domenica 31 maggio 2009

IL DELITTO DI VIA POMA

ROBERTO ORMANNI

Si avvicina un nuovo processo per l’omicidio di via Poma. Con l’accusa di omicidio volontario aggravato il procuratore della Repubblica di Roma Giovanni Ferrara e il pm Ilaria Calò hanno chiesto il rinvio a giudizio di Raniero Busco, il fidanzato – nel 1990 – di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate in via Poma nel pomeriggio del 7 agosto di 19 anni fa. Dopo le notifiche della richiesta, nei prossimi giorni, il gup fisserà l’udienza preliminare per valutare le conclusioni dei pubblici ministeri. L'indagine era stata chiusa il 18 aprile scorso con il deposito di tutti gli atti e la facoltà per l’unico indagato di chiedere di essere interrogato o depositare memorie difensive. L’accusa poggia sull’impronta dei denti che chi ha ucciso Simonetta Cesaroni ha lasciato sul suo seno sinistro. Un morso, secondo i medici legali, che è stato dato dopo la morte della ragazza. Dunque necessariamente a mordere è stato l’assassino. L’accusa utilizzerà, inoltre, gli esami sul sangue e sulle tracce di Dna (deboli, per ammissione degli stessi periti) ritrovate su una porta dell’appartamento. Secondo gli esperti questo sangue ha rivelato “un assetto genotipico complesso in cui la componente maggioritaria è riferita alla vittima in associazione ad una componente largamente minoritaria riconducibile a materiale genetico maschile”. Questo “materiale” è “compatibile” con Busco ed è invece “incompatibile” con tutti gli altri possibili sospettati. In altre parole: se per quanto riguarda il sangue non si può escludere l’ex fidanzato ma allo stesso tempo non si può neppure esserne sicuri, più solida a parere dell’accusa è la prova del calco dentario. Che, con le nuove tecniche, è un po’ come un’impronta digitale: non ce ne sono due uguali. Raniero Busco venne iscritto nel registro degli indagati nel mese di settembre del 2007, in seguito ai nuovi accertamenti avviati sul caso, naturalmente mai archiviato, che grazie alle nuove tecnologie degli ultimi anni consentirono di individuare delle tracce di salva sul reggiseno di Simonetta Cesaroni appartenenti al fidanzato Raniero Busco. Ma questo elemento, da solo, non serve a nulla perché la saliva avrebbe potuto essere lì anche da più di un giorno, rispetto al momento della morte. E Busco, già all’indomani del delitto, disse di essersi incontrato con la fidanzata il 6 agosto. Mentre negò di averla mai vista nella giornata del 7 agosto. Oltre alla saliva l’allora procuratore aggiunto Italo Ormanni (arrivato alla Procura della Capitale nel 1994, quattro anni dopo il delitto) e i pm Roberto Cavallone e Ilaria Calò, trovarono sul lavatoio esterno all’appartamento del delitto (rimasto “sigillato” per vent’anni) due tracce che sembravano di sangue. Si sono poi rivelate inutili, ai fini delle indagini, ma utili come spunto per andare avanti in quegli accertamenti tecnici che nel 1990 erano impossibili.
L’omicidio di Simonetta Cesaroni, nata a Roma il 5 novembre 1969 da Claudio Cesaroni, impiegato dell’azienda tramviaria Acotral, morto a sua volta il 20 agosto 2005, e da Anna Di Giambattista, è diventato, negli ultimi vent’anni, materia per trasmissioni televisive, libri, storie più o meno aderenti alla realtà.
Questi i fatti come ricostruiti negli atti della procura della Repubblica di Roma.

Antefatto
La mattina del 7 agosto 1990 in via Maggi 406, nella sede della Reli Sas, Salvatore Volponi discute delle ferie con Simonetta Cesaroni. Resta come ultimo impegno il pomeriggio da passare all’A.I.A.G. per sbrigare alcune pratiche. Simonetta è d’accordo che verso le 18.20 farà uno squillo a Volponi per dirgli come procede il lavoro. Lui sarà nella tabaccheria che gestisce con la moglie alla stazione Termini. All'incirca alle ore 15.00 Simonetta esce dalla sua abitazione in via Serafini numero 6 insieme a sua sorella Paola a bordo di una Fiat 126 per recarsi alla metropolitana, fermata Subaugusta. La metropolitana di Roma impiega circa quaranta minuti nel tragitto che compie Simonetta, da Subaugusta a Lepanto. Simonetta entra dunque in ufficio circa alle 16. L’ufficio quel giorno è chiuso al pubblico. Lei usa un mazzo di chiavi che le è stato dato da Volponi per aprire il portone. Alle 17.35 l’ultima prova che Simonetta Cesaroni è ancora viva: risponde ad una telefonata di lavoro di Luigia Berrettini. Alle 18.20 ci dovrebbe essere la telefonata a Volponi per aggiornarlo sullo stato dei lavori, ma Simonetta non lo chiamerà. I familiari l’attendono a casa per le 20.00. Alle 21.30 la sorella Paola si preoccupa e cominciano le ricerche. Viene contattato Salvatore Volponi per sapere il numero di telefono degli uffici A.I.A.G. per sincerarsi che Simonetta stia bene. Volponi non conosce tale numero e a questo punto Paola Cesaroni, accompagnata dal fidanzato Antonello Barone, preleva Volponi e suo figlio dalla loro abitazione e i quattro si dirigono insieme nello stabile di via Poma numero 2. Qui, alle 23.30 circa, si faranno aprire il portone degli uffici A.I.A.G. dalla moglie del portiere e troveranno Simonetta morta.

I primi accertamenti
Arriva la polizia. Dopo le prime domande gli investigatori accertano che il 7 agosto 1990 in via Poma 2, dalle 16.00 alle 20.00 i portieri degli stabili si riuniscono nel cortile a parlare e mangiare cocomero. Riferiscono di non aver visto nessuno entrare dall’ingresso principale in quella fascia oraria. Dopo le 17.35, secondo gli inquirenti, c’è con ogni probabilità un uomo negli uffici A.I.A.G. ed è pericoloso, perché Simonetta gli sfugge, dalla stanza a destra dove lavora, fino a quella opposta a sinistra, dove verrà ritrovata. Qui viene immobilizzata a terra, qualcuno è in ginocchio sopra di lei e le preme i fianchi con le ginocchia con tanta forza che le lascerà degli ematomi. La colpisce con un oggetto, oppure le sbatte la testa violentemente a terra, ad ogni modo per via di questo trauma cranico Simonetta muore. A questo punto l’assassino prende un tagliacarte e inizia a pugnalarla a ripetizione. Saranno 29 alla fine i colpi inferti, di circa 11 centimetri ciascuno di profondità. Sei sono i colpi inferti al viso, all’altezza del sopracciglio destro, nell’occhio e poi nell’occhio sinistro. Otto lungo tutto il corpo, sul seno e sul ventre. Quattordici dal basso ventre al pube, ai lati dei genitali, sopra e sotto. Dopo l’omicidio, il killer pulisce il sangue con degli stracci, almeno così sembra. Ma quelli trovati nel bagno non rivelano tracce di sangue. Gli abiti di Simonetta, fuseaux sportivi blu e maglietta, vengono portati via assieme a molti effetti personali che non saranno mai ritrovati, tra cui un anello d’oro, un bracciale d’oro e un girocollo d’oro, mentre l’orologio le viene lasciato al polso. Lei viene lasciata nuda, con il reggiseno allacciato, ma calato verso il basso, con i seni scoperti, il top arrotolato sul collo. Non ha le mutande, porta addosso ancora i calzini bianchi corti, mentre le scarpe da ginnastica sono riposte ordinatamente vicino la porta. Le chiavi dell’ufficio che aveva in borsa vengono portate via, e saranno usate per chiudere il portone.
Sulla porta d’ingresso della stanza del delitto viene ritrovato del sangue sulla maniglia. Appartiene ad un uomo: questo è tutto ciò che la scienza al servizio della giustizia consente di dire nel 1990. Nella altre stanze non vi sono tracce di colluttazione, tutto è ordinato e non c’è alcun segno che possa far pensare che il corpo sia stato trascinato. Viene però rilevata una minima traccia di sangue anche nella stanza di Simonetta, sulla tastiera del telefono. Sempre nella stanza di Simonetta, viene rinvenuto anche un appunto, su un pezzo di carta. C’è scritto “CE” poi è disegnato un pupazzetto a forma di margherita e in basso a destra, c’è scritto “DEAD OK” (a lungo si speculerà su questo disegno e sul suo significato finchè il programma televisivo "Chi l'ha visto?" rivelerà, nell'ottobre 2008, che a fare quel disegno e a scrivere la frase CE DEAD OK fu uno degli agenti di polizia intervenuti quella notte).

