RICHARD Tinney, l'inglese che ha inguaiato la moglie - e che moglie, la ministro degli interni Jacqui Smith - per due film porno, ha commesso un errore da dilettanti. Ovvero, si suppone per tirchieria, ha consumato film pornografici su un percorso tracciabile, lasciando che ne uscisse fuori una ricevuta di pagamento che poi per errore la sua consorte ha allegato ai rimborsi spese ministeriali. E dire che ormai anche l'ultimo appassionato rinserrato nella sua stanzetta nella villetta a schiera in provincia sa benissimo che l'hard per immagini lo si celebra nell'anonimato assoluto. E il porno così è diventato sempre più quotidiano e a disposizione di tutti.
Ad esempio, basta collegarsi a un certo sito Internet simboleggiato da due cifre, intuibili e che combaciano l'una con l'altra, e acquisti film hard al minuto: costa 0,07 centesimi per sessanta secondi. Con una schedina prepagata e quindi molto anonima. Il vantaggio è evidente: a un certo punto della sessione, fatalmente, il porno via video perde bruscamente di interesse. Lì, interrompi la connessione e paghi solo quello che hai consumato. Se i gestori rendessero noti i tempi di collegamento medio, avremmo delle statistiche interessanti su certe abitudini.
Benvenuti nel mondo sempre più esteso del porno consumato via schermo, sia quello tv che, soprattutto, quello via computer. Secondo una ricerca Eurispes di qualche anno fa un movimento complessivo che gira sui 900 milioni di euro all'anno. È una cifra da intendere totalmente per difetto. Dentro bisogna farci stare anche il porno tecnicamente più ufficiale a disposizione, quello delle notti hard di Sky (ogni sera più di 200 mila italiani acquistano un film vietato ai minori sui canali "hot" del bouquet), secondo una ricerca del Sole 24 Ore valutabile con introiti sui due milioni a settimana, con percentuali che fanno arrossire se si va sulla cifra spesa in pay-per-view anche per i film normali.
Il vantaggio del porno rispetto a questi ultimi sarebbe almeno di dieci a uno, ma c'è chi dice che bisogna quasi raddoppiare la distanza. E in quei rilevamenti semi-ufficiali al massimo si fanno rientrare anche i dvd, ormai pressoché in disuso, in favore della visione streaming su Internet, il ricavato dei sexy shop e poco altro. Il porno su carta, giornali, riviste, stellare trent'anni fa, è ormai un vago ricordo. I cinema ufficiali sono un decimo rispetto al passato, con qualche sporadico episodio che passa nelle cronache locali mettendo pena e tenerezza: l'altra sera a Savona hanno trovato un pensionato passato a miglior vita nella poltrona laterale del cinemino, sembrava un ritaglio di un quarto di secolo fa.
Quello che dilaga davvero (anzi, in termini prettamente internettiani: spopola) è il video sesso via web. Ovvero la forma più veloce, economica, sicura. Quello che consumato a milioni di unità frutta cifre che nessuno riesce nemmeno a immaginare, a furia di minuti pagati 0,07 centesimi o di noleggio film a sei euro ciascuno, 48 ore di tempo per visionarselo con calma e quante volte si vuole (anche qui le statistiche sarebbero interessanti). Quasi sempre robaccia girata in digitale e per gusti un po' così, ma quello che conta è la sostanza. A dirla tutta, a controllare quali risultano essere i titoli più visionati, vengono ovviamente premiati i generi peggiori e più oltranzisti.
E qui siamo solo nel ramo "pagamento diretto", nei siti cosiddetti commerciali e che mantengono una parvenza di ufficialità, per i quali la ricerca Eurispes di cui sopra assegnava un fatturato annuo di trecento milioni: cifra che i più valutano del tutto insufficiente rispetto alla realtà effettiva. Ma per il colpo d'occhio sull'ampiezza del fenomeno non si può prescindere dai famosi siti peer-to-peer: dove si scarica illegalmente e si condivide il materiale piratandolo gratis, la quantità di porno è soverchiante rispetto al resto. Siccome nessun piatto di minestra è gratuito, qui ci guadagnano solo i gestori.
È l'esplosione irreversibile del consumo di questo tipo che sta facendo ammattire il governo di casa nostra quando deve occuparsi di una misura come la pornotax. Inserita nel pacchetto anticrisi di fine 2008 e anche rinsaldata da pochi giorni dal decreto attuativo: nel quale sarebbe preso di mira anche il consumo su Internet, sì, come se qualcuno ci avesse mai capito qualcosa. In teoria sarebbero tassabili (la tax prevede il 25 per cento in più di introiti per il fisco) i prodotti video messi a disposizione sul web, ma risalire a chi fa cosa, come e perché è autentica follia. E anche per i film trasmessi dalle tv sorgono questioni che, se non girassero su una realtà così borderline, sarebbero irresistibili.
