mercoledì 7 ottobre 2009

La Corte Costituzionale si è pronunciata «Il Lodo Alfano è illegittimo»


Il Lodo Alfano è illegittimo. Così si sono pronunciati i 15 giudici della Corte Costituzionale. La legge che sospende i processi delle quattro più alte cariche dello Stato (i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio) è stata bocciata per violazione dell'articolo 138 della Costituzione, vale a dire l'obbligo di far ricorso a una legge costituzionale e non ordinaria, e dell'articolo 3, ovvero il principio di uguaglianza. La decisione è stata presa a maggioranza (9 giudici contro 6) e avrà come effetto immediato la riapertura di due processi a carico del premier Silvio Berlusconi: per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

«NON CAMBIA QUADRO POLITICO» - Poche ore prima il deputato del Pdl Gaetano Pecorella, che ha sostenuto le ragioni del Lodo Alfano di fronte alla Corte Costituzionale, gettava acqua sul fuoco: «Il risultato non cambia il quadro politico, qualunque esso sia. Se fosse negativo, non sarebbe una sentenza di condanna per Berlusconi, ma riaprirebbe soltanto i processi. Quindi il ricorso alle urne non avrebbe senso, anche perché abbiamo già ora una forte maggioranza e la legislatura deve andare avanti». Il leader del Pd, Dario Franceschini, parlando a Ballarò, ha detto invece che la bocciatura del lodo Alfano potrebbe spingere Silvio Berlusconi a «reagire in un modo poco democratico».

BOSSI E ALFANO DA BERLUSCONI - Nel pomeriggio Umberto Bossi era andato a palazzo Grazioli per un incontro con Silvio Berlusconi. Oltre al Senatur sono arrivati Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Più tardi anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano si è aggiunto all'incontro tra il premier e i leader della Lega, cui ha partecipato anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto.

I TRE RICORSI - La Consulta era chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale del provvedimento varato dal Parlamento a luglio 2008 e nei confronti del quale erano stati presentati tre ricorsi: due dai giudici di Milano, nell'ambito dei processi in cui Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato inglese David Mills (condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset. Il terzo è del gip di Roma, chiamato a decidere se rinviare o meno a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura. Il provvedimento del governo aveva iniziato il suo percorso lo scorso anno con il via libera del Quirinale che aveva autorizzato l'esecutivo a presentare il testo alle Camere. Successivamente, Napolitano ha promulgato la legge. Il «punto di riferimento» per la decisione del capo dello Stato era stato «la sentenza 24 del 2004» con cui la Corte aveva bocciato il lodo Schifani.

CAMERA DI CONSIGLIO - I giudici si erano riuniti martedì pomeriggio a Palazzo della Consulta. La camera di Consiglio si era aperta alle 17, dopo che il relatore Franco Gallo aveva esposto i termini della questione di incostituzionalità. Alla relazione erano seguiti gli interventi degli avvocati Niccolò Ghedini, Piero Longo e Gaetano Pecorella in rappresentanza del premier e di Glauco Nori per l'Avvocatura dello Stato. Non ammesso al dibattimento, invece, il costituzionalista Alessandro Pace in rappresentanza dei pm milanesi, secondo una consuetudine consolidata della Corte. La camera di Consiglio, sospesa una prima volta alle 19.30 di martedì, si è riaperta mercoledì mattina alle 9 e, dopo una seconda sospensione, tra le 13 e le 16, è ripresa fino alla sentenza arrivata alle 18.

7 ottobre 2009

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