L’autopsia
Simonetta Cesaroni è stata colpita da un’arma bianca da punta e taglio, con lama bitagliente, ma non dotata di azione recidente. I lati della lama sono bombati, curvi, non appuntiti, la penetrazione è avvenuta per la pressione inflitta e per la punta aguzza. Il corpo è disteso sul pavimento, capo spostato verso la destra, braccio sinistro esteso verso l’alto, braccio destro piegato leggermente, con le dita della mano flesse, ad artiglio. Rivoli di sangue scorrono verso le spalle, verosimilmente per deflusso, che testimonierebbe l’avvenuto accoltellamento quando era già stesa in terra. Alle spalle un ampio versamento di sangue ai cui bordi sono trovate impronte rosacee nastriformi. L’emivolto destro è omogeneamente bluastro, una infiltrazione ecchimotica con componente tumefattiva. Il padiglione auricolare della stessa zona del volto appare anch’esso tumefatto da ecchimosi bluastra. Il volto presenta sei ferite della stessa arma bianca, ferite curve e oblique in corrispondenza delle strutture ossee orbitali. Una ferita al collo è trasfossa, entrata e uscita. Sono otto le ferite in zona toracica e quattordici quelle in zona pubico genitale. Non risulta alcun segno di violenza sessuale. Escoriazione profonda presente sul capezzolo sinistro. Le mani sono pulite, le unghie sono lunghe, curate e intatte, niente segni di graffi dati. Non sono trovati alcol né stupefacenti nel corpo. Non viene indagata una ferita particolare, sotto ai genitali, di tipo bifida, ovvero con un’estremità, quella inferiore, doppia, a forma di Y rovescia. Non vengono analizzati eventuali ritrovamenti di saliva attorno al capezzolo sinistro, posto che la sua escoriazione sia dovuta ad un morso.

Le indagini: Pietrino Vanacore
La mattina dell’8 agosto 1990 la polizia sveglia tutti i condomini dello stabile di via Poma 2. Vengono interrogati i portieri, il caso punta verso una soluzione semplice. I quattro portieri assieme ai loro familiari sostengono di essere rimasti attorno alla vasca del cortile per tutto il pomeriggio del 7 agosto, dalle 16.00 alle 20.00. Stando a ciò che dicono nessuno è potuto entrare nella scala B senza essere notato. I poliziotti setacciano l’intero palazzo alla ricerca degli indumenti che mancano a Simonetta, ma non trovano niente. Gli investigatori ricostruiscono i fatti. Dalle testimonianze si deduce che Simonetta è sola il 7 agosto 1990. La sorella l’ha lasciata alla metropolitana, lei è andata in ufficio come programmato, nessuno è stato visto entrare nella scala B e l’ultimo contatto risale alle 17.35 per la telefonata di lavoro. Da ciò che gli psicologi della polizia hanno constatato sulla scena del delitto, l’assassino presumibilmente avrebbe tentato di violentarla, ma all’atto non è riuscito ad avere un'erezione e in questo status di frustrazione ha sfogato con colpi violenti la sua ira. Resosi conto dell’accaduto, ha tentato di pulire tutto, riordinare l’ufficio e far sparire il corpo. Qualcosa o qualcuno lo hanno interrotto. Dalle voci raccolte dalla polizia, Pietrino Vanacore non era con gli altri portieri giù nel cortile nell’orario che va dalle 17.30 alle 18.30, cioè l’orario in cui Simonetta è stata uccisa. C’è uno scontrino sospetto, Vanacore ha comprato dal ferramenta, alle 17.25 un frullino. È testimoniato che alle 22.30 Vanacore si è diretto a casa dell’anziano architetto Cesare Valle, che si trova più su dell’ufficio incriminato, per fornirgli assistenza. Cesare Valle però dichiara che il portiere è arrivato a casa sua alle 23.00. Questa mezz’ora di intervallo tra le due testimonianze porta gli investigatori a sospettare del portiere cinquantacinquenne. In un paio di suoi calzoni vengono trovate macchie di sangue. Nella scala B il pomeriggio del 7 agosto 1990 ci sono solo due persone, Cesare Valle e Simonetta Cesaroni. Nessun estraneo è stato visto entrare. Vanacore, il portiere dello stabile B, si assenta dalle 17.30 alle 18.30, orario dell'omicidio. Questa per gli inquirenti è la soluzione del caso. Pietrino Vanacore passa 26 giorni in carcere. Poi le tracce di sangue sui pantaloni risultano essere delle stesso Vanacore, che soffre di emorroidi. Inoltre viene sostenuta la tesi che chiunque abbia pulito il sangue di Simonetta deve essersi sporcato gli abiti. E poiché Vanacore ha indossato gli stessi abiti per tre giorni di fila - dal 6 agosto all'8 agosto 1990 – e non c’è traccia del sangue della ragazza, allora non può essere stato lui.

Le altre indagini: Federico Valle
Nel marzo del 1992 un austriaco di nome Roland Voller afferma di sapere chi ha ucciso Simonetta Cesaroni. Racconta che nel maggio 1990, durante una telefonata in una cabina telefonica, a causa di un’interferenza è stato messo accidentalmente in contatto con una donna anch'essa al telefono. Chiarito l’incidente, tra i due nasce un'amicizia. Lei è Giuliana Ferrara, da sposata si faceva chiamare Giuliana Valle perché è la ex moglie di Raniero Valle, il figlio dell'architetto 88enne Cesare Valle che risiede nel condominio di via Poma. Giuliana confessa a Voller di essere preoccupata poiché suo figlio Federico soffre per il divorzio e non mangia. Il 7 agosto 1990 alle 16.30 Voller e Giuliana Ferrara si parlano al telefono e lei mostra forti preoccupazioni per il figlio, che è andato a fare visita al nonno Cesare Valle in via Poma, ma non torna. La sera dello stesso giorno i due si parlano nuovamente, lei è sconvolta perché Federico è tornato sporco di sangue dappertutto e ha un taglio alla mano. Giuliana Ferrara, dopo pochi giorni, decide di interrompere le conversazioni con Voller. La testimonianza di Voller è l’unica novità e gli inquirenti indagano sul giovane Federico Valle. L’ipotesi lo vuole accecato dalla love story che suo padre avrebbe con la giovane ventenne Simonetta Cesaroni. Federico Valle si rivolge al suo legale e, proclamandosi estraneo ai fatti, dispone che venga esaminato il suo sangue. Pubblicamente Giuliana Ferrara Valle smentisce Roland Voller. Asserisce di conoscerlo, ma di non essersi mai confidata con lui e di non avergli mai parlato al telefono in data 7 agosto 1990. Intanto i test ematici scagionano Federico Valle, non è suo il sangue sulla maniglia. Tre persone gli forniscono un alibi, suo padre afferma di non conoscere Simonetta Cesaroni ed esclude una love story. Il magistrato Catalani, titolare dell’inchiesta, decide di proseguire ordinando una perizia sul corpo di Federico Valle, affinché siano individuate cicatrici o tagli che possano testimoniare la difesa di Simonetta. Viene trovata una vecchia ferita, ma persone vicine a Valle testimoniano che ce l’aveva da molti anni prima. Alcuni esperti affermano che il sangue sulla maniglia potrebbe essere una commistione del sangue di Valle e di quello di Simonetta. Entra nuovamente in scena Vanacore, stavolta nei panni del complice. L’ipotesi è che sia stato chiamato da Cesare Valle dopo l’assassinio, per pulire tutto e far sparire il corpo, in modo da proteggere il nipote e non creare uno scandalo. Il pm Catalani formalizza le accusa contro Federico Valle che però viene prosciolto facendo riferimento alla vecchia formula dell’insufficienza di prove nel giugno del 1993.

