lunedì 30 marzo 2009

Stefania Prestigiacomo "Obama rilancia? Non ci credo"


30/3/2009
ROBERTO GIOVANNINI

Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il presidente Barack Obama sembra intenzionato a fare sul serio sulla questione del clima.
«C’è un grandissimo attivismo a livello internazionale, in vista della conferenza Onu di Copenhagen. L’approccio degli Stati Uniti - coinvolgere anche i paesi emergenti, non solo quelli industrializzati - è quello giusto. Sia al G8 dell’Ambiente di Siracusa che al G8 della Maddalena cercheremo un coinvolgimento ampio. Ma il negoziato vero si farà a Copenhagen. È lì che si prenderanno gli impegni per il 2020 e oltre».

Il presidente Bush, sul clima, «remava contro»; se ora gli Stati Uniti prendono in mano il confronto cambia tutto, no?
«Senz’altro. Ma non sarà nel forum dei 16 Paesi o al G8 che si chiuderà l’accordo. La discussione sarà in sede Onu, e verterà sull’aiuto economico che i paesi sviluppati metteranno in campo per aiutare i paesi in via di sviluppo ed emergenti a tagliare le emissioni. Tuttavia, dagli Stati Uniti non arrivano segnali molto incoraggianti per chi avrebbe a cuore un impegno forte sul clima. Dal Congresso Usa arrivano reazioni molto tiepide, per non dire fredde, alle proposte di Obama sul clima e l’ambiente».

Eppure il presidente sembra intenzionato a fissare obiettivi molto ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra. Persino più ambiziosi di quelli stabiliti dall’Europa con il “20-20-20”, ovvero un taglio del 20%, entro il 2020, delle emissioni di CO2 rispetto al 1990, e un aumento del 20% per le fonti rinnovabili.
«Sarebbe molto positivo, perché se gli Stati Uniti fossero su questa linea l’accordo globale sarebbe vicino. E anche i nostri sacrifici che oggi servono a ben poco - visto che l’Europa incide solo per il 6% sulle emissioni globali - diventerebbero più che simbolici. Gli Usa sono il paese che inquina di più al mondo; un cittadino americano consuma tre volte l’energia che consuma un europeo; l’Italia ha un livello di efficienza energetica che gli Stati Uniti se la sognano. A quel che ci risulta, l’amministrazione Obama pensa a un obiettivo molto più modesto sui gas serra: tornare entro il 2020 alle emissioni del 1990. E nel Congresso non mancano le voci che suggeriscono prudenza, vista la terribile crisi economica in atto. Io non sono molto ottimista sull’eventualità di un accordo globale. E senza accordo globale, il pacchetto europeo rischia di essere una beffa».

Del resto, ministro, lei in tante occasioni ha espresso perplessità molto forti sulla riduzione delle emissioni, sulla realizzabilità del protocollo di Kyoto e sull’utilità del «20-20-20» europeo.
«L’Italia comunque rispetterà gli impegni che si è assunta: abbiamo un interesse strategico a investire nelle fonti rinnovabili, ci serve renderci più autonomi per il fabbisogno energetico, investendo nel nucleare, e per noi il risparmio e l’efficienza energetica è fondamentale. Sul pacchetto europeo abbiamo fatto una battaglia di merito: nella ripartizione degli oneri tra i paesi Ue, all’Italia erano stati assegnati obiettivi assolutamente esagerati. Dovevamo tutelare il nostro interesse».

Eppure, gli obiettivi di Kyoto stabiliti per l’Italia sono lontanissimi. Non ce la faremo mai a centrarli.
«C’è poco da dire, la tendenza non è certo quella virtuosa: rispetto al 1990 nel 2012 dovremmo ridurre le emissioni del 6,5%, invece a oggi sono cresciute del 12%. È vero pure che ora sono in campo molti investimenti nelle fonti rinnovabili, nella riconversione energetica. E stiamo passando ai raggi X tutte le principali industrie: devono rispettare certi parametri altrimenti dovranno chiudere».

Davvero? Chiudere?
«Sono prescrizioni. Realisticamente è dura per Kyoto, ma un’inversione di tendenza c’è stata, in vista dell’obiettivo 2020. Il problema è che bisogna fare politiche concrete, non stabilire vincoli e basta. Noi ci stiamo muovendo: gli aiuti per l’auto, gli incentivi per l’efficienza energetica, anche il piano casa che prevede la ricostruzione “ecologica” degli immobili».

Se non ce la facciamo, bisognerà pagare una salata multa...
«Lo vedremo. Non rassegniamoci. Io penso che il trend è stato invertito, che si è capito che stiamo operando in concreto».

E se Barack Obama proponesse obiettivi molto più ambiziosi per salvare il pianeta dal riscaldamento globale, l’Italia dirà di sì?
«Non credo che sarà oggetto del G8. Il nostro impegno c’è già, è il “20-20-20” europeo. Ma serve un accordo globale, e la chiave è il modo in cui i paesi industrializzati aiuteranno quelli emergenti e in via di sviluppo».