mercoledì 22 aprile 2009

Avvelenati tra le mura di casa


22/4/2009
MARIO TOZZI

C’è qualche segnale positivo dal pianeta degli uomini? O anche quest’anno saremo costretti a raccontare la solita storia di deforestazioni, emissioni inquinanti, perdita di specie animali e vegetali, consumo insensato di territorio?

Da quando siamo diventati sapiens abbiamo cercato continuamente di sfuggire i pericoli del mondo naturale di cui pure eravamo e siamo figli, così ci siamo arroccati nelle città, salvo dichiararle poi inadatte per una vita sana. Il problema è che neppure nelle case, i nostri ultimi rifugi, siamo al sicuro dai mali dell’evo industriale, anzi ormai lì sembra andare anche peggio, vista la quantità di veleni e inquinanti che emanano pareti, mobili, prodotti d’uso quotidiano. E non va meglio nelle auto: si calcola che sia maggiore la quantità d’inquinanti respirati nell’abitacolo che per strada a piedi o in motorino, nonostante tutti i ricircoli forzati d’aria possibili.

L’Italia non sta meglio degli altri Paesi, anzi, ci si mettono pure le modelle a sottolineare quanto sia irrespirabile l’aria della capitale della moda. Per non parlare degli scrittori stranieri: Thomas Harris (quello della saga di Hannibal Lecter) racconta di non aver mai visto così tante automobili in vita sua come quando venne ad ambientare a Firenze una parte del suo romanzo; e Harris ha vissuto a Detroit. Le aree metropolitane diventano un inferno e nessuno dei problemi è stato risolto: molti si sono aggravati, specie nel nostro Paese. Però qualche timido passo in avanti lo possiamo registrare. Si è, per esempio, compreso che una riconversione ecologica del pianeta è improcrastinabile e che ciò comporterà alcuni cambiamenti di abitudini e una riduzione dei profitti e delle competenze degli uomini. Non è un passo da poco: finora ci siamo ritenuti padroni di un pianeta dalle risorse inesauribili e che tutti i popoli del mondo avrebbero potuto raggiungere il livello di vita dei più ricchi.

La Terra ci dice che ciò non è assolutamente possibile e che il benessere dei più ricchi è possibile solo e soltanto sulle sofferenze dei più poveri. Ci è consentito possedere una o due automobili solo perché milioni di altri uomini vanno a piedi o in bicicletta: se volessero essi stessi muoversi con un’auto, non ci sarebbe già oggi più carburante o territorio da asfaltare per tutti. In secondo luogo la nazione più potente e sprecona del mondo - quella in cui metà dell’energia elettrica si fa ancora col carbone come un secolo fa - ha cambiato decisamente strada, costituendo già un punto di riferimento per il resto del mondo. Il presidente Obama incarna la speranza sulla via di un mondo imprenditoriale, industriale e produttivo «verde» che prenderà il posto delle vecchie fuliggini petrocarbonifere che ci hanno appestato per secoli. Non sarà domani, ma sembra difficile tornare indietro, almeno per i prossimi quattro anni.

Il cambiamento climatico è salito in cima alle preoccupazioni del mondo occidentale, nonostante alcuni scettici (e l’incredibile mozione che lo nega, approvata dal Senato della Repubblica italiana), perché, per fortuna, «è finita l’epoca del negare l’esistenza del problema», esattamente quanto hanno fatto i passati amministratori statunitensi per otto anni. In questo quadro Obama dovrebbe aderire al protocollo di Kyoto e renderlo finalmente efficace, senza rinegoziarlo e senza aspettare che a fare il primo passo siano Cina e India, anzi: saranno gli Stati Unti a farlo. Ritenendo che la colpa del surriscaldamento atmosferico sia delle attività industriali, Obama intende ridurre le emissioni di gas clima-alteranti dell’80% entro il 2050 e, per cominciare, indica nelle energie rinnovabili (da noi ritenute ancora poco più che un gioco) la strada maestra. Gli Stati Uniti produrranno il 10% del fabbisogno energetico per questa via entro il 2012, creando 5 milioni di nuovi posti di lavoro e investendo 150 miliardi di dollari. Un sterzata di 180°. E per fare tutto questo Obama - che pensa globalmente e agisce localmente - parte da fatti minori, come quello di una piccola factory dell’Ohio (Cardinal Fastener & Speciality Co.) che produce, fra l’altro, turbine eoliche e ha incrementato i posti di lavoro da quando si è riconvertita dalla produzione di piattaforme di perforazione.

Nonostante la crisi economica che devasta l’ambiente peggio di prima, la sensibilità ambientale, in teoria, aumenta e, anche se la deforestazione non si arresta, diventa sempre più difficile, le aree protette aumentano e qualche specie si riesce a salvare, nonostante le aggressioni e le speculazioni. È ancora presto per dire se è l’alba di un nuovo mondo, ma qualcosa sta cambiando, come quando nell’aria dell’inverno si coglie il primo sentore di primavera. Buona giornata della Terra.

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