venerdì 17 aprile 2009

«Intervenite o crolla tutto»: ai pm il dossier segreto che annunciava il disastro


L’AQUILA — Avevano compilato le schede di valutazione, individuato le «criticità», elencato gli interventi da effettuare e persino l’entità dei fondi da stanziare. Ma quelle indicazioni fornite nel 2005 dai tecnici della Protezione civile dell’Abruzzo guidati dall’ingegner Pierluigi Caputi sono rimaste sulla carta. E le decine di edifici inseriti nella lista di rischio sono venuti giù con la scossa della notte del 6 aprile, provocando in alcuni casi anche morti e feriti. La procura dell’Aquila acquisisce il carteggio finora segreto tra Regione ed enti locali, e apre il capitolo delle responsabilità dei pubblici amministratori. Perché quelle schede consentono di individuare chi doveva intervenire e invece non ha dato seguito alle segnalazioni. Basta scorrere la lista per capire quanto dettagliate fossero state le ispezioni. E basta guardare quel che resta dei palazzi del centro storico della città per capire che cosa non abbia funzionato.

L’esempio più eclatante è quello della scuola elementare De Amicis di San Bernardino. Il grado di vulnerabilità assegnato dagli esperti era 36, il più alto. Nella tabella sui livelli di pericolo erano previste tre opzioni: danno lieve, danno severo, collasso. E così il grado di resistenza assegnato nell’ipotesi di sisma più grave era 0,099, cioè nullo. Al di là dei numeri e dei calcoli matematici la conclusione era chiara: così come era costruito, il palazzo non avrebbe potuto resistere a un terremoto di forte intensità. Esattamente quello che è avvenuto, il tetto è crollato e le mura sono pericolanti. Stesso discorso per la casa dello Studente, per la prefettura, per l’ospedale San Salvatore. Perché anche in questi casi la «vulnerabilità» era stata ben evidenziata dai tecnici, ma gli enti gestori non hanno provveduto a sanare le carenze.

Nella relazione preliminare che dovrà essere esaminata dal procuratore Alfredo Rossini e dal suo sostituto Fabio Picuti è ricostruita la storia di un disastro purtroppo annunciato. Una devastazione della quale si chiederà conto nei prossimi giorni alle imprese edili che hanno costruito i palazzi senza rispettare la normativa e a chi avrebbe dovuto vigilare perché questo fosse evitato. «Nell’anno 2001 — è scritto nel documento — il Dipartimento della Protezione civile diffondeva a tutti gli enti pubblici i risultati di una sua campagna di indagine, svolta negli anni 1997-1999 relativa a valutazioni di vulnerabilità sismica su edifici pubblici, strategici e speciali ricadenti nell’Italia Centro-meridionale ». Ed ecco il passaggio chiave: «L’analisi era posta a disposizione dei soggetti pubblici proprietari di immobili per le eventuali attività di prevenzione». È proprio a questi «soggetti» che i magistrati chiederanno conto. Ma non solo. Nel documento si rintracciano gli indizi per individuare la catena di responsabilità. Perché si specifica che «gli obblighi di messa a norma degli edifici e infrastrutture destinati ai diversi usi resta, in termini generali, in carico ai singoli soggetti proprietari, così come peraltro ribadito dall’Ordinanza della presidenza del Consiglio 3274/2003 che avviava il programma generale di messa in sicurezza in relazione alla emanazione della nuova normativa tecnica per le costruzioni in zona sismica».

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

NATURALMENTE, COME DI PRAMMATICA, NESSUN ACCENNO NEL CORSERA DEI FINANZIAMENTI COI QUALI OCCORREVA FARE LA MESSA IN SICUREZZA DEGLI EDIFICI.
MA SE HANNO ABOLITO ANCHE L'ICI:
SIAMO SERI !