La pista del Videotel e i presunti segreti dell'Aiag
Poche settimane dopo il proscioglimento definitivo di Pietrino Vanacore e Federico Valle, avvenuto il 30 gennaio 1995, arriva in Procura, a Roma, una lettera anonima, che suggerisce di indagare sulla pista del Videotel: una chat line alla quale si poteva accedere con il computer all'inizio degli anni '90, attraverso un servizio simile all'odierno Internet. La pista, battuta per alcuni anni dagli inquirenti, suggeriva l'ipotesi che Simonetta aveva fatto uso del computer dell'ufficio di via Poma per entrare in contatto, attraverso la rete, con altri utenti. Così, casualmente, poteva aver conosciuto il suo assassino, al quale lei aveva dato un appuntamento per quel pomeriggio del 7 agosto '90. C'è chi dice anche di aver riconosciuto Simonetta in una interlocutrice del Videotel che si firmava con il nickname Veronica. Altra testimonianza afferma di un utente del Videotel che si firmava Dead (come la frase trovata scritta sul foglio accanto al computer di via Poma) e che, entrando in rete dopo il 7 agosto, affermò di aver ucciso la Cesaroni, rivelandolo a tutti gli utenti. Ma la pista si è rivelata infondata: il computer dell’ufficio di Simonetta non aveva le caratteristiche tecniche per accedere a servizi come il Videotel e la ragazza, a casa sua, non disponeva di un computer.

La nuova indagine
Nel giugno 2004 i carabinieri del Ris di Parma individuano nel lavatoio condominiale della scala b di via Poma delle tracce che sono analizzate: non è sangue e non sono collegate al delitto Cesaroni.
Nell’ottobre 2004 vengono sottoposti ad analisi il fermacapelli, l’orologio, l’ombrello, i calzini, il corpetto, il reggiseno e la borsa di Simonetta Cesaroni; in aggiunta un tagliacarte dell'ufficio (la probabile arma del delitto), il quadro e il tavolo della stanza in cui avvenne il delitto; più ancora un vetro dell’ascensore della scala b, trovato sporco di sangue nel 1990. Soltanto il corpetto e il reggiseno della Cesaroni daranno un risultato utile: un DNA di sesso maschile, sotto forma di tracce di saliva.
Nel febbraio 2005 viene prelevato il Dna a 31 persone incluse in una lista di sospettati per il delitto. Tra loro anche Raniero Busco. I Dna vengono messi a confronto con la traccia biologica repertata dal corpetto e dal reggiseno di Simonetta Cesaroni.
A gennaio 2007 su 31 sospettati, 30 soggetti vengono scartati alla prova del Dna. Le tracce di saliva trovate sul corpetto e il reggiseno di Simonetta Cesaroni (che lei indossava quando fu uccisa) corrispondono solo a Raniero Busco (la scientifica ha prelevato per sicurezza due volte il suo Dna e per due volte lo ha analizzato e confrontato. Il Dna di Busco è emerso per 6 volte su entrambi gli indumenti).
A settembre 2007 Raniero Busco viene iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio volontario.
Ad aprile 2008 Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta) dichiara ai pm che Simonetta aveva indossato indumenti intimi puliti il giorno in cui fu uccisa.
Nel luglio 2008 nella traccia di sangue trovata sulla porta dalla scientifica vengono isolati 8 alleli che coincidono con il Dna di Raniero Busco misto a quello di Simonetta Cesaroni (per 8 volte, dunque, emerge un profilo biologico che in modo compatibile coincide con il corredo genetico di Busco misto a quello di Simonetta). Ma la coincidenza è pari al 60-70 per cento: troppo poco perché la traccia biologica possa essere attribuita inequivocabilmente ad un solo soggetto.
A dicembre 2008 viene prelevata l’impronta dell’arcata dentaria di Raniero Busco, al fine di confrontarla (attraverso le foto autoptiche del 1990) con un segno a “V” riscontrato sul capezzolo del seno sinistro di Simonetta Cesaroni durante l’autopsia (scaturito da due profonde escoriazioni). segno prodotto da un morso che l’assassino dette sul capezzolo della Cesaroni. Secondo gli esperti, il segno a “V” indicherebbe una forma particolare degli incisivi inferiori dell’assassino. L’analisi sull’arcata dentaria di busco si integra con l’individuazione del suo Dna sul corpetto e il reggiseno di Simonetta Cesaroni, in particolar modo in corrispondenza del punto del corpo della vittima aggredito dal morso (tra un lembo di reggiseno e il capezzolo del seno sinistro).
Ad aprile 2009 la nuova indagine sul delitto di via poma si conclude. I pm depositano gli atti dell'inchiesta.

Gli altri indizi
Su Raniero Busco emergono anche delle lacune sull'alibi per il primo pomeriggio del 7 agosto '90: lui affermò, già nel '90, di aver trascorso le ore del delitto assieme ad un suo amico, al quale stava riparando il motorino in una piccola officina sotto casa sua. Chiamato a dare la sua versione dei fatti, l'amico di Busco lo smentisce: il pomeriggio del 7 agosto '90 non era nell'officina vicino casa Busco per la riparazione del motorino. Si trovava in una casa di cura per anziani a Frosinone, perché era deceduta una sua zia. Il teste mostra anche il certificato di morte della sua parente che dimostra la verità del fatto. Quel giorno incontrò Busco solo tra le 19.30 e le 19.45, al suo rientro a Roma da Frosinone. Viene presa nuovamente in considerazione anche una testimonianza, già rilasciata negli anni '90 da Giuseppa De Luca, la moglie del portiere Pietrino Vanacore, che raccontò alla polizia di aver visto uscire dalla scala B di via Poma, la sera del 7 agosto '90 alle ore 18, un giovane con un fagotto sul lato sinistro. Procedeva verso l'uscita del palazzo a testa bassa, era alto sul metro e 80 e indossava un pantalone grigio scuro, una camicia verde scuro e un cappello con la visiera. La De Luca disse che questa persona (da lei vista da 10 metri di distanza) le sembrò essere il ragionier Fabio Forza, un inquilino del palazzo. Che si trattasse del ragionier Forza è impossibile: il 7 agosto '90 Forza era in vacanza in Turchia. Ma la sentenza che ha assolto Vanacore ha stabilito che il racconto della De Luca ha un suo fondo di verità, e che i due coniugi Vanacore non avevano motivo di mentire per eventuali depistaggi. Dunque è probabile che la persona vista dalla moglie del portiere quella sera semplicemente somigliasse al ragionere Forza. All'epoca Raniero Busco somigliava a Forza.

La seconda archiviazione su Pietrino Vanacore
Il 26 maggio 2009 una nuova indagine a carico di Pietrino Vancora viene archiviata. I pm avevano infatti supposto che qualcuno poteva essersi introdotto nell'appartamento del delitto (ad omicidio già avvenuto), inquinando inconsapevolmente la scena del crimine. I magistrati avevano aperto quindi un nuovo fascicolo su Vanacore, e il 20 ottobre 2008 avevano disposto una perquisizione domiciliare nella sua casa pugliese di Monacizzo, in provincia di Taranto. Ma non è stato trovato nulla e l’indagine è stata chiusa.

Via Poma sei anni prima
Nel 1984 nello stabile era stata trovata morta Renata Moscatelli, un’anziana donna benestante, soffocata con un cuscino sul viso. Non fu mai trovato alcun segno di scasso e l’inchiesta che seguì al suo omicidio, non riuscì mai ad accertare chi l’avesse uccisa.


