L'unità nazionale "non può essere oggetto di trattative e di discussioni". E' quanto afferma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un passaggio del suo intervento a Montecitorio in occasione della presentazione del rapporto annuale dell'Inpdap, Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica.
Nel suo intervento, il presidente della Camera sottolinea l'importanza di atti simbolici il cui significato trova ragione nella difesa di quella autonomia che si auspica dalla politica. Tra questi atti indica il giuramento di fedeltà che in passato veniva fatto sulla Costituzione. Fini ricorda che, come detta l'articolo 98 della Costituzione, i pubblici impiegati "sono al servizio esclusivo della nazione". "E' per questo - sottolinea - che mi chiedo se sia stato veramente opportuno abrogare, per i cosiddetti dipendenti 'contrattualizzati', che sono la maggioranza dei pubblici impiegati, la norma che prevedeva, all'atto dell'assunzione, la promessa solenne di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione".
"La difesa di atti simbolici come il giuramento - ha detto Fini - serve a rafforzare la coscienza civile del paese e a riconoscere quella dignità cui i pubblici dipendenti hanno pieno diritto, soprattutto quando, come ora, si è costretti a chiedere loro di sopportare il peso di nuove responsabilità derivanti da riforme strutturali, indubbiamente giuste e necessarie, ma che intervengono in un momento economico e sociale che non può considerarsi favorevole; e tralascio, perché di tutta evidenza, che giurare fedeltà alla Costituzione assume un positivo riferimento rispetto all'Unità nazionale che non può essere oggetto di trattative e di discussioni".
"Dico questo perché credo sinceramente che la valorizzazione della figura del funzionario pubblico possa contribuire a rafforzare la fiducia nello Stato e ad accrescere quel senso civico che da qualche tempo nel nostro Paese è sceso a livelli inferiori rispetto a quanto avviene nelle grandi democrazie europee. Questo - conclude Fini - è un fattore cruciale per la nostra convivenza civile e democratica e per avere, al centro come in periferia, un'amministrazione pubblica realmente imparziale e efficiente".
Fini sostiene poi che è "indispensabile" tornare "senza alcuna eccezione" alle regole del concorso pubblico, spiegando che "l'eccessiva invasione da parte dei soggetti politici della sfera amministrativa ha portato spesso il sostanziale aggiramento, a livello centrale, ma ancor più a livello locale, della regola del concorso come veicolo ordinario per l'accesso ai pubblici impieghi".
Per questo il presidente di Montecitorio ritiene "indispensabile" più che mai "ripristinare sistematicamente senza alcuna eccezione la regola del concorso pubblico, come ha cominciato a fare con norme mirate a restituire efficienza all'attività amministrativa il ministro Brunetta. Si tratta - aggiunge Fini - di una delle questioni più importanti per assicurare al Paese una classe dirigente di alto livello, da cui dipende la qualità e la trasparenza della pubblica amministrazione che rappresenta l'interlocutore diretto dei cittadini e che è la dimostrazione dell'efficienza o meno di tutto lo Stato".
(13 ottobre 2009)
Nel suo intervento, il presidente della Camera sottolinea l'importanza di atti simbolici il cui significato trova ragione nella difesa di quella autonomia che si auspica dalla politica. Tra questi atti indica il giuramento di fedeltà che in passato veniva fatto sulla Costituzione. Fini ricorda che, come detta l'articolo 98 della Costituzione, i pubblici impiegati "sono al servizio esclusivo della nazione". "E' per questo - sottolinea - che mi chiedo se sia stato veramente opportuno abrogare, per i cosiddetti dipendenti 'contrattualizzati', che sono la maggioranza dei pubblici impiegati, la norma che prevedeva, all'atto dell'assunzione, la promessa solenne di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione".
"La difesa di atti simbolici come il giuramento - ha detto Fini - serve a rafforzare la coscienza civile del paese e a riconoscere quella dignità cui i pubblici dipendenti hanno pieno diritto, soprattutto quando, come ora, si è costretti a chiedere loro di sopportare il peso di nuove responsabilità derivanti da riforme strutturali, indubbiamente giuste e necessarie, ma che intervengono in un momento economico e sociale che non può considerarsi favorevole; e tralascio, perché di tutta evidenza, che giurare fedeltà alla Costituzione assume un positivo riferimento rispetto all'Unità nazionale che non può essere oggetto di trattative e di discussioni".
"Dico questo perché credo sinceramente che la valorizzazione della figura del funzionario pubblico possa contribuire a rafforzare la fiducia nello Stato e ad accrescere quel senso civico che da qualche tempo nel nostro Paese è sceso a livelli inferiori rispetto a quanto avviene nelle grandi democrazie europee. Questo - conclude Fini - è un fattore cruciale per la nostra convivenza civile e democratica e per avere, al centro come in periferia, un'amministrazione pubblica realmente imparziale e efficiente".
Fini sostiene poi che è "indispensabile" tornare "senza alcuna eccezione" alle regole del concorso pubblico, spiegando che "l'eccessiva invasione da parte dei soggetti politici della sfera amministrativa ha portato spesso il sostanziale aggiramento, a livello centrale, ma ancor più a livello locale, della regola del concorso come veicolo ordinario per l'accesso ai pubblici impieghi".
Per questo il presidente di Montecitorio ritiene "indispensabile" più che mai "ripristinare sistematicamente senza alcuna eccezione la regola del concorso pubblico, come ha cominciato a fare con norme mirate a restituire efficienza all'attività amministrativa il ministro Brunetta. Si tratta - aggiunge Fini - di una delle questioni più importanti per assicurare al Paese una classe dirigente di alto livello, da cui dipende la qualità e la trasparenza della pubblica amministrazione che rappresenta l'interlocutore diretto dei cittadini e che è la dimostrazione dell'efficienza o meno di tutto lo Stato".
(13 ottobre 2009)
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