lunedì 31 agosto 2009

La Chiesa mette in campo la «diplomazia segreta»: ora ricucire


CITTÀ DEL VATICANO — «La politica della Chiesa, come sempre, è aspettare». Sarà che un’istituzione bimillenaria ten­de ad avere una dimensione del tempo diversa da quella che scandiscono le polemiche e i ve­leni quotidiani. Fatto sta che è inutile chiedersi oggi quanto l’«attacco virulento e basso» al direttore di Avvenire Dino Bof­fo, e ai vertici della Cei che avrebbero coperto il presunto «scandalo», sia destinato ad avere conseguenze in futuro, quanto le ferite si possano ri­marginare. «Al momento op­portuno si prenderanno le deci­sioni». Ma adesso, in Vaticano, è il momento della «diplomazia segreta», ovvero della «media­zione nel nascondimento», il paziente e discreto lavoro sotto­traccia con gli interlocutori rite­nuti affidabili sull’altra riva del Tevere. «Il problema adesso è ri­cucire, ricucire, ricucire. Uscire da questa situazione increscio­sa e dolorosa. Perché un Paese e la sua politica non possono andare avanti a palate di fan­go».

Qui sta l’essenziale. La Santa Sede ha negato fin dall’inizio una «crisi istituzionale». Ma i «falchi» che «esistono da una parte come dall’altra», si dice, possono trarre forza dalla situa­zione, e la situazione sfuggire ad ogni controllo.

Certo, ci sono questioni di at­tualità politica cui la Chiesa tie­ne molto, testamento biologi­co, aiuti alle famiglie, sostegno alle scuole cattoliche e così via. Ma non è questo il punto, la fac­cenda è troppo seria perché la si possa ridurre a una sorta di «pragmatismo delle leggi», an­che perché sia Oltretevere sia al­la Cei nessuno sembra avere ti­mori in questo senso. Piuttosto c’è una considerazione ricorren­te, ai piani alti della Santa Sede: «La Chiesa ha una responsabili­tà sociale. Se c’è degrado nella società e nella cultura del Pae­se, ha il dovere di agire: col pragmatismo che vuole si fac­cia un passo alla volta per veni­re fuori da questo guazzabu­glio, calmare gli animi, far pre­valere il buon senso. L’Italia non può permettersi di vivere in un conflitto permanente».

Del resto, c’è preoccupazio­ne anche per la situazione inter­na. Un alto prelato, ieri, sospira­va: «E’ stato preso di mira il di­rettore dell’unico quotidiano cattolico, la voce dei vescovi ita­liani. Un attacco all’istituzione e alla sua credibilità. Ci sono ve­scovi che in passato non aveva­no apprezzato la linea troppo 'morbida' di Avvenire verso il governo e adesso dicono: avete visto che cosa succede a esse­re troppo accondiscendenti?».

Il problema, riflettono in Va­ticano, «è che se ognuno si met­te a sparare a zero tutto diventa più difficile». Si tratta di aspet­tare, quindi: anche perché la stagione del «fango» e dei «ve­leni» potrebbe non essere fini­ta. Una stagione che dura da un po’ di tempo, in verità: già pri­ma dell’estate, all’università Cattolica, era stata distribuita in forma di volantino una lette­ra anonima che conteneva in so­stanza le stesse accuse pubblica­te dal Giornale berlusconiano. Ora si viene a sapere che perfi­no in Vaticano qualcuno aveva fatto recapitare «le fotocopie di presunti atti giudiziari o infor­mative», raccontano (disgusta­ti) Oltretevere. Fogli «che han­no fatto la fine di tutte le lettere anonime». Perciò è il momento dei freddi, di quelli che sanno mantenere i nervi saldi e «ricu­cire», con discrezione: «Vedia­mo come si evolveranno i fatti. E se si riuscirà a venire fuori da tutto questo».

Gian Guido Vecchi
31 agosto 2009

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