Roberto Ormanni

45 commenti:

Igor Patruno ha detto...

ci sono un po' di inesattezze in quello che riporti (citando per intero l'articolo di Ormanni) sull'omicidio di via Poma. Non entro nei particolari perché sarebbe troppo lungo e non voglio intasare di chiacchiere il tuo blog! Ti segnalo il mio sito, dove ho raccolto molto materiale in una apposita sezione dedicata all'omicidio, dove se ti va puoi farti una idea...
http://www.igorpatruno.it/1/l_omicidio_di_via_poma_544347.html

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Giro le tue osservazioni al dr. Roberto Ormanni.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ti ho aggiunto all'elenco dei blog che seguo.

robor ha detto...

Il materiale - e soprattutto le riflessioni e gli interrogativi - raccolti dal collega Igor Patruno sul suo blog in riferimento all'omicidio Cesroni è utile per capire che nell'articolo non ci sono in realtà "inesattezze", ma semplicemente, limitandosi a raccontare i dubbi degli inquirenti in forza dei quali ritengono necessario un nuovo giudizio, mancano per l'appunto quegli interrogativi ai quali un nuovo giudizio dovrbbe dare risposta. Quale che sia.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

QUESTO SCAMBIO DI OPINIONI FRA ORMANNI E IGOR PATRUNO MI COMPENSA DA SOLO DELLE FATICHE PER TENERE ATTIVO E AGGIORNATO QUESTO BLOG.

Igor Patruno ha detto...

Intanto Luigi (mi permetto di darti del tu come si usa tra blogger) grazie davvero per aver "provocato" questo scambio di opinioni. Innanzi tutto credo che il materiale utilizzato da Ormanni per l'articolo, sia pure formalmente corretto. rappresenti solo il punto di vista della Procura - come del resto lui stesso ammette. Le "inesattezze" cui mi riferivo, se così vogliamo chiamarle, riguardano proprio questo aspetto. Sono i PM a sostenere ad esempio che la deposizione della signora Giuseppa De Luca (moglie di Vanacore) a proposito del misterioso personaggio visto uscire da via Poma, sia da considerarsi attendibile e non una sentenza, che si limita a respingere la richiesta di rinvio a giudizio avanzata a suo tempo da Catalani. C'è, invece una inesattezza vera a proposito dell'alibi di Busco. Cosa affermò Busco all'epoca non è dato sapere per il semplice fatto che ne Catalani, ne la Mobile di Roma sentirono la necessità di verbalizzare la sua deposizione. A detta di chi lo interrogò - da me sentito personalmente - ci si limitò a verificare l'alibi, ma non si scrisse nulla, o meglio si scrisse l'essenziale. Ne consegue che non si può affermare che già all'epoca Busco mise a verbale di aver incontrato il suo amico. La mia impressione è che si sia confuso... dopo 17 anni (tanti ne erano trascorsi dall'evento tragico) può capitare. Tra l'altro Busco chiese proprio il confronto con le deposizioni di allora, prwmwttwndo di non ricordarsi. Se fosse lui l'assassino si sarebbe preparato meglio... o no?
Comunque mi fermo qui... ancora grazie!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

IO RINGRAZIO TE PER L'ATTENZIONE E ... CERTO CHE MI PUOI DARE DEL TU, CI MANCHEREBBE.
CON ROBOR CI SONO SENTIMENTI DI STIMA (BONTA' SUA) ED AMICIZIA DEI QUALI MI ONORO.
MI SPIACE SOLO NON POTER FARE ALTRO CHE ESSERE PARTECIPE DEL VOSTRO SCAMBIO DI OPINIONI, STANTE LA MIA ATTUALE POSIZIONE DI PENSIONATO E IERI DI DIRETTORE DI CARCERE.
AGGIUNGO E CONCLUDO CHE SCRIVO USANDO LO STAMPATELLO PER MOTIVI CONNESSI ALL'ETA' NON PIU' VERDISSIMA.
GRAZIE A TE E A ROBERTO.

phranziska ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CHIEDERO' UN COMMENTO ANCHE A ROBERTO ORMANNI.

phranziska ha detto...

Tenuto conto che Raniero Busco è da oggi in attesa di giudizio penale per l'omicidio di Simonetta Cesaroni e che quindi discutere - con i dovuti modi - sul caso e sulla sua responsabilità (ovviamente non provata - per essere giuridicamente corretti - visti i tre gradi di giudizio ma insomma...) è del tutto lecito, mi permetto di riportare qui, a gentile richiesta, quella che è la mia ipotesi di movente....del quale non tratta nessuno, ritenendolo addirittura...inesistente, e invece no:

Raniero a quanto si racconta è un ragazzo di borgata, non particolarmente acculturato, legato probabilmente a dei "codici" cultural-antropologici che vedevano ancora il maschio dominante e decisorio nei confronti delle femmine...
Ha carattere chiuso, controllato, non esprime facilmente la sua emotività e i suoi sentimenti.
Tant'è che intervistato dopo i fatti minimizzava il suo rapporto con Simonetta raccontandolo come...sbilanciato: lei che era molto innamorata e lui che sì, le voleva bene ma niente di che...
(ultimamente, forse dietro sollecitazioni, ha invece descritto il loro rapporto quasi idilliaco).
Ma farei anche notare che nell'intervista Raniero si contraddice: all'inizio dice che lei era molto innamorata - e lui invece le voleva bene e basta - e che, sempre Simonetta, avrebbe voluto...concretizzare il loro rapporto...poi cambia registro e dice che lei...naaaa...assolutamente noin voleva parlare di matrimonio, giammai!
Nell'anno precedente alla morte di Simonetta, risulterebbe che Raniero l'avesse lasciata per un sei mesi...per poi ripensarci e tornare con lei.
Ora...poichè nessuno lo obbligava a ripensarci (se non - forse - le sollecitazioni, la sofferenza e le recriminazioni di lei...) non è chiaro perchè mai abbia voluto ritornare sui suoi passi.
Bene, nell'estate del '90 Simonetta (lo riferiscono in parecchi) pare forse stanca del comportamento...incerto di Raniero. Pare anche avesse conosciuto un ragazzo (identificabile come quello di Tor San Lorenzo) e forse anche un altro, proprietario di una Golf Grigia - a meno che non siano sempre la stessa persona.
Quel che io ipotizzo è che lei, a luglio '90, abbia deciso di lasciare Raniero, probabilmente queste nuove conoscenze le avevano dato l'input di troncare quel rapporto con Raniero ormai considerato senza sbocchi per riprovarci con questo nuovo ragazzo che le piaceva.
Credo che Raniero abbia preso malissimo il fatto di essere lasciato.
Ma come? Simonetta si "permetteva" di lasciarlo? Lui che l'anno prima l'aveva lasciata e solo per il tampinare e il piagnucolare di lei se l'era...ripresa...adesso veniva mollato?????
Mai sia! Era un offesa da lavare col sangue (sic!) il suo amor proprio non l'ha sopportato, (ma come, io t'avevo mollata t'avevo...poi so' tornato perchè piagnevi, m'hai fatto pena...e mo' pensi di potermi mollare tu???)è andato in bestia, gliel'ha contestato rabbiosamente e alla fine la cosa gli è sfuggita di mano probabilmente è andata oltre le sue intenzioni...ed è finita come è finita.
Pare che nel periodo precedente all'omicidio Simonetta avesse ricevuto telefonate anonime strane e poffensive, a che addirittura qualcuno la bucato le gomme dell'auto. Non ci vedo niente di particolarmente difficile da codificare...mi pare semplicemente stalking da parte dell'ex che anticipava il peggio:
Lui certamente sapeva dove lei andava in certi pomeriggi, in famiglia non stai a dare numeri di telefono etc, tanto ti possono rintracciare tramite al Reli, ma al ragazzo lo dici, probabilmente lui era andato a prenderla qualche volta, oppure a "curarla".
Raniero ci è andato, probabilmente, solo per sfogare la sua rabbia incandescente, per recriminare, per...menarla.
La cosa è andata oltre forse per un caso fortuito, lei colpita alla testa è caduta ed è morta e lui...mah, io sul seguito ho ancora tanti e tanti dubbi, non escludo quasi nessuna ipotesi, tutto mi sembra impossibile, tutto può essere.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ciao Colas (o dovrei dire Igor?), sono andato sul tuo sito e ho visto che Marco (un commento del 20.10.200) sembra avere certezze granitiche, il che non è bene.
Non commento lì, ma nemmeno qui, perchè non potrei fare un commento qualificato.
Sai, avevo dimenticato che Colas e Igor sono la stessa persona, per cui in un altro post si è sviluppato un dialogo piuttosto surreale fra noi, dovuto al fatto che non mettevi in chiaro la tua faccia.
Segni spiacevoli di vecchiaia i miei, un tempo, quando facevo il direttore di carcere, avevo una memoria ferrea, per nomi e volti.
Però ho visto le tue sembianze, tu e Roberto avete in comune ssicuramente la 'pelata'.
Nella sezione del tuo sito dedicata specificamente al delitto di via Poma, ritagli gli articoli di stampa sul delitto e li pubblichi scannerizzati, il che mi rende la vita complicata, per via dell'affievolimento della vista.
Adesso mi aspetto un tuo commento qui, nel mio blog, Raniero Busco oggi è stato rinviato a giudizio.
Diana, ho letto e riletto il tuo commento e vorrei dirti che la tua ipotesi degrada il delitto a omicidio preterintenzionale, ipotesi che però a mio giudizio non regge perchè se è vero che la situazione gli è sfuggita di mano è anche vero che quella mano era armata di coltello e ha inferto tante collellate (il P.M. contesta l'aggravante della crudeltà) e addirittura sono stati rinvenuti i segni di un morso sul seno della Simonetta, forse post mortem.
A mio giudizio non è nemmeno formulabile una ipotesi di omicidio volontario non premeditato, perchè di norma le persone per bene non portano in tasca un coltello.
Però la tua ipotesi è molto suggestiva, non lo nego.

