Il primo ostacolo il primo giorno. Eccola qui subito la prima prova politica per Pier Luigi Bersani, del resto non si può dire che sia una sorpresa.
Da tempo insofferentissimo, in grande disagio, spesso assente, mai conciliante coi cofondatori Francesco Rutelli ha più che un piede fuori dalla porta del Pd: esce, come ampiamente annunciato dai dubbi addirittura messi in ordine nella forma di un libro, il suo, ora anche da quello di Bruno Vespa che gli ha fatto ieri lo sgarbo (ma Vespa non è mai sgarbato con le fonti, magari non è stato proprio un dispetto) di bruciargli l'effetto annuncio anticipando un capitolo del consueto aggiornamento autunnale della storia italica secondo Porta a Porta.
L'uscita di Rutelli è stata nei mesi indicata come lo spettro della scissione possibile.
Il ritorno alle rispettive case-madri, il fallimento del progetto del Pd, al riparo nel recente passato.
Ds e Margherita, e quanto alla fusione come non detto.
Bersani ieri si è rivolto a Rutelli con parole che somigliano ad un tentativo di trattenerlo: «La sfida che abbiamo davanti è affascinate, la accetti».
Tentativo debole che lascia aperto uno spiraglio alla possibilità di immaginare altri scenari.
Proviamo, per esempio, a pensare che Bersani sia in procinto di mettersi al lavoro ad una politica delle alleanze capace del più alto gesto di antiberlusconismo, per dirla con le sue parole: «Il più antiberlusconiano di tutti è quello che lo manda a casa».
Allora vediamo. Si tratta di recuperare consensi a sinistra (la sinistra di Vendola e di molti di quei tre milioni rimasti senza rappresentanza parlamentare), di fare in modo che questo non costi la diaspora con Rutelli, di dialogare con l'Udc in vista di intese elettorali.
Un modo possibile è quello di non ostacolare una scissione strategica: Rutelli e un gruppo di centristi formano un nuovo gruppo parlamentare, una sorta di «camera di transito» fra Pd e Udc. Un posto a metà strada.
L'uscita di Rutelli e dei suoi consente al Pd di spostarsi a sinistra, non chiama l'Udc a farlo più di quanto non possa, crea un ponte tra Bersani e Casini.
Si aprirebbe a questo punto la possibilità di alleanze triangolari, un'asse che va dalla sinistra di Vendola e Mussi (il quale ieri si è già affacciato a vedere) fino al centro Udc.
C'è poi l'Idv, che più di una volta in queste settimane al Pd ha teso la mano. Un passo alla volta, tuttavia. La priorità di Bersani, nella danza delle alleanze che è appena cominciata, è dettata dall'urgenza imposta dai fatti. Oggi è il giro di Rutelli: l'ipotesi della «camera di transito» viaggia veloce a più d'uno sembra suggestiva, sorride chi ci lavora da mesi e non la trova affatto una sorpresa. Vedremo col tempo.
Beppe Pisanu, ai movimenti al centro sempre da destra molto attento, parla con Claudia Fusani di «ridislocazione» di alcuni gruppi tra i due schieramenti. Ridislocazione è qualcosa che fa pensare alla ristrutturazione di un bene comune, niente di ostile.
Beppe Pisanu, ai movimenti al centro sempre da destra molto attento, parla con Claudia Fusani di «ridislocazione» di alcuni gruppi tra i due schieramenti. Ridislocazione è qualcosa che fa pensare alla ristrutturazione di un bene comune, niente di ostile.
Non si può escludere a priori, dice, la nascita di una terza forza moderata ma «il bipolarismo non è in crisi. Semmai si chiude il bipartitismo».
Torna ad essere una faccenda di alleanze, insomma. Allacciate le cinture. Si parte.
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