mercoledì 17 dicembre 2008

Tangenti Napoli: il circo degli appalti e il domatore Romeo

Roberto Ormanni

“La prospettiva ultima è quella del saccheggio sistematico delle risorse pubbliche, spesso già insufficienti a rispondere alla drammatica situazione in cui versano Napoli e la sua provincia”. Questo, in sintesi, l’obiettivo della “banda del global service” nelle parole dei magistrati della Procura di Napoli che hanno chiesto e ottenuto 11 ordinanze di custodia cautelare e hanno inviato al Parlamento la richiesta per utilizzare le intercettazioni “incriminanti” nei confronti di due deputati, uno della maggioranza, l’altro dell’opposizione. Un affare da 400 milioni di euro, mai partito soltanto perché – dicono i magistrati – il 31 gennaio scorso una fuga di notizie pilotata mise gli indagati in allarme – rappresenta il tavolo della corruzione attorno al quale l’imprenditore Alfredo Romeo, già grande corruttore della tangentopoli napoletana anni Novanta, ha riunito alcuni dei protagonisti del circo Barnum della politica alla pummarola che governa Napoli e la Campania da oltre un decennio. Per se stesso Romeo aveva riservato il ruolo di domatore: sarebbe stato lui a capo dell’associazione a delinquere contestata dai magistrati.

Al centro dell’inchiesta la delibera sul cosiddetto “global service” un appalto per la manutenzione delle strade di Napoli e di altri beni pubblici da affidare all’imprenditore Alfredo Romeo. L’obiettivo era quello di avere un unico gestore (come avvenuto già in altre città) per una serie consistente di lavori pubblici e manutenzioni di competenza del Comune. Il “global service”, che secondo i pm si è fermato per la fuga di notizie di gennaio, in realtà è stato bloccato perché mancava la copertura finanziaria.

La delibera però, dicono i pm sulla base delle indagini e delle intercettazioni telefoniche, è stata confezionata su misura per Romeo. Ecco perché i reati contestati (associazione per delinquere, corruzione, concussione, abuso d’ufficio, truffa) “stanno in piedi” anche se dell’appalto non se ne è fatto più nulla: quei reati, spiegano i magistrati negli atti, sono agganciati al procedimento di formazione della delibera, non al fatto che poi l’appalto sia partito e o meno. Questi i nomi dei destinatari delle ordinanze di custodia cautelare: Alfredo Romeo, titolare della Romeo Service, unico a finire in carcere. Agli arresti domiciliari sono Paola Grattani, sua collaboratrice, Guido Russo, ex funzionario dell’Arpa di fatto (dicono i pm) collaboratore di Romeo, l’ex assessore comunale all’Istruzione, prima ancora ex assessore alla Legalità, ex parlamentare, ex sottosegretario all’Istruzione ed ex componente della commissione Antimafia Giuseppe Gambale; l’ex assessore al Bilancio del comune Enrico Cardillo; gli assessori (in carica) Ferdinando Di Mezza al Patrimonio e alla Manutenzione e Felice Laudadio all’Edilizia, l’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania Mario Mautone, Vincenzo Salzano e Luigi Piscitelli. L’inchiesta coinvolge anche i parlamentari Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd): nei loro confronti vengono ipotizzati i reati di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta e il gip ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni: secondo l’accusa sarebbero intervenuti a favore di Romeo per favorire i suoi appalti. Lusetti, inoltre, avrebbe tentato di “aggiustare” un procedimento al Tar e al Consiglio di Stato che l’imprenditore aveva avviato in passato contro una delibera di revoca di alcuni appalti. Agli arresti domiciliari anche il colonnello della Guardia di Finanza Vincenzo Mazzucco, l’ufficiale che ha lavorato per alcuni mesi fianco a fianco con il procuratore aggiunto Franco Roberti coordinatore dell’inchiesta e che, secondo gli inquirenti, era la “talpa” che informava Romeo sugli sviluppi dell’indagine. La procura mette inoltre l’accento sul ruolo del colonnello della Finanza Vincenzo Mazzucco, all’epoca in servizio alla Dia di Napoli, organo investigativo definito “cuore pulsante dell’indagine”. L’ufficiale avrebbe “tentato di incidere maldestramente sull’azione degli organi inquirenti, attraverso clamorose condotte di vero e proprio depistaggio”, scrivono i magistrati. Al colonnello si sarebbero rivolti Romeo e l’ex assessore Giuseppe Gambale quando nel gennaio scorso ‘sono venuti a conoscenza dell’indagine per effetto di illecite rivelazioni di organi investigativi.