phranziska ha detto...

Tenuto conto che Raniero Busco è da oggi in attesa di giudizio penale per l'omicidio di Simonetta Cesaroni e che quindi discutere - con i dovuti modi - sul caso e sulla sua responsabilità (ovviamente non provata - per essere giuridicamente corretti - visti i possibili tre gradi di giudizio ma insomma...) è del tutto lecito, mi permetto di riportare qui, a gentile richiesta, quella che è la mia ipotesi di movente....del quale non tratta nessuno, ritenendolo addirittura...inesistente, e invece non mi pare sia difficile arrivarci:

Raniero a quanto si racconta è un ragazzo di borgata, non particolarmente acculturato, legato probabilmente a dei "codici" cultural-antropologici che vedevano ancora il maschio dominante e decisorio nei confronti delle femmine...
Ha carattere chiuso, controllato, non esprime facilmente la sua emotività e i suoi sentimenti.
Tant'è che intervistato dopo i fatti minimizzava il suo rapporto con Simonetta raccontandolo come...sbilanciato: lei che era molto innamorata e lui che sì, le voleva bene ma niente di che...(ultimamente, forse dietro sollecitazioni, ha invece descritto il loro rapporto quasi idilliaco).
Ma farei anche notare che nell'intervista Raniero si contraddice: all'inizio racconta che lei era molto innamorata - mentre lui "le voleva bene" e basta - e che, sempre Simonetta, avrebbe voluto...concretizzare il loro rapporto...poi cambia registro e dice che lei...naaaa...assolutamente non voleva sentir parlare di matrimonio, giammai!
Nell'anno precedente alla morte di Simonetta, risulterebbe che Raniero l'avesse lasciata per un sei mesi...per poi ripensarci e tornare con lei.
Ora...poichè nessuno lo obbligava a ripensarci (se non - forse - le sollecitazioni, la sofferenza e le recriminazioni di lei...) non è chiaro perchè mai sia ritornato sui suoi passi.
Bene, nell'estate del '90 Simonetta (lo riferiscono in parecchi) pare fosse stanca del comportamento...incerto di Raniero. Pare anche avesse conosciuto un ragazzo (identificabile come quello di Tor San Lorenzo) e forse anche un altro (il proprietario della Golf Grigia) ammesso che non siano la stessa persona.
Quel che io ipotizzo è che Simonetta, a luglio '90, abbia deciso di lasciare Raniero, queste nuove conoscenze debbono averle dato l'input di troncare quel rapporto con Raniero. ormai considerato senza sbocchi, per riprovarci con questo nuovo ragazzo che le piaceva.
Credo che Raniero abbia preso malissimo il fatto di essere lasciato:
ma come? Simonetta si "permetteva" di lasciarlo? Lui che l'anno prima l'aveva lasciata e solo per il tampinare e il piagnucolare di lei se l'era...ripresa...adesso veniva mollato?????
Mai sia! Era un offesa da lavare col sangue (sic!) il suo amor proprio non l'ha sopportatoè andato in bestia, gliel'ha contestato rabbiosamente e alla fine la cosa gli è sfuggita di mano, probabilmente è andata oltre le sue intenzioni...ed è finita come è finita.
Forse il semplice fatto di essere lasciato se non ci fosse stato l'antefatto del suo tornare da lei dopo i sei mesi...sabbatici non avrebbe provocato questo trascendere.
Pare che nel periodo precedente all'omicidio Simonetta avesse ricevuto telefonate anonime strane e offensive, e che addirittura qualcuno le avesse bucato le gomme dell'auto. Non ci vedo niente di particolarmente difficile da decodificare...mi pare semplicemente stalking da parte dell'ex che anticipava il peggio:
lui certamente sapeva dove lei lavorava in alcuni pomeriggi, in famiglia non stai a dare numeri di telefono etc, potevano rintracciarla tramite la Reli, ma al ragazzo lo dici, probabilmente lui era andato a prenderla qualche volta, o anche a "curarla/spiarla".
Raniero quel pomeriggio ci è andato, probabilmente, solo per sfogare la sua rabbia incandescente, per recriminare, per...menarla.
La cosa è andata oltre forse per un caso fortuito, lei colpita alla testa è caduta ed è morta e lui...mah, io sul seguito ho ancora tanti e tanti dubbi, non escludo quasi nessuna ipotesi, tutto mi sembra impossibile, tutto però può essere.

phranziska ha detto...

Luigi davvero non so cosa possa essere successo "dopo" che Simonetta è caduta perdendo...la vita.
Sono convinta della colpevolezza di Raniero, il dopo mi lascia comunque abbastanza incertezze.
Ma anche - ammesso e non concesso che sia possibile questo pezzo di ipotesi - il solo fatto che lui potesse scappare, senza neanche verificare lo stato di lei vale per me quale "aggravante crudeltà".
Se invece è stato lui a dare i 29 colpi di tagliacarte, doveva essere talmente irrefrenabile la tensione rabbiosa che aveva addosso che i colpi gli sono serviti da...sfogo.

un saluto all'amico colas col quale ho qualche incontro/scontro su un certo forum ma che apprezzo tout-court...e lo sa.

Francy274 ha detto...

Non volevo commentare ma continuare a leggere standomene in silenzio, non ci riesco, scusatemi.
La morte crudele di questa ragazza mi ha toccata già dal 1990, il fatto che non si è riuscito a trovare il colpevole mi ha sempre fatto rabbia. Ora si profila un probabile colpevole e ciò che leggo è l'ennesimo profilo psicologico di colui che forse è responsabile, quasi a volerlo giustificare spiegando le ragioni del suo terrificante gesto. Non riuscirò mai a capire il perchè in Italia si tiene tanto conto delle motivazioni che spingono un assassino a privare della vita una persona e mai dell'atrocità di una vita stroncata.
Mi trovi d'accordo Luigi, chi ha ucciso questa ragazza lo ha fatto premeditatamente e con determinazione,tanto da infierire su Lei anche dopo la morte. Ignorante o erudito non ha giustificazioni di sorta. A Simonetta nessuno mai sconterà la pena in quella tomba!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

L'HO DETTO E LO RIPETO, NON CONOSCO AFFATTO LA VICENDA, TANT'E' PENSAVO FOSSE STATO USATO UN COLTELLO E TU SCRIVI TAGLIACARTE.
L'AGGRAVANTE DELLA CRUDELTA', VEROSIMILMENTE, STA NEL NUMERO DI COLTELLATE INFERTE, 29 PER L'ESATTEZZA, COME TU SCRIVI.
POI E' FUGGITO VIA E LA RAGAZZA ERA GIA' MORTA, CREDO.
ALTRO NON SO DIRE.
ANCH'IO CONOSCO IL SITO DI COLAS ALIAS IGOR.
CIAO.

