"Giulio, ti pare che io voglio abolire l'Irap così, da un giorno all'altro... Lo faremo quando ci saranno i soldi. Ma in due mesi arriveranno i miliardi dello scudo fiscale e quelli dobbiamo usarli per abbassare le tasse". Dopo nemmeno tre giorni dall'annuncio al convegno della Cna, Berlusconi smentisce se stesso e firma con Tremonti la tregua armata. Del resto per uno che si è inventato la tempesta di neve sopra la dacia di Putin per partire in ritardo e far saltare il Consiglio dei ministri, una smentita non è poi la fine del mondo. Il gelo resta, i rapporti personali sono ormai deteriorati e non basta un incontro di tre ore per ricucire lo strappo. Ne è prova il commento a denti stretti di Calderoli sull'esito dell'incontro: "Meglio non parlarne. Il governo sta in piedi solo grazie a quell'uomo lì", indicando Bossi.
Il vertice di Arcore si è svolto in due parti: prima Berlusconi con Calderoli e Bossi. Poi è arrivato anche Tremonti che il premier avrebbe cercato di evitare fino all'ultimo. "Giulio deve capire che il presidente del consiglio sono io e la linea politica la stabilisco io e non lui. Entro la fine dell'anno qualcosa sulle tasse devo farlo e lui si deve adeguare", ha premesso il premier con i capi leghisti. "Non ti preoccupare, convincerò Tremonti", ha garantito Bossi. In tre ore il vertice è servito per rinviare lo show down finale con il ministro, che Berlusconi ha criticato per voler fare tutto da solo, senza coinvolgere anche gli altri ministri: "Non sapete che fatica faccio a tenere tutti uniti. D'ora in poi non voglio più dichiarazioni contrastanti di un ministro contro un altro". E la prima a raccogliere la sollecitazione è stata la Gelmini, Scuola, che dopo essersi lamentata vivacemente nei giorni scorsi per i finanziamenti troppo scarsi, ieri si è affrettata a ringraziare Tremonti per l'opera di risanamento dei conti.
Nel salotto di Arcore sono entrati per primi Calderoli e Bossi (che considera Tremonti il garante del federalismo fiscale), e anche se il leader lumbard nega di aver fatto da paciere, non c'è dubbio che la sua presenza al vertice stabilisce chi è il vero ago della bilancia nel governo e nello scontro sanguinoso fra Tremonti e i sempre più insofferenti ministri anti-Giulio. Bossi si è fatto sentire, eccome, sulle troppe parole in libertà dei ministri e soprattutto sulla voglia di spesa facile in vista delle elezione. "Troppi pasticcioni, troppi ministri a caccia di consenso, troppa gente che fa casino", ha detto avvertendo Berlusconi di tenere a bada quei ministri "troppo invidiosi" di Tremonti.
L'elenco di chi chiede di allentare i cordoni della borsa è lungo, a cominciare come si è visto da Berlusconi che ha bisogno di dare qualche segnale per rinvigorire il consenso in vista delle elezioni amministrative di fine marzo. Ma anche se alla fine Berlusconi la spunterà, Bossi ieri ad Arcore non solo ha ricordato che "finché io vivo Tremonti non si tocca", ma ha perfino tirato in ballo gli odiati "controllori" di Francoforte e Bruxelles per ricordare a Berlusconi che "l'Europa ci uccide se spendiamo".
Quindi tutti d'accordo: prima vengono le riforme costituzionali e la Giustizia, l'Irap si eliminerà - come chiede di fare da subito la Confindustria - ma nel tempo, quando ci sarà la copertura finanziaria per farlo. Piuttosto viene il sospetto che la vera posta in gioco nel duello fra Berlusconi e Tremonti non sia tanto l'Irap, ma il "tesoretto" che arriverà entro la fine dell'anno con lo scudo fiscale: qualcosa che può arrivare fino a 5 miliardi di euro, molto utili in vista delle elezioni. Chi li gestirà? Un fondo speciale a Palazzo Chigi, o un capitolo di spesa gestito dal ministero dell'Economia? Il "tesoretto" fa gola a tutti e due, e su quei 5 miliardi lo scontro si annuncia sanguinoso.
(25 ottobre 2009)
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