È la stella più lontana dell’universo ed è stata scoperta nel momento più tragico della sua esistenza; cioè nell’attimo della sua morte. Il telescopio nazionale italiano Galileo ha colto il lampo finale che decretava la fine, ed era un lampo particolare, molto luminoso e corrispondente ad un altro lampo che l’astro lanciava in parallelo su una frequenza diversa, quella della radiazione gamma. Le cose sono andate nel mondo seguente. Venerdì scorso alle 10 del mattino il satellite Swift della Nasa con a bordo uno strumento italiano nato sotto la guida dell’osservatorio di Brera-Merate dell’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica) individuava in cielo una forte sorgente di raggi gamma.
ERUZIONE COSMICA - L’eruzione cosmica durava una decina di secondi nei quali sprigiona un’energia cento volte più elevata di quella emessa dal Sole in nove miliardi di anni: una potenza gigantesca, dunque. La scoperta di Swift, che intanto indagava anche le emissioni di radiazioni X sempre associate in questi casi, metteva immediatamente in allerta i telescopi terrestri e il “Galileo” italiano sistemato alle Canarie batteva in velocità tutti gli altri riuscendo a cogliere la “controparte ottica”, come la chiamano gli astronomi dell’esplosione gamma. Dalle prime valutazioni si capiva subito l’importanza dell’evento. Ci si rendeva conto che a scatenare questo putiferio cosmico doveva essere stato un evento decisamente catastrofico: era la morte di una stella.
A 13 MILIARDI DI ANNI LUCE - I calcoli rivelavano poi un altro record: si trattava dell’astro più lontano mai rilevato e nato quando l’Universo era giovanissimo ed aveva appena 600 milioni di anni (oggi ne ha 13,7 miliardi di anni). Tradotto nella distanza, l’evento accadeva a poco più di 13 miliardi di anni luce. Un altro tassello si aggiunge alla conoscenza del cielo. «Nonostante le continue limitazioni alle quali l’Istituto è costretto per le perduranti restrizioni del finanziamento, l’entusiasmo e la preparazione dei nostri ricercatori vince ancora una volta, regalandoci un risultato di rilievo assolutamente eccezionale in campo mondiale» commenta il suo presidente Tommaso Maccacaro.
Giovanni Caprara
29 aprile 2009
ERUZIONE COSMICA - L’eruzione cosmica durava una decina di secondi nei quali sprigiona un’energia cento volte più elevata di quella emessa dal Sole in nove miliardi di anni: una potenza gigantesca, dunque. La scoperta di Swift, che intanto indagava anche le emissioni di radiazioni X sempre associate in questi casi, metteva immediatamente in allerta i telescopi terrestri e il “Galileo” italiano sistemato alle Canarie batteva in velocità tutti gli altri riuscendo a cogliere la “controparte ottica”, come la chiamano gli astronomi dell’esplosione gamma. Dalle prime valutazioni si capiva subito l’importanza dell’evento. Ci si rendeva conto che a scatenare questo putiferio cosmico doveva essere stato un evento decisamente catastrofico: era la morte di una stella.
A 13 MILIARDI DI ANNI LUCE - I calcoli rivelavano poi un altro record: si trattava dell’astro più lontano mai rilevato e nato quando l’Universo era giovanissimo ed aveva appena 600 milioni di anni (oggi ne ha 13,7 miliardi di anni). Tradotto nella distanza, l’evento accadeva a poco più di 13 miliardi di anni luce. Un altro tassello si aggiunge alla conoscenza del cielo. «Nonostante le continue limitazioni alle quali l’Istituto è costretto per le perduranti restrizioni del finanziamento, l’entusiasmo e la preparazione dei nostri ricercatori vince ancora una volta, regalandoci un risultato di rilievo assolutamente eccezionale in campo mondiale» commenta il suo presidente Tommaso Maccacaro.
Giovanni Caprara
29 aprile 2009
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