Igor Patruno ha detto...

caro Luigi, come ti ho scritto a proposito di "colas" ci tengo - almeno sul blog "vitaliquida" a lasciare che sia colas a firmare le cose che scrivo!
Detto questo ti annuncio che interverrò presto sul caso di via Poma anche qui sul tuo blog. Sono un "innocentista" non posso negarlo... (almeno sul caso in oggetto) e poi come tutti sanno si potrà dire che Busco è colpevole quando sarà condannato definitivamente. Per il momento resta un imputato in attesa di giudizio.
Questo non vuol dire che non si possano fare ipotesi... o che non se ne possa discutere. In qualche modo, assieme ad altri amici, ne vado discutendo ormai da oltre due anni.
Ci sentiamo (anzi ci leggiamo) presto. Nel frattempo ti ringrazio per la chiamata in causa...

Colas (ovvero Igor)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

NON CAPISCO. IO MI SONO LIMITATO AD OSSERVARE CHE MI ERO COMPLETAMENTE DIMENTICATO CHE SU QUESTO POST TU COLAS DAVI A ME INDICAZIONI DI ANDARE A GUARDARE IL SITO DI IGOR PATRUNO.
SE VAI A GUARDARE IL COMMENTO DI ROBOR, ALIAS ROBERTO ORMANNI, AUTORE DELL'ARTICOLO, EGLI STESSO RISPONDE NON A COLAS CHE HA FATTO IL COMMENTO MA A IGOR PATRUNO.
INFINE, IO NON DETTO LEGGE NEMMENO IN CASA MIA, FIGURIAMOCI A CASA DEGLI ALTRI.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

"Il rinvio a giudizio di Raniero Busco per l'omicidio di Simonetta Cesaroni conferma, in sostanza, che quelle "inesattezze" nella ricostruzione degli inquirenti non appaiono, almeno per il momento, tali o comunque sufficienti, per un giudice dell'udienza preliminare, a decretare il proscioglimento.
Questo dato, che è tale, va letto nella sua giusta ottica, ora che è ancora possibile farlo prima che Porta a Porta, Matrix, criminologi-criminali, anchor men a domicilio o porta a porta comincino lo show.
E la giusta ottica, a mio parere, è che piaccia o no il gup è un giudice terzo (conosco la storia dell'influenza perniciosa che ha su di lui il pm, del fatto che sono anche loro, pm e gip-gup, porta a porta e che secondo alcuni autorevoli pareri - ma comunque di imputati ancorché presidenti del consiglio - anche i pm dovrebbero essere costretti a fare come gli avvocati ed entrare dal gip con il cappello in mano chiedendo scusa. Sebbene tuttavia mi risulti di avvocati, anch'essi autorevoli e amici di personaggi autorevoli ancor di più, che da qualche gip entravano non con il cappello ma con le mazzette di banconote in mano).
In quanto giudice anche il gup è tenuto, nel dubbio, a prosciogliere non a mandare a giudizio. Dunque, a meno di non voler sostenere che quel gup non rispetta la legge, dubbi non ne ha avuti.
La tesi secondo la quale se l'ex fidanzato fosse l'assassino davvero, si sarebbe "preparato meglio i suoi alibi" è suggestiva ma di per sé - fermo restando che Busco dovrà essere giudicato da una corte d'assise e ogni valutazione che va al di là delle ipotesi è al momento prematura - non vuol dire nulla. Se tutti i colpevoli si preparassero bene proprio perché tali, non avremmo mai sentenze di condanna (anche qui: a meno di non voler sostenere, come vorrebbe qualcuno molto autorevole, che la giustizia ha sempre ragione quando (lo) assolve e sempre torto quando (lo) condanna).
In ogni caso, e sempre a mio parere, la nuova indagine, sia come sia, contiene interrogativi sufficienti ad essere sottoposti all'attenzione di una giuria.
Se poi, fuori dai denti, vuoi sapere - e posso dire - la mia idea personale: l'assoluzione è garantita. Non per l'inconsistenza degli elementi d'accusa, ma perché il nostro sistema giudiziario non funziona (soprattutto) quando i casi sono controversi. La sentenza fila liscia solo quando si tratta di rapine filmate dalle telecamere di sorveglianza, omicidi confessati, furti in flagrante. Per tutto il resto, e per una serie di ragioni processuali e sociologiche, l'incertezza del diritto ha ormai pienamente sostituito la tanto proverbiale quanto utopistica certezza.
Per finire, varrebbe la pena di far presente alla mamma della povera Simonetta, che oggi inveisce contro gli inquirenti chiedendosi perché ci hanno messo tanto, che anzitutto il fatto che si sia arrivati ad un rinvio a giudizio non significa che si sia arrivati al colpevole (questo è quanto garantisce il nostro sistema giudiziario a dispetto delle semplificazioni mediatiche da cortile), in secondo luogo non ci hanno messo tanto, hanno semplicemente approfittato della tecnologia investigativa evolutasi in vent'anni per riesaminare un caso che altrimenti sarebbe rimasto chiuso e irrisolto. Peraltro, niente e nessuno li obbligava a farlo. E' stato fatto solo per amore di giustizia e passione per il proprio lavoro. Ecco perché anche la tesi secondo la quale "si vuole un colpevole a tutti i costi" non regge: se la procura di Roma avesse conservato nell'oblio il fascicolo, invece di riportarlo alla luce e riaprirlo anni dopo, nessuno, in sostanza, avrebbe protestato. Così come nessuno protesta per tanti omicidi rimasti irrisolti.
Roberto Ormanni"

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

PER IL LETTORE DISTRATTO, L'ULTIMO COMMENTO A FIRMA ROBERTO ORMANNI L'HO POSTATO IO PER TIMORE DI SPAZIO INSUFFICIENTE.
IL VISO NEL RIQUADRO E' MIO.

Francy274 ha detto...

Il teatro degli orrori, questo è diventata l'Italia. Dice bene Ormanni che ci sono tanti omicidi irrisolti per cui nessuno protesta, solo madri che urlano vendetta ma hanno reso le loro voci mute per chiudere in sordina questi macabri capitoli gestiti dalla legge del dubbio certo.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

LA LEGGE DEL "DUBBIO CERTO"! UN OSSIMORO PERFETTO

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

DICE ANCORA ROBERTO ORMANNI:"Per quello che mi riguarda, a proposito dell'ultimo commento di Colas, non sono nè innocentista nè colpevolista: credo che i processi siano qualcosa di diverso dalle formazioni delle squadre di calcio che si possono commentare al bar fingendo di essere dei tecnici. Mi limito a raccontare cosa succede, man mano che accade, cercando di aiutare i lettori a capire cosa è successo. Se Busco dovesse essere condannato spiegherò perché. Se dovesse essere assolto spiegherò perché. Ora mi limito a spiegare perché è stato rinviato a giudizio."

Francy274 ha detto...

Questo si chiama Giornalismo.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

ALTROCHE'!

phranziska ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
phranziska ha detto...

