ANTONIO DI PIETRO
26 Ottobre 2009
Quelli del governo Berlusconi sono proclami e spot: dall'abolizione dell’Irap alla promessa del posto fisso, all'abolizione delle Province. Più che proclami sono un'ignobile beffa per gli imprenditori, i precari o i disoccupati i quali che sperano che arrivino provvedimenti concreti prima di un fallimento o di un pignoramento.
Oggi è stato eletto segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, al quale auguro buon lavoro. Le sue prime dichiarazioni, dopo la nomina, ricalcano parole e programmi che l’Italia dei Valori ha steso e perorato nella sua azione politica fin dal 14 aprile del 2008, giorno dell’inizio della XVI legislatura: la detassazione della tredicesima, la lotta al precariato, il potenziamento degli ammortizzatori sociali.
L’Italia dei Valori ha un programma in un programma in 10 punti stilato anche per offrire al Paese strumenti e proposte per aiutare le aziende in crisi, per il welfare, così come per il rilancio di tutti quei settori vitali per il futuro di un Paese. Un programma profondamente diverso da quello proposto da questa maggioranza. Un’alternativa a questo governo autarchico.
Ci chiediamo ora, e lo chiediamo al nuovo segretario del Partito Democratico, con chi voglia fare squadra quando parla di “alternativa”. Se fare squadra significa scendere a patti con il metodo de ”una riforma a noi, una legge a voi”, allora ritengo che il suo interlocutore adeguato possa essere la maggioranza berlusconiana. Diversamente, se si aspira ad una coalizione riformatrice, a fatti, noi ci siamo come ci siamo sempre stati, con ampio spazio ai contenuti e alle riforme sociali.
L’Irap si può abbattere, l’anticipo delle tasse sull’anno successivo pure, anche l’Iva si può versare ad incasso o dilazionata, e si possono prolungare i sussidi alle famiglie a pericolo sostentamento, ma tutto ciò ha un prezzo alto: la riforma del carrozzone dello Stato e scelte strategiche per il futuro diverse dal digitale terrestre e dal nucleare, assolutamente fallimentari.
Dovremo intervenire sulla spesa pubblica, dirottare gli investimenti di lungo respiro laddove si può creare valore sin da subito, tagliare progetti inutili. Non serve il ponte di Messina, non serve più cemento per far ripartire l’economia, non serve ampliare del 20% la villetta o alzare di un piano palazzi dell’800. L’Italia non è un Paese di soli carpentieri, anche se capisco che nel settore l’attuale premier ritrovi le sue radici di speculatore immobiliare.
L’Italia ha bisogno di tecnologie, di servizi, di finanza, di espandere la ricerca, oltre il Click Day, di introdurre e generare nuove professionalità, nuovi modelli di business e di sviluppo. Ha bisogno della banda larga, su cui Telecom non ha mai investito e lo Stato neppure. Ha bisogno di rilanciare i sistemi portuali sfruttando a pieno la posizione strategica dello Stivale nel bacino del Mediterraneo. Ha bisogno di ristrutturare la rete ferroviaria e disincentivare il trasporto su ruota. Ha bisogno di energia eolica e solare per naturale disposizione geografica.
Ma questo Governo, quando non legifera per Berlusconi, si produce solo in manovre tattiche e fallimentari che generano pochi imprenditori straricchi ed una popolazione in gravissime difficoltà economiche ed una social card nel cassetto. Un governo da cui l’opposizione deve prendere le distanze in modo netto.
Berlusconi ed i suoi ministri gettano benzina su una situazione già di per sè esplosiva, giocano a Monopoli con i soldi e a Dama con i ministri, innescando una spirale di tensione sociale che getta l’Italia nell’incertezza del domani e mettendo in fuga i capitali stranieri e nazionali, ad eccezione di quelli illeciti che rientrano sbiancati dallo scudo fiscale.
In questo girone dantesco dell’economia, la politica ed i media sembrano distratti e discutono: del sistema affaristico di Sandra Lonardo, di un impresentabile Nicola Cosentino come possibile governatore della Campania; di una bicamerale sulla giustizia; di estendere il lodo Alfano al Parlamento intero; di Marrazzo che si dimette per gli scandali sessuali dando una lezione a Silvio, il quale non ci pensa neppure; di Masi che ha ridotto in pezzi la Rai ed ha rilanciato Confalonieri; del giallo-reality di Garlasco e di altre futilità. Questo esecutivo di centrodestra ha sdoganato un nuovo modello sociale del tipo “Videocracy” fatto di spot e soldi con cui non si media, si fa muro.
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