di LUIGI BIGNAMI
PER la prima volta ricercatori inglesi sono riusciti a ricostruire l'odissea che ogni anno ripetono le Berte Minore, uccelli che vivono nell'Oceano Atlantico. Esse infatti, compiono una migrazione lunga 20.000 chilometri che dalle coste della Gran Bretagna, le porta a sfiorare l'Africa occidentale per poi scendere fino alle coste estreme del Sud America e ritornare alla Gran Bretagna dopo aver attraversato una parte dell'America Meridionale e aver costeggiato molto al largo gli Stati Uniti. Un tragitto che ha dell'incredibile, se si pensa che viene affrontato di un piccolo uccello non più grande di 40 cm.
Da sempre gli ornitologi si erano chiesti quale itinerario scelgono le Berte per non sfinirsi nel lungo tragitto e come riuscissero a sopravvivere alle fatiche del viaggio. Le domande ora hanno una risposta grazie a piccoli computer che posti sulle zampe di una dozzina di uccelli partiti dalla Gran Bretagna, hanno immagazzinato i dati inviati dai satelliti. Una volta catturati al loro ritorno i dati hanno permesso al gruppo di ricercatori di ricostruire la posizione esatta tenuta dagli uccelli giorno dopo giorno. Si è preferito non attaccare sulle zampe degli uccelli delle ricetrasmittenti, perché con il sistema adottato, il peso del mini computer era assai ridotto. I risultati della ricerca sono apparsi sulla rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B.
"Abbiamo scoperto che tutti e 12 le Berte seguite si sono fermate in una medesima località nell'Oceano Atlantico per circa 2 settimane", ha spiegato Tim Guilford dell'Animal Behaviour Group dell'Università di Oxford che ha realizzato la ricerca.
Ciò che è sorprendente, secondo i ricercatori, è il fatto che gli uccelli hanno utilizzato un'"ottima strategia di migrazione", ossia che la scelta del luogo ove gli uccelli si sono fermati e la durata del loro permanere in quella località è quanto di meglio essi potevano fare, tenendo conto delle loro dimensioni e del loro peso, che si aggira attorno ai 400 grammi.
Una strategia migliore rispetto a quella di altri uccelli migratori che preferiscono non fermarsi mai, ma così facendo sono obbligati ad accumulare molto più grasso prima di partire. Questa scelta li affatica molto di più e la quantità di individui che poi soccombe lungo il tragitto è sempre notevole.
"La scelta delle Berte invece, l'avrebbe fatta un ingegnere aeronautico se avesse tenuto conto delle "riserve di carburante", del peso e dell'aerodinamicità dell'uccello", ha spiegato Guilford.
La ricerca ha permesso di confermare che le Berte si nutrono esclusivamente di pesci che cacciano durante le ore diurne in mare aperto. La loro tecnica di pesca prevede il volo quasi radente al livello del mare e ciò serve per individuare grandi banchi di pesci. Quindi si tuffano per inseguire il pesce anche per alcuni metri sott'acqua.
L'uso dei satelliti ha dato modo di scoprire che le Berte scendono più a sud del pianeta rispetto a quanto si ipotizzava e di conseguenza il loro viaggio è più lungo di quanto si credeva.
(24 gennaio 2009)
Da sempre gli ornitologi si erano chiesti quale itinerario scelgono le Berte per non sfinirsi nel lungo tragitto e come riuscissero a sopravvivere alle fatiche del viaggio. Le domande ora hanno una risposta grazie a piccoli computer che posti sulle zampe di una dozzina di uccelli partiti dalla Gran Bretagna, hanno immagazzinato i dati inviati dai satelliti. Una volta catturati al loro ritorno i dati hanno permesso al gruppo di ricercatori di ricostruire la posizione esatta tenuta dagli uccelli giorno dopo giorno. Si è preferito non attaccare sulle zampe degli uccelli delle ricetrasmittenti, perché con il sistema adottato, il peso del mini computer era assai ridotto. I risultati della ricerca sono apparsi sulla rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B.
"Abbiamo scoperto che tutti e 12 le Berte seguite si sono fermate in una medesima località nell'Oceano Atlantico per circa 2 settimane", ha spiegato Tim Guilford dell'Animal Behaviour Group dell'Università di Oxford che ha realizzato la ricerca.
Ciò che è sorprendente, secondo i ricercatori, è il fatto che gli uccelli hanno utilizzato un'"ottima strategia di migrazione", ossia che la scelta del luogo ove gli uccelli si sono fermati e la durata del loro permanere in quella località è quanto di meglio essi potevano fare, tenendo conto delle loro dimensioni e del loro peso, che si aggira attorno ai 400 grammi.
Una strategia migliore rispetto a quella di altri uccelli migratori che preferiscono non fermarsi mai, ma così facendo sono obbligati ad accumulare molto più grasso prima di partire. Questa scelta li affatica molto di più e la quantità di individui che poi soccombe lungo il tragitto è sempre notevole.
"La scelta delle Berte invece, l'avrebbe fatta un ingegnere aeronautico se avesse tenuto conto delle "riserve di carburante", del peso e dell'aerodinamicità dell'uccello", ha spiegato Guilford.
La ricerca ha permesso di confermare che le Berte si nutrono esclusivamente di pesci che cacciano durante le ore diurne in mare aperto. La loro tecnica di pesca prevede il volo quasi radente al livello del mare e ciò serve per individuare grandi banchi di pesci. Quindi si tuffano per inseguire il pesce anche per alcuni metri sott'acqua.
L'uso dei satelliti ha dato modo di scoprire che le Berte scendono più a sud del pianeta rispetto a quanto si ipotizzava e di conseguenza il loro viaggio è più lungo di quanto si credeva.
(24 gennaio 2009)
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