giovedì 23 luglio 2009

Il jackpot dell'Italia che scommette sul destino


di MICHELE SERRA


Il montepremi che il Superenalotto ha accumulato negli ultimi sei mesi (oltre cento milioni di euro) è così smisurato da implicare quasi automaticamente sussulti morali variamente ispirati. La cifra corrisponde a quanto nessun lavoratore sarebbe in grado di guadagnare in dieci vite, e le proverbiali sette camicie diventano almeno settecentosettantasette. O, se volete, cento milioni è quanto basterebbe a un fondo di ricerca medica per decuplicare i propri asfittici finanziamenti, e dunque rendere dieci volte più vicina la sconfitta di questa o quella malattia. O ancora, secondo dicerie e leggende mai verificate, basterebbe a fare uscire di senno qualunque vincitore, conducendolo in breve alla rovina.

Volendo restare nel campo delle moralità, si potrebbe obiettare che cento milioni di euro, rispetto alla smisurata estorsione di massa (migliaia di miliardi....) imputabile al capitalismo truccato, al bluff finanziario e al conseguente collasso di Borsa, sono molto meno di una briciola. Nell'ultimo anno è svaporata, nel mondo, una quantità di ricchezza che sarebbe bastata - restando nella facile metafora "scientifica" - a guarire tutte le malattie nessuna esclusa, portare la vita media a duecento anni e infine sfamare l'intera umanità per un paio di generazioni. In realtà, nessuno di questi conti può condurre a conclusioni plausibili.

Come sanno bene i giocatori, e come può intuire anche chi giocatore non è, il denaro vinto e perduto al gioco è una specie di conto a parte. Difficilmente lo si può apparentare a quello "vero", anche se è purtroppo verissimo che famiglie intere si sono rovinate inseguendo il miraggio del numero giusto. Il gioco d'azzardo può avere pesanti conseguenze sociali, e gravi ricadute sulle relazioni tra gli uomini, ma solo di riflesso: perché di primo acchito il gioco d'azzardo non riguarda affatto l'ambito sociale e le relazioni tra gli uomini.

Men che meno riguarda l'economia. Il gioco d'azzardo è una scommessa individuale con Dio (o, se preferite, con il Fato). E' proprio questo che lo rende esaltante e blasfemo al tempo stesso: indovinare i numeri giusti equivale a carpire al Cielo i suoi segreti, e la leggenda (diffusa in tutto il mondo) dei supervincitori alla lotteria morti in rovina esprime perfettamente il terrore ancestrale dell'invidia degli dei, e della loro punizione.

In pochissimi sono disposti a scandalizzarsi di fronte a un patrimonio privato molto ingente, magari acquisito per meriti non lampanti, o ereditato dai genitori (come se non fosse una fortuna, e un terno al lotto, anche nascere ricchi). Né desta scandalo il dato, oramai acquisito, che alcuni tra gli straricchi del pianeta hanno, da singoli individui, un bilancio superiore a quello di un paese africano. Su queste e altre sproporzioni, anche abnormi, la nostra cultura ha oramai solidamente piantato la bandierina del Merito: un uomo può anche guadagnare diecimila o centomila volte più di un altro, perché un uomo, secondo l'orrendo ma vittorioso criterio della cultura mercatista, può "valere" quanto centomila altri uomini.

E in genere sarà ammirato e invidiato, anche perché mai come in questo scorcio d'epoca le ideologie e le teorie egualitariste hanno perduto vigore.
Di montagne di quattrini, dunque, il mondo è pieno. Si tratta di cordigliere al cui confronto i cento milioni di cui parliamo oggi sono appena una puglia da giocatori di strada, un gruzzolo tra i tanti. Qualcosa che non sposta nulla nell'economia reale (neanche un battito d'ali di farfalla...), qualcosa che cambia solamente un destino individuale, in genere incognito, e va a finire, come spiccioli, nell'infinito score della millenaria sfida tra l'uomo e gli dei: non sono un allibratore e neanche uno statistico, ma mi pare di poter dire che gli dei sono saldamente in vantaggio.

Proprio perché gli dei sono in vantaggio, come in ogni sport bisognerebbe simpatizzare per il perdente. E il perdente è l'esercito infinito di operai, pensionati, sfaccendati, vecchine, casalinghe, ragazzi, viaggiatori, passanti che cercano di disegnare sulla loro schedina la Chiave del Cielo: una possibilità su seicento milioni, spiegano i matematici, perché non si creda che la Chiave del Cielo si possa trovare alla ferramenta dell'angolo. La storia di questa Chiave, che dai tempi dei tempi è fatta di numeri, anima tutte le culture e tutte le epoche. Di cabale, di smorfie, di numerologie, di fantasiose e ammirevoli panzane che provano a domare la spaventosa casualità degli eventi, la ignota logica delle serie e delle sequenze, la storia umana pullula. Non c'è sala da gioco, anche la più scalcinata, dove almeno un giocatore non abbia espresso la convinzione di avere intuito la Chiave, i numeri giusti, il metodo per scoprirli. Sentendosi come Prometeo a un passo dal fuoco - prima di rovinarsi, come tutti.
In un gioco come il Superenalotto, diabolico derivato del Lotto (e come tutti i derivati, gonfiatissimo...), l'iniquità della vittoria è lampante. Nel Lotto qualcuno può anche spacciare per talento una vincita, (l'interpretazione dei sogni vede Napoli competere con Vienna). Nel Superenalotto la combinazione di sei numeri è così imperscrutabile che perfino nei patetici spacci televisivi di "numeri vincenti" non si trova altro bandolo se non l'imbroglio palese. Il Superenalotto non lascia dubbi, non concede spazio alle ciance dei "sistemisti" o alla divinazione dei tele-guitti: vince solo chi è colpito da una smisurata fortuna, unico in mezzo a una folla sterminata. La chiave giusta, per puro caso, l'ha disegnata lui.

Chi riesce a scassinare le porte del Cielo merita simpatia: ha battuto un avversario seicento milioni di volte più forte di lui. Che cosa faccia poi di tutti quei quattrini è affare suo, ma soprattutto è secondario. E' una questione che riguarda aspetti notevoli della vita sociale (il buon gusto, l'utilità agli altri eccetera), ma non riguarda la sfida antichissima tra l'uomo e il Caso. In quella storia, in quell'ambito, in quella classifica, cento e rotti milioni di euro sono appena un piccolo episodio, buono a far salire la temperatura per qualche giorno, per rinnovare l'illusione antica di essere più fortunati della fortuna, e per fare arrivare fino alle prime pagine ciò che per milioni anzi miliardi di persone, in tutto il mondo, è il quotidiano almanaccare attorno a numeri, biglietti, combinazioni. Niente che serva a distogliere dalla vita quella vera e dal lavoro quello vero (i giocatori professionisti, nel mondo, saranno lo zero virgola zero zero zero uno per cento). Solo quanto basta per compilare una schedina o comperare un biglietto: pochi secondi durante i quali ti puoi illudere di stare parlando da pari a pari la lingua dei Numeri, che è la lingua di Dio.

(23 luglio 2009)

2 commenti:

Francy274 ha detto...

Sarà...ma io sono convintissima che la dove circola tanto denaro ci sono sempre i "soliti noti" ad accaparrarselo...mi meraviglia la gente che ci crede, e non prende atto che giocare al lotto tre volte a settimana è solo l'ennesima squallida truffa ai danni dei cittadini ed a vantaggio di chi l'ha architettata.Vale per qualsiesi lotteria...sono solo specchietti per le allodole.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Sagge parole! Infatti, io non gioco mai, da tantissimi anni.