Premiata ditta Favori & Tangenti - Nella pista del circo napoletano un posto c’era per tutti. Da un magistrato che raccomandava l’imprenditore ai suoi colleghi per chiudere un processo per abusi edilizi di Romeo & signora, a Paolo Cirino Pomicino, ‘o ministro di un tempo, che si mette a disposizione dell’amico Romeo promettendo interventi a suo favore e “minacciando” interventi contro la magistratura con la pubblicazione di un nuovo libro. E Romeo di rimbalzo, ricorda come molti magistrati gli siano anche debitori di favori.

“Tangenti di denaro ma anche altri benefici come lo sviluppo di carriere politiche per taluni assessori rampanti come passare dalle istituzioni locali a quelle nazionali attraverso rapporti con parlamentari nazionali” - Sarebbero queste le contropartite che Alfredo Romeo garantiva ai suoi interlocutori istituzionali napoletani in cambio di una corsia preferenziale per la concessione di appalti. L’affare global service corre sul filo del telefono dell’imprenditore. Tra le altri conversazioni, quelle con Mario Mautone, ex provveditore alle Opere Pubbliche di Napoli. E poi numerose telefonate che Romeo ha con l’ex assessore al patrimonio del Comune di Napoli Giorgio Nugnes, suicidatosi lo scorso 29 novembre e coinvolto nei disordini verificatisi a Pianura durante le manifestazioni contro la discarica. Romeo finisce anche per ammettere apertamente, dicono i pm, che se l’appalto non fosse stato pilotato lui nemmeno avrebbe partecipato: “No, se non fosse così – dice a Nugnes - io non posso partecipare, hai capito?”. Nel corso delle conversazioni con Nugnes Romeo voleva garanzie che “la delibera poi approvata dall’ amministrazione comunale di Napoli rispecchiasse fedelmente le caratteristiche delle sue imprese al fine poi di consentire alle medesime imprese l’aggiudicazione finale dell’appalto”. Romeo chiama, Nugnes risponde: “Ma figurati Alfredo, io non tengo proprio nessun problema...”, dice l’assessore. E i magistrati così annotano: “a fronte delle prebende che Romeo è in condizione di distribuire (in termini di posti di lavoro, di incarichi e consulenze ed in termini di denaro sonante) piegano la loro funzione ed i loro doveri assicurando l’aggiudicazione di appalti di opere e di servizi pubblici”. È il vecchio e collaudato sistema del bando di gara “blindato”, quello dove formalmente tutti possono partecipare ma alla fine i requisiti richiesti portano uno solo, già individuato, al traguardo. E infatti, quando la delibera viene approvata secondo gli accordi, Nugnes esulta con l’imprenditore: “Eh, guaglio’... Si’ nu grande... Tieni nu grande amico assessore!”.

Il sistema Romeo da Napoli al Vaticano - Secondo la Procura di Napoli Alfredo Romeo avrebbe fatto ricorso “al medesimo indirizzo operativo finanche per gli appalti che sarebbero stati banditi prossimamente dallo Stato Vaticano”. Un sistema, quello creato dall’imprenditore partenopeo, “di estrema semplicità – così scrivono i magistrati – anche se vasto e articolato in ragione degli enormi interessi economici coinvolti. I funzionari pubblici non esitano, non senza una non comune dose di impudenza, ad ammantare la loro funzione dietro nobili e altisonanti termini quali legalità o trasparenza, indirizzando peraltro la loro azione verso l’interesse esclusivo dell’imprenditore”. E così Romeo dettava a funzionari amici le bozze delle delibere che sarebbero finite sui tavoli di assessori altrettanto amici. Nell’inchiesta sono infatti indagati anche impiegati della Provincia di Napoli oltre che del Comune.

