lunedì 30 marzo 2009

Vattimo: viva i giustizialisti. Corro con Tonino Di Pietro


30/3/2009 (8:32
JACOPO IACOBONI

Gianni Vattimo, il filosofo italiano più conosciuto nel mondo, «orgogliosamente comunista», si candida alle europee. Ma con Antonio Di Pietro. L’evento lo mette di buon umore, il professore sorride. È seduto nel salotto della sua casa torinese e sta leggendo La Stampa, la pagina a fumetti dedicata nella sezione culturale alla Tav. «Sì, ci siamo visti con Di Pietro, ci starò. Bisogna solo definire se corro nel nord ovest o anche altrove. Sa, mi candido ma mi piacerebbe anche essere eletto...». La notizia si fa pretesto, si discute del momento attuale dell’Italia, del giustizialismo, dell’età berlusconiana, della destra, della fine della sinistra, della laicità perduta. Su ognuno di questi titoli Vattimo articola riflessioni che sicuramente non possono essere tacciate di scarsa franchezza. «Diranno che vado con i giustizialisti? Ma questo è il loro lato buono! L’Italia dei Valori è l’unica opposizione verosimile che esiste oggi. Sì, io resto comunista, ho tantissimi amici nelle formazioni che si dicono comuniste, ma questa legge del quattro per cento li costringe ad alleanze innaturali, forse comunque infruttuose. Rischio di essere l’ultimo comunista al Parlamento europeo».

Come si sia arrivati a tanto, lo spiega con un insieme di osservazioni. La prima è che Tonino se l’è andato a cercare. Con piglio abbastanza spregiudicato. Tra il raffinato intellettuale e il contadino in trattore e canottiera pare esser nato un feeling che può esser narrato sotto il sempiterno titolo: intellettuali e popolo. «Poi vede, lui si dice analfabeta ma non è affatto così bestia come dicono. E avevo già deciso di votarlo. Tra l’altro, in alcune formazioni che avrei potuto votare, per esempio quella di Claudio Fava, corrono uomini come Bobo Craxi...». Tra l’inventore del pensiero debole e il patrono della sintassi debole, en passant alfiere del giustizialismo, si potrebbe immaginare un qualche fossato, perlomeno nei riferimenti culturali. Ma non è detto. «Io su moltissime cose sono d’accordo con Di Pietro, per esempio è l’unico a coltivare un antiberlusconismo adamantino. Anche il cosiddetto carattere giustizialista del suo partito, in un Paese in cui il premier ha tutti i tratti dell’incompatibilità - altrove sarebbe stato persino ineleggibile - mi pare un pregio». Ci sarebbe l’ostacolo del populismo, cosa c’entra tutto questo con un comunista? «Questo rilievo lo posso anche capire, Vattimo va con l’antipolitica. Però nello stesso tempo ci è stato detto per anni che, per combattere Berlusconi, occorreva condividerne qualcuno dei tratti, o no? La verità sa qual è? Che io ho una posizione da Cln, anche nel Cln si erano messi insieme comunisti, liberali, democristiani perché avevano un compito comune: battere un fascismo; con tutte le ovvie differenze tra il fascismo e la situazione di oggi».

Sul principale partito di opposizione inutile far conto, ragiona il filosofo. «Il Pd è il realtà il Pdc, una democrazia cristiana peggiore, nessuna concorrenza con il centrodestra su leggi come il testamento biologico, totale accettazione delle pretese della Chiesa». Anche il suo compagno di studi di gioventù Umberto Eco, che il loro comune amico Edoardo Sanguineti da ragazzo sfotteva col soprannome di «cardinale», mostra sempre più insofferenza per la scarsa laicità dei democratici? «Io non parlo da un po’ di queste cose con Eco, credo che lui sia ormai un ex cattolico, anche se ha scritto un libro col cardinal Martini, e se oggi è diventato anticlericale fa solo quello che deve. Io no, sono da sempre un cristiano antipapista! Rimpiango quasi che non ci siano stati i cosacchi a San Pietro, adesso è tardi». E sulla Chiesa avrebbe una ricetta severa: «L’unico modo per salvarla sarebbe sovvertirne le attuali gerarchie. Il Papa sul preservativo ha detto delle baggianate, come posso riconoscerne poi la vocazione al dialogo? Il discorso teologico sulle leggi naturali è fatto solo per imporre quelle leggi a chi non crede». La conversazione transita sugli ultimi, inattesi baluardi di laicità. Sul Fini elogiato da Eugenio Scalfari. Vattimo osserva: «Non avrei mai pensato che Fini fosse l’ultima speranza per la sinistra. Io questo congresso del Pdl l’avevo considerato una pagliacciata, probabilmente sbagliando. Mi vergogno un po’ a dirlo, ma quando vedo uomini come Gasparri mi chiedo se appartengano all’umano, anche se so che è sbagliato, poco caritatevole e poco democratico. Però non voglio rinunciare - perciò ho scelto Di Pietro - alla differenza morale tra destra e sinistra, tra quelli di qua e quelli di là, che continuo a trovare moralmente repellenti». Ci sarebbe il problema che, è considerazione diffusa a sinistra, Di Pietro è di destra. «Ma sa, la destra fascista non esiste più; magari esistono picchiatori di destra, ma ce ne sono anche nell’estrema sinistra. Quanto alla destra conservatrice, onesta, lei l’ha sentita, al congresso del Pdl? Io no. Non ho ascoltato alcun discorso onesto, per esempio, sulla crisi. L’unico che ne ha parlato, ed è infatti il migliore tra loro, è stato Giulio Tremonti, però che vuole, poi anche lui è un amico delle banche...»

2 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Bel colpo, Tonino !"Z

Anonimo ha detto...

Una buona notizia. Avere tra i parlamentari europei una persona come Vattimo fa bene allo spirito e alla speranza delle persone oneste. Troppo "autentico" per il PD.
Antonio