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È il Sud la nuova frontiera che Berlusconi si è dato per uscire dall'angolo, per rompere quell'accerchiamento che vede intorno a sé. Perché, si è sfogato, "vorrebbero che d'ora in poi mi occupassi solo dei processi". È quello di Tremonti il braccio a cui si aggrappa per uscire dall'angolo, per chiudere in fretta, pur senza perderci la faccia, quello scontro istituzionale che ha innescato con il Quirinale.
"Ci vuole un'exit strategy da questa guerriglia quotidiana - ragiona uno dei suoi collaboratori - e Berlusconi dà il meglio di sé quando riesce a darsi una missione". Ecco, il "piano Berlusconi" per il Sud, che ha impegnato Tremonti e il premier in un lungo faccia a faccia a palazzo Grazioli due giorni fa, è tra le priorità "tattiche" del governo. Visto che a marzo andranno al voto milioni di elettori in Campania, Puglia, Calabria e Basilicata. Solo che anche su questo fronte non mancano le spine, come si è visto ieri con la mezza rivolta proprio dei forzisti meridionali - Raffaele Fitto, Stefania Prestigiacomo - contro il decisionismo solitario del ministro dell'Economia sul mezzogiorno. E a Berlusconi non è rimasto altro da fare che rinviare tutto a un altro Consiglio dei ministri.
Raccontano che il premier sia in cerca di una via d'uscita, molto preoccupato per la situazione economica che non migliora (così lo descrivono gli imprenditori che hanno cenato con lui a Gernetto) e angosciato per gli "agguati" che la magistratura starebbe ordendo ai suoi danni. Con i suoi è persino arrivato a evocare lo spettro di un aggressione fisica, un rischio che gli sarebbe stato segnalato dall'intelligence. "Questa campagna mediatica contro di me - ha confidato infatti durante l'ufficio di presidenza del Pdl - ha messo in allarme i Servizi. Mi hanno detto di stare in guardia, temono che possa essere vittima di qualche squilibrato in cerca di notorietà mondiale. E mi hanno invitato caldamente a non stare troppo in mezzo alla gente, ma come si fa?".
Nel frattempo - proprio sul Mezzogiorno, il terreno scelto da Berlusconi per il rilancio - nel Pdl altri leader stanno prendendo l'iniziativa. Oggi a Salerno, organizzato da Farefuturo e da MezzogiornoNazionale di Pasquale Viespoli, si terrà un convegno che vedrà come protagonisti Gianfranco Fini e Giulio Tremonti. E al tavolo prenderà posto Guglielmo Epifani, leader di quella Cgil che l'ala dura del governo vorrebbe invece mettere all'indice. "La Cgil - spiega Viespoli - è un soggetto importante e noi non abbiamo chiusure". È il segno che anche nel Pdl, in questa fase "liquida", qualcosa si sta muovendo e non a caso i primi a venire allo scoperto sono i due leader che più hanno rapporti con l'altra sponda: Tremonti con l'Aspen e, appunto, Fini. "Oggi - osserva Adolfo Urso - nel Pdl o ti confronti sulle idee di Tremonti o su quelle di Fini, sono loro due i motori del dibattito. Ed entrambi tendono a parlare anche all'altra metà del paese". È l'idea di poter aprire una stagione di riforme condivise o, per lo meno, non osteggiate dall'opposizione. Un obiettivo, insomma, distante da quello che ha in mente Berlusconi. E non a caso un fedelissimo del Cavaliere come Giorgio Stracquadanio lancia provocatoriamente l'idea di una riforma della Costituzione approvata a colpi di maggioranza. "Occorre - spiega - uno scatto di impronta gollista perché andare avanti con i "lodi" significa prendere l'aspirina per curare un tumore. Berlusconi deve intestarsi la riforma e poi, come De Gaulle, imporre lui stesso un referendum". Altrimenti? "Se aspettiamo ancora il domani, a Berlusconi fanno fare la fine di Craxi: invece che ad Hammamet andrà ad Antigua".
(10 ottobre 2009)
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