domenica 30 agosto 2009

"Con il Vaticano parlerò solo io". Berlusconi studia l'exit strategy



di FRANCESCO BEI


"Adesso è meglio se state tutti zitti, lasciamo decantare la cosa. Poi me ne occuperò io personalmente". È questa la consegna impartita ieri da Silvio Berlusconi a quanti - ministri e parlamentari - lo hanno cercato per chiedergli come comportarsi sulla crisi innescata con il Vaticano. Egli stesso si è conformato alla direttiva, lasciando Roma senza dire una parola e andando la sera a seguire il derby a San Siro.

Ma il disagio dell'ala cattolica del Pdl, seppur espresso a mezza bocca, è evidente in quella che rimane l'estate nera nei rapporti fra il governo e la Santa Sede, segnata dalle polemiche della Lega contro i vescovi e culminata con la cancellazione dell'incontro tra Berlusconi e Bertone. "Sembra di aver imboccato una strada senza uscita - ammette sconsolato un deputato berlusconiano - , ancora non ho capito come abbiamo fatto a passare per quelli che hanno dichiarato guerra alla Chiesa italiana".

L'exit strategy è stata tuttavia già stata delineata dagli strateghi del Cavaliere e si basa essenzialmente su quella sorta di agenda "Vat" enunciata ieri da Renato Schifani (previo consulto con palazzo Chigi) a conclusione del Meeting. Un'agenda fatta di biotestamento, restrizioni all'uso della pillola RU486, rinnovata attenzione a tutte le istanze della Chiesa.

Mara Carfagna, il ministro a cui Cl ha affidato l'apertura del Meeting e che ha incontrato il Cardinal Bertone all'Aquila, dopo aver negato che ci sia una "sofferenza" dei cattolici del Pdl, conferma la linea su cui si sta assestando la maggioranza per uscire fuori dall'impasse: "Queste polemiche, che hanno ben poco di politico, dureranno lo spazio di qualche ora. Ciò che resterà sono i provvedimenti presi a favore di chi ha bisogno, dei più deboli e degli ultimi, che anche la Chiesa ha più volte dimostrato di apprezzare". Come dire che quello che interessa di più in Vaticano sono i fatti concreti, le leggi gradite ai cattolici che questa maggioranza è in grado di approvare. "Siamo noi a garantire - osserva Gaetano Quagliariello - che il contributo della Chiesa al dibattito pubblico sia considerato un contributo positivo". E proprio Quagliariello ha deciso di far aprire la summer school di Magna Carta, la prossima settimana, da monsignor Rino Fisichella.

Ci si avvia dunque a una grande stagione legislativa di stampo vaticano? Sembra questo il prezzo da pagare per la ricomposizione del dissidio fra il governo e la Chiesa. Questa volta insomma le gerarchie affonderanno il coltello nel burro, a meno che la pattuglia di finiani in Parlamento non metta della sabbia negli ingranaggi. Un cattolico laico come il ministro Gianfranco Rotondi, che ha proposto senza grande successo un ddl sulle unioni di fatto, rimpiange i tempi della Dc: "È un rapporto con la Chiesa del tutto sbagliato quello che c'è in Italia, a destra ma ormai anche a sinistra. Servirebbe un Pdl che dicesse "siamo cristiani, ma alla maniera del Ppe, distinti e distanti dalle gerarchie". E invece eccoci qua, alla mescolanza tra Dio e Cesare".

Con tutta la prima linea dei ministri Pdl a fare a gara per mostrarsi in linea con il Vaticano: Giulio Tremonti, che esalta l'enciclica del Papa, Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, pupille dei ciellini. E Maurizio Sacconi, che ancora ieri è tornato a picchiare sulla pillola abortiva che "preoccupa, perché potrebbe banalizzare un atto che il legislatore ha considerato tutt'altro che banale". E allora, per rispondere al malessere dei cattolici della maggioranza, l'unica strada è l'approvazione integrale dell'agenda "Vat", la risposta concreta ai vescovi sui "fatti" che contano. "Il tema vero sono le leggi che si approvano - spiega Maurizio Lupi, anima del Meeting ciellino - e su quello saremo misurati. Il resto verrà dimenticato. E non parlo solo del testamento biologico, mi riferisco anche alla famiglia, alla libertà di educazione. Alla fine il Pdl ha sempre dimostrato di essere più affidabile". E il nuovo obiettivo adesso diventa il quoziente famigliare: "Ce lo ha detto anche Tremonti: meglio dare i soldi alle famiglie che alle banche". Basterà a far dimenticare le sparate dei leghisti, la vita privata del premier e gli attacchi del Giornale?

(30 agosto 2009)

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