I favori in nome della legalità - L’ex assessore Giuseppe Gambale, politicamente nato con la Rete di Leoluca Orlando, successivamente sempre in prima linea per la legalità, la trasparenza e l’antimafia, secondo i pm in cambio del suo appoggio a Romeo avrebbe anche… fatto del bene. L’imprenditore infatti ha versato denaro, su richiesta di Gambale, all’associazione “A voce d’ ‘e criature’ (La voce dei bambini), fondata dall’ex parroco di Forcella don Luigi Merola (che naturalmente con l’indagine non c’entra nulla). A Gambale il gip contesta diversi episodi: avrebbe fatto assumere da Romeo alcune persone e avrebbe acquistato un immobile gestito dalla società dell’imprenditorie. Romeo avrebbe poi anche dovuto “sponsorezzare” Gambale in “ambienti politici nazionali” per fargli ottenere qualche buon incarico.

Le accuse ai parlamentari - I deputati di An Italo Bocchino e del Pd Renzo Lusetti sono accusati di essersi “dati da fare” per assicurare che gli affari di Romeo andassero in porto. In una conversazione tra l’imprenditore e Bocchino (è quest’ultimo a telefonare), l’esponente di An dopo aver comunicato che il gruppo consiliare di An aveva ritirato gli emendamenti alla delibera proposta dalla maggioranza, così dice: “Quindi ormai...siamo una cosa...quindi...consolidata, un sodalizio, una cosa solida...una fusione di due gruppi”. Espressioni che per i pm dimostrano l’esistenza di “una struttura organizzata unitaria in una ottica di contiguità e reciprocità di interessi”.

L’amico magistrato - Tra gli amici del circo Romeo anche il presidente di sezione del tribunale di Napoli Bruno Schisano, recentemente trasferito d’ufficio dal Csm alla Corte d’appello di Campobasso proprio per la sua “amicizia pericolosa”. Schisano è imputato a Roma di concorso in tentato abuso d’ufficio con Alfredo Romeo e sua moglie, Maria Vittoria Parisio Perrotti. Il giudice avrebbe cercato di intervenire a favore di Romeo e signora in un processo a Napoli dove i due erano imputati di abusi edilizi per aver di fatto “privatizzato” una spiaggia demaniale che si trova davanti alla loro villa di Posillipo. La prima udienza del processo a Schisano è fissata il 19 dicembre alla quarta sezione penale del tribunale.

Bloccata la marcia su Roma - Gravi inadempimenti e inadeguata programmazione degli interventi. Per questo motivo il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha deciso un mese fa di revocare il maxi appalto alla Romeo Gestioni Rti, raggruppamento temporaneo di imprese che fa capo ad Alfredo Romeo, per la manutenzione delle strade romane. Nell’ordinanza del 14 novembre scorso, a seguito delle precipitazioni che spinsero il presidente della Regione Lazio a proclamare lo stato di calamità naturale, si osserva che “in occasione dell’evento calamitoso sono emersi gravi inadempimenti della società che non avendo provveduto alle attività preventive di manutenzione necessarie a garantire il deflusso delle acque dalle caditoie...ha aggravato il dissesto stradale e ingenerato condizioni di elevatissima pericolosità”. Gli uffici dell’assessore ai lavori pubblici Fabrizio Ghera iniziano così a verificare l’effettiva operatività ed efficacia del maxi appalto, stipulato nel dicembre del 2006 durante la giunta Veltroni, e ne danno un giudizio negativo: in quasi due anni dall’avvio è stata rifatta solo il 10 per cento della pavimentazione superficiale delle strade (circa un milione e 300mila metri quadri nonostante in sede di gara la Romeo avesse preso l’impegno di intervenire nei primi tre anni su 4 milioni di metri quadri), è stata ripristinata solo il 50 per cento della segnaletica stradale a fronte dell’impegno di un rifacimento dell’intera segnaletica ogni sei mesi e meno del 2 per cento delle caditoie stradali sono state disostruite. Ad oggi i canoni corrisposti ammontano a 45 milioni ma per la manutenzione straordinaria l’amministrazione aveva messo a disposizione della Romeo Gestioni altri 285 milioni di euro. Poi revocati.

(Roberto Ormanni) 17 dic 2008

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Buona sera Direttore.
Una ricostruzione la sua completa, che dà più notizie di quanto è stato fino ad ora di leggere sulla stampa quotidiana.