La perla è la seguente: la pornotax definisce tassabili quei contenuti video in cui vengono girate scene di sesso "non simulato". Dal mondo delle tv e produttori interessati è partita la controffensiva teorica: scusate, quelli che girano queste scene sono attori, stanno quindi recitando, come si può dire che non simulino? Cambierebbe mestiere anche Perry Mason se dovesse mettersi a cavillare su una simile questione, per non parlare del giudice che deve dirimere. E magari tra i produttori prevalesse l'approccio teorico: quello che si dice con assoluta chiarezza è che appena il governo farà davvero sul serio, magari tirando nel mucchio e alla cieca, magari iniziando a esigere, come da norma, anche il dovuto retroattivo sul 2008, si avvierebbe semplicemente la trasmigrazione totale all'estero (Europa dell'Est) o a San Marino della sede delle società di riferimento. Il porno così tassato chiude, e se chiude come si divertono poi i milioni di adepti?
Per intanto si manda avanti Tinto Brass ("Un provvedimento devastante, disastroso, che mette tristezza"), che fornisce appoggio solidale e disinteressato - non sono i suoi film nel mirino - ma quello che appare ormai su una china senza ritorno è l'appoggio esplicito dei media ufficiali, segnatamente la tv di confine serale-notturno. Con Sky che si appresta a celebrare in una fiction l'icona di Moana Pozzi, e chissà con quanti riferimenti alle parti sordide della sua triste storia.
Con Piero Chiambretti che quasi ogni sera-notte su Italia 1 consacra spazi al porno, celebrando Moana e invitando le sue colleghe e colleghi (e deve avere, Chiambretti, autentici esperti nel suo staff a giudicare dalla puntualità ed efficacia dei riferimenti storici). Per non dire del Rocco Siffredi che spiega come si fa sesso alle "Iene", dove a ogni stagione non può mancare il reportage clandestino, molto clandestino, direttamente dal set di un film hard girato sempre in Ungheria. E ancora il pornoattore di vaglia Franco Trentalance diventato star dei reality di Mediaset, con una voglia evidente di passare a un lavoro qualsiasi da esercitare con addosso i pantaloni, ma sempre richiamato all'ordine del perché è famoso, mica penserai, caro mio, di avere doti recitative così, all'improvviso.
E con sempre più spettatori che lo vedono lì, al reality, e si incuriosiscono, ma davvero questo girava quei film, e dove lo possiamo vedere, e come. E lo schermo del computer che si accende quasi da solo, per magia. 0,07 centesimi, grazie.
(31 marzo 2009)
Ad esempio, basta collegarsi a un certo sito Internet simboleggiato da due cifre, intuibili e che combaciano l'una con l'altra, e acquisti film hard al minuto: costa 0,07 centesimi per sessanta secondi. Con una schedina prepagata e quindi molto anonima. Il vantaggio è evidente: a un certo punto della sessione, fatalmente, il porno via video perde bruscamente di interesse. Lì, interrompi la connessione e paghi solo quello che hai consumato. Se i gestori rendessero noti i tempi di collegamento medio, avremmo delle statistiche interessanti su certe abitudini.
Benvenuti nel mondo sempre più esteso del porno consumato via schermo, sia quello tv che, soprattutto, quello via computer. Secondo una ricerca Eurispes di qualche anno fa un movimento complessivo che gira sui 900 milioni di euro all'anno. È una cifra da intendere totalmente per difetto. Dentro bisogna farci stare anche il porno tecnicamente più ufficiale a disposizione, quello delle notti hard di Sky (ogni sera più di 200 mila italiani acquistano un film vietato ai minori sui canali "hot" del bouquet), secondo una ricerca del Sole 24 Ore valutabile con introiti sui due milioni a settimana, con percentuali che fanno arrossire se si va sulla cifra spesa in pay-per-view anche per i film normali.
Il vantaggio del porno rispetto a questi ultimi sarebbe almeno di dieci a uno, ma c'è chi dice che bisogna quasi raddoppiare la distanza. E in quei rilevamenti semi-ufficiali al massimo si fanno rientrare anche i dvd, ormai pressoché in disuso, in favore della visione streaming su Internet, il ricavato dei sexy shop e poco altro. Il porno su carta, giornali, riviste, stellare trent'anni fa, è ormai un vago ricordo. I cinema ufficiali sono un decimo rispetto al passato, con qualche sporadico episodio che passa nelle cronache locali mettendo pena e tenerezza: l'altra sera a Savona hanno trovato un pensionato passato a miglior vita nella poltrona laterale del cinemino, sembrava un ritaglio di un quarto di secolo fa.