Uscendo, almeno mementaneamente, dal fatto di chi è colpevole di cosa (anche se le mie idee, giuste o sbagliate che siano, sono piuttosto precise e niente affatto pessimiste, ma tant'è...sono una comune cittadina che si arroga semplicemente il diritto di pensare ai fatti che succedono) mi chiedevo se vi sembrano all'altezza del compito gli avvocati della difesa e della parte civile.
mi riferisco in special modo a quello che - a meno di cambiamenti - si è assunto la difesa di Busco, che forse è quello che più potrebbe incidere.
magari mi sbaglio ma mi pare che la parte civile assuma una funzione un pochino più defilata, essendoci la figura del PM che - per l'accusa porta avanti il grosso del lavoro.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

FRANCAMENTE (MI RIFERISCO ALL'ULTIMO COMMENTO) NON HO CAPITO BENE IL TUO PENSIERO.
MI SPIEGO: NON HO CAPITO SE TU INTENDI GLI AVVOCATI DELLA DIFESA E DELLA PARTE CIVILE IN GENERALE O NEL CASO SPECIFICO.
DO' PER ACQUISITO CHE TU, CERTAMENTE LIBERA DI FORMARTI UNA OPINIONE SUL DELITTO E IL SUO PRESUNTO AUTORE COME ME E COME QUALSIASI CITTADINO COMUNE, PARLI IN GENERALE.
DEVO PREMETTERE CHE IL GIORNALISTA VERO, CHE FA TRA L'ALTRO ANCHE O ESCLUSIVAMENTE CRONACA GIUDIZIARIA, HA UN DOVERE DI OBIETTIVITA' SE NON ADDIRITTURA DI DISTACCO NEI CONFRONTI DEI FATTI, DAI QUALI NON DEVE FARSI COINVOLGERE IN NESSUN MODO PROPRIO PERCHE' FA LA CRONACA E NON IL TIFO.
PER NOI E' DIVERSO.
CIRCA IL RUOLO DI DIFESA E PARTE CIVILE IL DISCORSO E' DELICATO, PERCHE' E' LEGATO ALLA FORZA ECONOMICA DI ENTRAMBI, IMPUTATO E PERSONA OFFESA DAL REATO.
CHI HA SOLDI SI PUO' PERMETTERE UN COLLEGIO DIFENSIVO PRESTIGIOSO, CHI NON CE LI HA SI ATTACCA.
QUINDI C'E' QUESTA INEVITABILE E ODIOSA DISCRASIA.
VI SONO IMPUTATI E PARTI LESE DI SERIE A E DI SERIE B.
VERO E' CHE LA PARTE LESA SI APPOGGIA ALLA PUBBLICA ACCUSA, MA E' ALTRETTANTO VERO CHE NON SEMPRE LA STESSA E' ALL'ALTEZZA DEL COMPITO.
IN QUESTO CASO IL COLLEGIO DIFENSIVO PRESTIGIOSO FA LA DIFFERENZA.
IL P.M. E' QUELLO CHE HA MEZZI (ALMENO FINO A IERI, OGGI UN PO' MENO E VA SEMPRE PEGGIO) PAGATI DALLO STATO E STRUMENTI DI INDAGINE (STESSO DISCORSO) FORINITI DALLA LEGGE, QUINDI VI E' UNA APPARENTE CONDIZIONE DI PARITA', TESTIMONIATA VISIVAMENTE CHE ADESSO IL P.M., A DIFFERENZA DEL PASSATO, SIEDE NEI BANCHI DESTINATI UN TEMPO SOLO ALLA DIFESA E ALLA PARTE CIVILE, MA IL PAREGGIO NON MI PARE DEL TUTTO COMPIUTO.
IL P.M. HA SEMPRE L'OBBLIGO DI COMUNICARE AL TRIBUNALE GLI ELEMENTI CHE DISCOLPINO L'IMPUTATO, MA ANCHE QUI SI TRATTA DI UNA REGOLA PIUTTOSTO EVANESCENTE, MENTRE DIFESA E PARTE CIVILE ADESSO POSSONO SVOLGERE INDAGINI TRAMITE I LORO LEGALI, CHE SI POSSONO AVVALERE DI UFFICI DI INVESTIGAZIONE PRIVATI, MA E' SEMPRE UNA QUESTIONE DI SOLDI, CHI NON CE LI HA SI ATTACCA.

Francy274 ha detto...

Vero, vero Luigi... in questo caso la parte lesa è gente che non ha grande disponibilità di denaro. Poveri Genitori di Simonetta, mi si stringe il cuore.

phranziska ha detto...

Luigi, parlavo più che altro del caso specifico anche se in fondo sono domande che mi pongo spesso quando mi capita di vedere qualche fase di un processo penale:
Hai spiegato davvero benissimo le varie problematiche, è molto interessante e rassicurante sentirne parlare da un addetto ai lavori, e sono più che d'accordo su quello che hai scritto.
Nel caso specifico mi riferivo alla due parti in questo senso:
l'avvocato Molinaro, parte civile, non sembrerebbe essere convinto del tutto della colpevolezza di Busco, e mi pare lo faccia capire.
Ammesso e con concesso che così fosse questo fatto come e dove è incidente?
Nel senso...basta che siano contenti i costituentisi parte civile e tutto va bene? Oppure è diverso e in che modo?
Spero comunque che i PM in questo caso siano sufficientemente all'altezza del compito e quindi, se così fosse, la parte civile avrà appunto un ruolo abbastanza defilato, salvo sorprese.
Per l'altra parte, la difesa, sempre parlando di questo caso sono ovviamente convinta che la differenza la farebbero i soldi e il collegio difensivo competente e agguerrito (non alla Taormina però...aiuto!). Insomma, nonostante io pensi che Busco sia colpevole, mi sconforta comunque un po'l'idea che non pare avere grosse possibilità economiche...e penso alla famiglia che non ha alcuna responsabilità e che invece si troverà...inguaiata anche magari economicamente.
Spero di essermi spiegata meglio

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CREDO CHE NEMMENO RANIERO BUSCO SIA UN BENESTANTE.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TI SEI SPIEGATA ALLA PERFEZIONE.

phranziska ha detto...

ciao Luigi, quando avrai tempo (e voglia) potresti spiegarmi come vengono affidati (in ambito penale)i casi giudiziari ai PM?
scelta del procuratore capo? estrazione a sorte? preferenze del pm?
e anche...un pm che solitamente si occupa di reati finanziari etc, potrebbe vedersi affibbiato un caso di omicidio?

allarga pure, se credi, l'ambito poichè mi interessa abbastanza conoscere un po' di più circa le modalità di funzionamento della giustizia.

grazie!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non sono in grado di darti una risposta esaustiva, allora ho chiesto lumi a Roberto Ormanni.
Ecco le sue spiegazioni:
" l'assegnazione dei casi (come li chiamano i telefilm americani; dei fascicoli, o al massimo delle "notitiae criminis", come li chiamiano negli uffici giudiziari italiani in modo molto meno suggestivo), è cambiata nel corso degli anni.
Fino al 1986, anno in cui venne parzialmente riformato l'ordinamento giudiziario (ossia quell'insieme di norme che regolano il funzionamento della magistratura), i casi - sia che provenissero da rapporti della polizia giudiziaria (ossia da resoconti di polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, capitaneria di porto, corpo forestale dello Stato: tutte "polizie" che in Italia hanno la qualifica di polizia giudiziaria, ossia di un corpo militare o civile che può accertare reati - delitti e contravvenzioni - e procedere direttamente ad eventuali arresti e riferire direttamente alla magistratura. A questo proposito la legge prevede che nei comuni dove non ci sia nessuna di queste polizie l'autorità di polizia giudiziaria - PG - è addirittura anche il sindaco che dunque potrebbe arrestare qualcuno), sia che fossero aperti direttamente dai pubblici ministeri, confluivano tutti in un ufficio della procura della Repubblica che si chiamava Ufficio Denunce. Qui due, tre o quattro magistrati, direttamente delegati dal procuratore capo e scelti tra quelli ritenuti a suo insindacabile giudizio più capaci, o tra i più anziani, provvedevano ad assegnare i vari fascicoli ai diversi colleghi, o anche a se stessi. I colleghi, a loro volta, erano divisi per sezioni: reati finanziari, reati contro la pubblica amministrazione, reati contro la persona, reati contro il patrimonio, reati sessuali e così via. Più la procura della Repubblica era grande, più c'erano sezioni specializzate. Dal momento che più numerosa è la popolazione, più nutrita è la tipologia di reati che si commettono.
(CONTINUA)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

