CITTÀ DEL VATICANO — «La politica della Chiesa, come sempre, è aspettare». Sarà che un’istituzione bimillenaria tende ad avere una dimensione del tempo diversa da quella che scandiscono le polemiche e i veleni quotidiani. Fatto sta che è inutile chiedersi oggi quanto l’«attacco virulento e basso» al direttore di Avvenire Dino Boffo, e ai vertici della Cei che avrebbero coperto il presunto «scandalo», sia destinato ad avere conseguenze in futuro, quanto le ferite si possano rimarginare. «Al momento opportuno si prenderanno le decisioni». Ma adesso, in Vaticano, è il momento della «diplomazia segreta», ovvero della «mediazione nel nascondimento», il paziente e discreto lavoro sottotraccia con gli interlocutori ritenuti affidabili sull’altra riva del Tevere. «Il problema adesso è ricucire, ricucire, ricucire. Uscire da questa situazione incresciosa e dolorosa. Perché un Paese e la sua politica non possono andare avanti a palate di fango».
Qui sta l’essenziale. La Santa Sede ha negato fin dall’inizio una «crisi istituzionale». Ma i «falchi» che «esistono da una parte come dall’altra», si dice, possono trarre forza dalla situazione, e la situazione sfuggire ad ogni controllo.
Certo, ci sono questioni di attualità politica cui la Chiesa tiene molto, testamento biologico, aiuti alle famiglie, sostegno alle scuole cattoliche e così via. Ma non è questo il punto, la faccenda è troppo seria perché la si possa ridurre a una sorta di «pragmatismo delle leggi», anche perché sia Oltretevere sia alla Cei nessuno sembra avere timori in questo senso. Piuttosto c’è una considerazione ricorrente, ai piani alti della Santa Sede: «La Chiesa ha una responsabilità sociale. Se c’è degrado nella società e nella cultura del Paese, ha il dovere di agire: col pragmatismo che vuole si faccia un passo alla volta per venire fuori da questo guazzabuglio, calmare gli animi, far prevalere il buon senso. L’Italia non può permettersi di vivere in un conflitto permanente».
Del resto, c’è preoccupazione anche per la situazione interna. Un alto prelato, ieri, sospirava: «E’ stato preso di mira il direttore dell’unico quotidiano cattolico, la voce dei vescovi italiani. Un attacco all’istituzione e alla sua credibilità. Ci sono vescovi che in passato non avevano apprezzato la linea troppo 'morbida' di Avvenire verso il governo e adesso dicono: avete visto che cosa succede a essere troppo accondiscendenti?».
Il problema, riflettono in Vaticano, «è che se ognuno si mette a sparare a zero tutto diventa più difficile». Si tratta di aspettare, quindi: anche perché la stagione del «fango» e dei «veleni» potrebbe non essere finita. Una stagione che dura da un po’ di tempo, in verità: già prima dell’estate, all’università Cattolica, era stata distribuita in forma di volantino una lettera anonima che conteneva in sostanza le stesse accuse pubblicate dal Giornale berlusconiano. Ora si viene a sapere che perfino in Vaticano qualcuno aveva fatto recapitare «le fotocopie di presunti atti giudiziari o informative», raccontano (disgustati) Oltretevere. Fogli «che hanno fatto la fine di tutte le lettere anonime». Perciò è il momento dei freddi, di quelli che sanno mantenere i nervi saldi e «ricucire», con discrezione: «Vediamo come si evolveranno i fatti. E se si riuscirà a venire fuori da tutto questo».
Gian Guido Vecchi
31 agosto 2009
Qui sta l’essenziale. La Santa Sede ha negato fin dall’inizio una «crisi istituzionale». Ma i «falchi» che «esistono da una parte come dall’altra», si dice, possono trarre forza dalla situazione, e la situazione sfuggire ad ogni controllo.
Certo, ci sono questioni di attualità politica cui la Chiesa tiene molto, testamento biologico, aiuti alle famiglie, sostegno alle scuole cattoliche e così via. Ma non è questo il punto, la faccenda è troppo seria perché la si possa ridurre a una sorta di «pragmatismo delle leggi», anche perché sia Oltretevere sia alla Cei nessuno sembra avere timori in questo senso. Piuttosto c’è una considerazione ricorrente, ai piani alti della Santa Sede: «La Chiesa ha una responsabilità sociale. Se c’è degrado nella società e nella cultura del Paese, ha il dovere di agire: col pragmatismo che vuole si faccia un passo alla volta per venire fuori da questo guazzabuglio, calmare gli animi, far prevalere il buon senso. L’Italia non può permettersi di vivere in un conflitto permanente».
Del resto, c’è preoccupazione anche per la situazione interna. Un alto prelato, ieri, sospirava: «E’ stato preso di mira il direttore dell’unico quotidiano cattolico, la voce dei vescovi italiani. Un attacco all’istituzione e alla sua credibilità. Ci sono vescovi che in passato non avevano apprezzato la linea troppo 'morbida' di Avvenire verso il governo e adesso dicono: avete visto che cosa succede a essere troppo accondiscendenti?».
Il problema, riflettono in Vaticano, «è che se ognuno si mette a sparare a zero tutto diventa più difficile». Si tratta di aspettare, quindi: anche perché la stagione del «fango» e dei «veleni» potrebbe non essere finita. Una stagione che dura da un po’ di tempo, in verità: già prima dell’estate, all’università Cattolica, era stata distribuita in forma di volantino una lettera anonima che conteneva in sostanza le stesse accuse pubblicate dal Giornale berlusconiano. Ora si viene a sapere che perfino in Vaticano qualcuno aveva fatto recapitare «le fotocopie di presunti atti giudiziari o informative», raccontano (disgustati) Oltretevere. Fogli «che hanno fatto la fine di tutte le lettere anonime». Perciò è il momento dei freddi, di quelli che sanno mantenere i nervi saldi e «ricucire», con discrezione: «Vediamo come si evolveranno i fatti. E se si riuscirà a venire fuori da tutto questo».
Gian Guido Vecchi
31 agosto 2009
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