Quello che dilaga davvero (anzi, in termini prettamente internettiani: spopola) è il video sesso via web. Ovvero la forma più veloce, economica, sicura. Quello che consumato a milioni di unità frutta cifre che nessuno riesce nemmeno a immaginare, a furia di minuti pagati 0,07 centesimi o di noleggio film a sei euro ciascuno, 48 ore di tempo per visionarselo con calma e quante volte si vuole (anche qui le statistiche sarebbero interessanti). Quasi sempre robaccia girata in digitale e per gusti un po' così, ma quello che conta è la sostanza. A dirla tutta, a controllare quali risultano essere i titoli più visionati, vengono ovviamente premiati i generi peggiori e più oltranzisti.
E qui siamo solo nel ramo "pagamento diretto", nei siti cosiddetti commerciali e che mantengono una parvenza di ufficialità, per i quali la ricerca Eurispes di cui sopra assegnava un fatturato annuo di trecento milioni: cifra che i più valutano del tutto insufficiente rispetto alla realtà effettiva. Ma per il colpo d'occhio sull'ampiezza del fenomeno non si può prescindere dai famosi siti peer-to-peer: dove si scarica illegalmente e si condivide il materiale piratandolo gratis, la quantità di porno è soverchiante rispetto al resto. Siccome nessun piatto di minestra è gratuito, qui ci guadagnano solo i gestori.
È l'esplosione irreversibile del consumo di questo tipo che sta facendo ammattire il governo di casa nostra quando deve occuparsi di una misura come la pornotax. Inserita nel pacchetto anticrisi di fine 2008 e anche rinsaldata da pochi giorni dal decreto attuativo: nel quale sarebbe preso di mira anche il consumo su Internet, sì, come se qualcuno ci avesse mai capito qualcosa. In teoria sarebbero tassabili (la tax prevede il 25 per cento in più di introiti per il fisco) i prodotti video messi a disposizione sul web, ma risalire a chi fa cosa, come e perché è autentica follia. E anche per i film trasmessi dalle tv sorgono questioni che, se non girassero su una realtà così borderline, sarebbero irresistibili.
La perla è la seguente: la pornotax definisce tassabili quei contenuti video in cui vengono girate scene di sesso "non simulato". Dal mondo delle tv e produttori interessati è partita la controffensiva teorica: scusate, quelli che girano queste scene sono attori, stanno quindi recitando, come si può dire che non simulino? Cambierebbe mestiere anche Perry Mason se dovesse mettersi a cavillare su una simile questione, per non parlare del giudice che deve dirimere. E magari tra i produttori prevalesse l'approccio teorico: quello che si dice con assoluta chiarezza è che appena il governo farà davvero sul serio, magari tirando nel mucchio e alla cieca, magari iniziando a esigere, come da norma, anche il dovuto retroattivo sul 2008, si avvierebbe semplicemente la trasmigrazione totale all'estero (Europa dell'Est) o a San Marino della sede delle società di riferimento. Il porno così tassato chiude, e se chiude come si divertono poi i milioni di adepti?
Per intanto si manda avanti Tinto Brass ("Un provvedimento devastante, disastroso, che mette tristezza"), che fornisce appoggio solidale e disinteressato - non sono i suoi film nel mirino - ma quello che appare ormai su una china senza ritorno è l'appoggio esplicito dei media ufficiali, segnatamente la tv di confine serale-notturno. Con Sky che si appresta a celebrare in una fiction l'icona di Moana Pozzi, e chissà con quanti riferimenti alle parti sordide della sua triste storia.
Con Piero Chiambretti che quasi ogni sera-notte su Italia 1 consacra spazi al porno, celebrando Moana e invitando le sue colleghe e colleghi (e deve avere, Chiambretti, autentici esperti nel suo staff a giudicare dalla puntualità ed efficacia dei riferimenti storici). Per non dire del Rocco Siffredi che spiega come si fa sesso alle "Iene", dove a ogni stagione non può mancare il reportage clandestino, molto clandestino, direttamente dal set di un film hard girato sempre in Ungheria. E ancora il pornoattore di vaglia Franco Trentalance diventato star dei reality di Mediaset, con una voglia evidente di passare a un lavoro qualsiasi da esercitare con addosso i pantaloni, ma sempre richiamato all'ordine del perché è famoso, mica penserai, caro mio, di avere doti recitative così, all'improvviso.
E con sempre più spettatori che lo vedono lì, al reality, e si incuriosiscono, ma davvero questo girava quei film, e dove lo possiamo vedere, e come. E lo schermo del computer che si accende quasi da solo, per magia. 0,07 centesimi, grazie.
(31 marzo 2009)
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