"Nel 1986 le cose sono parzialmente cambiate. Le sezioni specializzate sono rimaste. A queste si è aggiunta la sezione criminalità organizzata (introdotta sulla scorta della legge Rognoni La Torre che, oltre a costare la vita al parlamentare siciliano Pio La Torre (Virginio Rognoni era ministro dell'Interno), introdusse il reato di associazione mafiosa - il 416 bis - e potenziò le norme per la confisca dei patrimoni della mafia). E' però cambiato il meccanismo di assegnazione dei casi. Non decidono più i delegati del procuratore che erano all'ufficio denunce e nemmeno il procuratore in persona. L'ufficio denunce è scomparso ed è stato sostituito da un computer che assegna a caso, tenendo conto dei carichi di lavoro di ogni pubblico ministero, i fascicoli. Naturalmente rispettando le competenze specifiche. In pratica se la cancelleria centrale della Procura registra una denuncia presentata da un cittadino che racconta di maltrattamenti in famiglia, a questo fascicolo viene assegnato un numero, viene destinato alla sezione reati contro i minori e la famiglia e il computer sceglie a caso tra i PM che compongono la sezione. Una volta completata l'assegnazione, i procuratori aggiunti - che affiancano il procuratore della Repubblica e ognuno dei quali coordina un certo numero di sezioni - vengono informati che il fascicolo X è stato assegnato al pm Y e dunque possono seguire, se lo ritengono, il lavoro affiancando il pm se l'indagine è complessa, oppure limitandosi a confrontarsi con lui se e quando necessario. Il pm, dal canto suo, se decide di chiedere l'arresto di qualcuno deve comunicarlo al "suo" aggiunto. Questo, in teoria, non per "condizionare" l'attività del pm ma per dare una unitarietà di indirizzo all'ufficio. Cioè per evitare che due pm, che seguono due casi simili, decidano di procedere in modo del tutto diverso creando così incertezza nell'esercizio della giurisdizione."
(CONTINUA)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

"Se il pm propone, ad esempio, di procedere in un certo modo e il procuratore aggiunto non è d'accordo, a condizione che la posizione del procuratore sia motivata per iscritto, il pm può restituire la delega, ossia rinunciare all'indagine (per questo i Pm sono "sostituti procuratori", ossia sostituiscono, nell'attività che compiono, il procuratore: sono dunque delegati dal procuratore). Per la serie: io non sono d'accordo, ma tu sei il capo, e allora fattelo da solo. Se il disaccordo del procuratore non è motivato, il pm può segnalare l'episodio al consiglio superiore della magistratura per un accertamento disciplinare. Da notare che non c'è niente di strano che il procuratore debba motivare il suo dissenso e, dunque, il ritiro della delega: il rapporto procuratore-pm è regolato esattamente come un qualunque contratto civilistico di mandato. Il delegante si affida al delegato e può mandarlo a quel paese solo se ci sono buone ragioni e specificamente indicate. Altrimenti il delegato avrebbe diritto al risarcimento dei danni. Nel caso dei magistrati il "risarcimento" è l'accertamento del CSM che è, per l'appunto, l'organo cosiddetto di "autogoverno".
In ogni caso, l'ordinamento prevede che i procuratori possano poi integrare le disposizioni generali con circolari specifiche dunque in qualche ufficio possono esserci alcuni dettagli diversi. Ad esempio nelle grandi procure, qualunque indagine venga chiusa, con archiviazione o rinvio a giudizio, deve essere comunicata al procuratore (aggiunto o capo). In altri uffici, come a Roma, i pm devono confrontarsi con i capi anche per decidere se e come fare appello a sentenze di primo grado che hanno deciso in modo diverso rispetto alle posizioni dell'accusa, ossia della procura della Repubblica.
Tutte queste regole, sulla carta ben strutturate, sono poi rimesse alla capacità dei procuratori e dei procuratori aggiunti di applicarle e all'intelligenza dei pubblici ministeri. E qui si accumulano i problemi...."
(FINE)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

E' TUTTO CHIARO ULTIMOCLIC?
E' UNA SPLENDIDA LEZIONE DI DIRITTO.
LEGGERE E RILEGGERE SERVIRA' A CAPIRE BENE.
CIAO.

phranziska ha detto...

molto molto chiaro!
grazie infinite a te Luigi e a R.Ormanni che ha sopportato la fatica maggiore, scritto benissimo, divulgativo nella maniera giusta, ma senza trascurare i necessari tecnicismi, affascinante...
magari vi chiederò qualche altra delucidazioni su altri aspetti della macchina giudiziaria perchè
se ne parla se ne parla, ma si abbozza...nessuno dei non addetti ai lavori sa davvero come funga il meccanismo.
ora io ne so un pochino di più.
ancora grazie.

Francy274 ha detto...

Bellissima lezione di diritto, semplice e chiara.
Complimenti a R.Ormanni e grazie a Te d'averla pubblicata. Ora ne so di più anch'io. Era meglio fino al 1986, meno confusionaria a mio parere. Sbaglio?

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

RRIMA DEL 1986 ERAVAMO SOTTO LA VIGENZA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE DEL 1931, CHE DISCIPLINAVA IL PROCESSO INQUISITORIO, POI SI CAMBIO', NEL 1988 CON IL RITO ACCUSATORIO, ENTRATO IN VIGORE DEL 1989.
SUCCESSIVAMENTE FURONO INTRODOTTE MOLTISSIME MODIFICHE, CHE EBBERO L'EFFETTO DI STAVOLGERE L'ORIGINARIO TESTO CON LA FINALITA', NEMMENO COSI' TANTO DISSIMULATA, DI RALLENTARE IL PROCESSO PENALE MENTRE VENIVANO ACCORCIATI I TERMINI DI PRESCRIZIONE DEI REATI A BENEFICIO DI CHI, ESSENDO RICCO O RICCHISSIMO, POTEVA PERMETTERSI UNA DIFESA AGGUERRITA CHE POORTVA ALL'ESTINZIONE DEL PROCESSO PER PRESCRIZIONE, MENTRE GLI 'HOUSE ORGAN' DI B. SPACCIAVANO LE PRESCRIZIONI PER ASSOLUZIONI.
OGGI QUESTA E' LA REALTA'.

phranziska ha detto...

il "fattore B" è...non riesco ad esprimerlo senza trascendere quindi vabbè, lascio stare.



mi piacerebbe conoscere le differenze tra processo inquisitorio e accusatorio...senza urgenza ovviamente!
che faccio ci aggiungo anche la curiosità di conoscere quqlcosa sul reato di falsa testimonianza?

ehm, chiedo troppo?

io mi son sempre chiesta questo: assisto a un delitto, vedo delle cose, può anche darsi che il mio ricordo non sia perfettamente fedele alla realtà etc.
testimonio in tribunale in buona fede quello che ho visto o che so (facciamo il caso che la mia testimonianza possa, se ritenuta valida, portare a una condanna o a un'assoluzione).
Oltre la mia ci sono altri tstimoni che raccontano cose diverse, e può darsi che sia davvero così che io in buona fede abbia preso un granchio.
in questo caso incorrerei nel reato di falsa testimonianza?

prevenire è meglio che curare!
mi capitasse di assistere a qualcosa di poco bello...almeno saprò cosa mi aspetta

questa curiosità si è acuita pensando al prossimo processo per via Poma, leggendo sui giornali di anziane signore che improvvisamente dicono di aver visto Busco a certe ore, forse incompatibili col delitto...
ammesso che il difensore etc, le citi come testimoni come potrebbe finire nei vari casi (vero, falso, errore in buonafede).

anticipatamente grazie.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

MI AUGURO CHE QUESTI CHIARIMENTI SIANO DATI DA ORMANNI, IO RISCHIEREI DI DIRE DELLE CASTRONERIE.

phranziska ha detto...

, castronerie non ne puoi dire, mai!
comunque attendo senza alcuna premura!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TROPPO BUONA, MA HO GIA' INTERESSATO IL DR. ORMANNI.

phranziska ha detto...

buona io? naaaaaaaa...
è semplicemente un...dare a Cesare quel che è di Cesare.

grazie a tutti e due!

Anonimo ha detto...

Ma avete idea di cosa significhi un dedalo di palazzi con 1000 stanze?!?
Nessuno sa chi c'era davvero lì.
Il palazzo non era deserto come molti scrivono.