lunedì 20 aprile 2009

Uno scudo di gas contro l'effetto serra


Immaginatevi una nebbia fatta da goccioline di biossido di zolfo, un composto chimico prodotto naturalmente durante le eruzioni vulcaniche. Però, una nebbia artificiale, sparsa apposta nell'alta atmosfera col proposito di ridurre il riscaldamento globale. Ebbene, questa specie di antidoto dei gas serra potrebbe far scendere rapidamente la febbre climatica della Terra. In altri termini, l'uomo, da una parte, continuerebbe a pompare nell'aria anidride carbonica a tutto spiano, attraverso centrali elettriche, fabbriche e automobili, riscaldando il pianeta; dall'altra pomperebbe biossido di zolfo spray per raffreddarlo. L'idea è di alcuni fisici dell'atmosfera, fra cui i noti premi Nobel Paul Crutzen e Thomas Schelling. In questi giorni, torna con prepotenza alla ribalta e diventa addirittura la cover story del settimanale Newsweek. Perché? Semplice, perché l'impegno a tagliare le emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra appare sempre più oneroso e i Paesi che dovrebbero attuarlo sempre più riluttanti. Stati Uniti e Cina, i due maggiori inquinatori mondiali, continuano a restare fuori dagli obblighi di Kyoto. E degli altri 40 Paesi aderenti, più della metà continua ad aumentare le emissioni, piuttosto che ridurle.

PROGETTO PINATUBO - E allora si torna a prendere in considerazione il «Progetto Pinatubo», per raffreddare il nostro pianeta. Alcuni lo chiamano così un po' per scherzo, un po' perché è stato proprio durante l'eruzione di quel vulcano filippino, nel giugno 1991, che ci si rese conto dell'efficacia del biossido di zolfo come febbrifugo planetario. In quell'occasione, infatti, il Pinatubo, assieme a lave e lapilli, scaraventò in aria 20 milioni di tonnellate di biossido di zolfo, una frazione delle quali arrivò fino alla stratosfera, fece il giro del mondo e rimase lì per mesi. Ogni minuta goccia di quel composto chimico, spiegano i fisici dell'atmosfera, si comporta come uno specchietto riflettente che rimanda indietro nello spazio una parte della radiazione solare. Risultato: nel giro di un anno dopo la grande eruzione filippina, la Terra si raffreddò di mezzo grado. Pensate che l'effetto serra umano, per aumentare le temperature di un grado, ci ha messo un secolo. «Con l'attuazione degli accordi di Kyoto per la riduzione dei gas serra, l'idea di progettare un intervento di geo-ingegneria per raffreddare il pianeta era stata abbandonata — spiega Michael Oppenheimer, climatologo di Princeton, che sta preparando un nuovo rapporto su questa opzione per conto dell'Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti —. Ma ora ricominciamo a prenderla in considerazione, per lo meno sotto il profilo speculativo». Lui non lo dice ma, in pratica, c'è chi sta pensando anche ai modi di spargere la sostanza raffreddante per mezzo di aeroplani, missili o altissime ciminiere e con investimenti centinaia di volte inferiori, almeno così si assicura, rispetto ai costi di Kyoto. Come ogni medicina, però, anche la geo-ingegneria a base di biossido di zolfo avrebbe le sue controindicazioni: distruzione assicurata dello strato di ozono con aumento dei raggi X sulla Terra; pericolo di scatenare una piccola era glaciale; e, sul fronte politico, fuga catastrofica dagli impegni di riduzione dei combustibili fossili. Gli effetti collaterali della cura sarebbero peggiori della malattia.

Franco Foresta Martin
20 aprile 2009

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