina fra magistrati calabro-lucani e ispettori ministeriali erano indagati per reati gravissimi: dalla corruzione giudiziaria alla rivelazione di segreti all'abuso alla calunnia. Reati che consentono la custodia cautelare. Chi ha in mente quel verbale può stupirsi di un solo fatto: che nessuna delle presunte toghe vendute sia finita in manette. Invece si è preferito affettare meraviglia per elementi marginali: il decreto di 1.700 pagine, dunque "troppo lungo" (come se gli atti giudiziari si misurassero a peso); la presunta perquisizione corporale su un pm in pigiama (normalissime nelle operazioni di polizia, se si cercano oggetti minuscoli come i pen-drive da pc); il sequestro del fascicolo originale di Why Not.
Quest'ultima mossa "eccezionale" e "senza precedenti" ha fatto saltare la mosca al naso del Presidente, che ha subito chiesto gli atti a Salerno. Mossa, questa sì, eccezionale e senza precedenti. Ora, è vero che sequestrare un fascicolo in originale paralizza le indagini (che peraltro, una volta scippate a De Magistris, languivano da mesi); ma lo stallo sarebbe durato pochi giorni, il tempo di fare le fotocopie. E poi Salerno aveva chiesto quegli atti a Catanzaro sette volte in dieci mesi, ma invano, informandone costantemente il Csm e il Pg della Cassazione. Ma né il Csm né il Pg avevano mosso un dito per sbloccare l'impasse e trasferire o sospendere le toghe inquisite. Salvo, si capisce, De Magistris: cioè la vittima del presunto complotto.
I complottardi invece sono rimasti tutti al loro posto. Se il blitz e gli avvisi di garanzia li avessero colti già a casa, o in altre sedi, il Csm e il capo dello Stato potrebbero rivendicare di aver fatto pulizia, anziché inseguire trafelati gli eventi.
Non l'han fatto, peccato. Ma lo stupore, almeno quello, potrebbero risparmiarcelo.
(12 dicembre 2008)
De Magistris ha lavorato "in un contesto giudiziario fortemente condizionato da interessi extragiurisdizionali, talvolta illeciti". Tant'è che - aggiunsero i pm campani, facendo nomi e cognomi - una decina fra magistrati calabro-lucani e ispettori ministeriali erano indagati per reati gravissimi: dalla corruzione giudiziaria alla rivelazione di segreti all'abuso alla calunnia. Reati che consentono la custodia cautelare. Chi ha in mente quel verbale può stupirsi di un solo fatto: che nessuna delle presunte toghe vendute sia finita in manette. Invece si è preferito affettare meraviglia per elementi marginali: il decreto di 1.700 pagine, dunque "troppo lungo" (come se gli atti giudiziari si misurassero a peso); la presunta perquisizione corporale su un pm in pigiama (normalissime nelle operazioni di polizia, se si cercano oggetti minuscoli come i pen-drive da pc); il sequestro del fascicolo originale di Why Not.
Quest'ultima mossa "eccezionale" e "senza precedenti" ha fatto saltare la mosca al naso del Presidente, che ha subito chiesto gli atti a Salerno. Mossa, questa sì, eccezionale e senza precedenti. Ora, è vero che sequestrare un fascicolo in originale paralizza le indagini (che peraltro, una volta scippate a De Magistris, languivano da mesi); ma lo stallo sarebbe durato pochi giorni, il tempo di fare le fotocopie. E poi Salerno aveva chiesto quegli atti a Catanzaro sette volte in dieci mesi, ma invano, informandone costantemente il Csm e il Pg della Cassazione. Ma né il Csm né il Pg avevano mosso un dito per sbloccare l'impasse e trasferire o sospendere le toghe inquisite. Salvo, si capisce, De Magistris: cioè la vittima del presunto complotto.
I complottardi invece sono rimasti tutti al loro posto. Se il blitz e gli avvisi di garanzia li avessero colti già a casa, o in altre sedi, il Csm e il capo dello Stato potrebbero rivendicare di aver fatto pulizia, anziché inseguire trafelati gli eventi.
Non l'han fatto, peccato. Ma lo stupore, almeno quello, potrebbero risparmiarcelo.
(12 dicembre 2008)
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