domenica 4 ottobre 2009

Fondi, infiltrazioni mafiose al comune si dimettono il sindaco e i consiglieri

Il palazzo comunale di Fondi

di ALBERTO CUSTODERO

Un anno e 25 giorni dopo la richiesta di scioglimento del prefetto di Latina per infiltrazioni mafiose (mai accolta dal consiglio dei ministri), la maggioranza di centrodestra (con Udc) di Fondi, comune del Sud Pontino, ha deciso di rassegnare le dimissioni. Per le opposizioni, si tratta di una manovra per bloccare la decisione del cdm. Per la Cgil, "un escamotage per potersi ricandidare". "Il governo sciolga il comune - ammonisce Walter Veltroni, membro dell'Antimafia. "È una mossa mafiosa che serve a evitare lo scioglimento di un comune mafioso", gli fa eco il deputato Idv Stefano Pedica. Ma il sindaco Luigi Parisella, Pdl, dà un'altra versione alle dimissioni in massa.

"Non potevamo andare avanti così - dice - pensavo di farcela, ma io non reggo più al peso, alle pressioni politiche e mediatiche: era ora di finirla". Il sindaco di Fondi, a capo - si legge nella relazione prefettizia - "di una macchina amministrativa che in tutte le sue articolazioni risulta interessata da illegittimità gravissime", ha gettato la spugna.

La polemica dell'opposizione sulla manovra strumentale ("Se si sono dimessi, significa che il marcio c'era", commenta il segretario Pd Dario Franceschini), non gli "interessa". Parisella non fa alcun cenno all'accusa contestagli dal prefetto di conflitto di interessi per aver votato una variante urbanistica che ha favorito una società (la Silo srl), nella quale è socio insieme al senatore Pdl Claudio Fazzone e al parente di un pregiudicato. "Per noi - taglia corto Parisella - le dimissioni rappresentano la liberazione da una vicenda che ci ha logorato. Il consiglio comunale ora è formalmente decaduto, da lunedì ci sarà un commissario".

Il caso sul mancato scioglimento per mafia del comune di Fondi era scoppiato a Ferragosto quando Silvio Berlusconi, dopo aver elogiato Maroni come "il ministro che aveva l'opportunità storica di sconfiggere la mafia", spiegava subito dopo che il cdm non aveva alcuna intenzione di sciogliere Fondi per infiltrazioni mafiose perché "alcuni ministri s'erano detti contrari". E perché nessun politico era destinatario di avviso di garanzia.

Da allora, Fondi per l'opposizione è diventato l'emblema, per dirla con Veltroni, "della resa del consiglio dei ministri di fronte all'intreccio mafia e politica. Un segnale allarmante che nella lotta alla mafia, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, il governo si tira indietro".

Dal centrosinistra un coro di proteste, dalla maggioranza parlamentare il silenzio. Per Laura Garavini, capogruppo Pd all'Antimafia, fra i primi a sollevare il caso Fondi, "Maroni per salvare la faccia dovrebbe dimettersi. Altro che passare alla storia per aver sconfitto la criminalità organizzata: sarà ricordato per essersi fatto prendere in giro da un gruppo di politici locali collusi con le mafie con la complicità di molti suoi colleghi del cdm".

(4 ottobre 2009)

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