Scrive all'Unità Giorgio: «Ho votato per Bersani ma mi piace Franceschini e mi piace Marino. Tutti e tre rappresentano una declinazione del PD. Una cosa chiedo al futuro segretario: di essere primo fra pari, di utilizzare al meglio tutte le risorse di questo grande partito».
Scrive dalla Toscana Armando: «Ho sentito i discorsi dei candidati: bravi davvero. Se ne può fare uno di tre?».
Scrive Alice che ha 21 anni: «Alle primarie voterò Marino. Però sono stata contenta di sentire che Franceschini diceva se sarò segretario Pier Luigi e Ignazio saranno nella mia squadra. È così che si fa».
È così che si dovrebbe fare, Alice, ma non lo fa mai nessuno.
La politica in questo paese è cresciuta alla scuola del potere, in specie quello maschile, dove l'eliminazione reciproca fra contendenti è stata per decenni la stella polare.
Gruppi correnti sottocorrenti, blocchi di tesserati e appartenenze hanno ammalato i partiti fino ad immobilizzarli, a farne principalmente agenzie di collocamento per i più fedeli e pazienza per i milioni di altri.
A sinistra in particolare si è sfiorata l'autodistruzione.
Ci vorrà molto tempo perché di tre se ne possa fare uno, come chiede Armando, perché lo spirito di squadra, di gruppo - in una bella parola: di partito - possa diventare l'anticorpo che uccide il morbo delle clientele, delle fazioni a se medesime principalmente interessate.
Però lo scetticismo e il disincanto non sono mai stati un buon concime. Dal rancore non fiorisce niente.
Può darsi che credere nella forza delle idee e della passione sia un'ingenua illusione, come gli scaltri analisti di lungo corso sostengono.
Non crederci è peggio.
Quello di ieri non era un congresso (ai congressi si parla, poi si discute, poi si vota) era il suo contrario: si era già votato, i discorsi servivano a chiudere un cammino e aprirne un altro.
La campagna sprint per le primarie: 15 giorni.
Come tre atleti in una gara di prova i candidati hanno mostrato le loro qualità.
Bersani serio, concreto, uno che parla di semina e di raccolto che conosce le stagioni.
Franceschini appassionato e diretto, capace di suscitare applausi in piedi (l'avreste detto, sei mesi fa?) da una platea sulla carta non facile per lui.
Marino emozionato al debutto ma capace di dire quel che è più difficile: sulle donne, sugli omosessuali, sui diritti individuali e sulla stanchezza che suscita la vecchia politica.
Erano tre bei discorsi.
Una ricchezza, per un partito che non ha neppure due anni, poter contare su candidati di questo calibro.
Attenzione, adesso: che nelle prossime due settimane non prevalga il lavorìo sotterraneo, gli sgambetti e i tranelli. Sarebbe la vecchia storia: eliminarsi a vicenda per poi dire ho vinto io. Avremmo perso tutti.
Gli italiani esausti del Sultano non ne possono più. Ieri il premier in carica ha detto che la stampa estera «sputtana il Paese». Parla così. Basterebbe questo per chiedergli di farsi da parte ma c'è molto di peggio. Moltissimo di peggio. Di nuovo minaccia i giudici: «L'azione civile in corso è affidata a un giudice su cui se ne sentiranno venir fuori delle belle...».
Il Pd ha una grande responsabilità, il mondo intero ci guarda: offrire un'alternativa concreta, durevole, aperta. Farlo adesso, non fra sei mesi né fra sei settimane. Ora.
4 commenti:
Si ora, subito. Ma quel subito io lo sento solo in Antonio Di Pietro, la sua frenesia, la sua voglia di sbarrare la strada a Berlusconi è iniziata 15-anni fa, ma perchè solo pochi lo capiscono?? Ancora con stò PD?? Un risalto a questa nomina come se fosse l'elezione del Papa, ed i simpatizzanti aspettano trepidanti la fumata bianca, i fedeli del nuovo culto!!
Oh cacchio Luigi, sono nera!!
BEATA GIOVENTU'!
IO SONO ANGOSCIATO, MI SENTO IMPOTENTE.
Ci hanno resi tutti impotenti! :((
CALMA, SANGUE FREDDO, POSSIAMO SOLO STARE ALLA FINESTRA.
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