di Furio Colombo
Chi vive dentro o vicino alle istituzioni vede per forza quello che sta accadendo. È finita la repubblica parlamentare. Camera e Senato sono luoghi di confronto e di scontro, due strani club in cui nessuno è titolare di niente, due tifoserie in cui tieni per l'opposizione o per il governo, ma ti è proibita ogni invasione di campo.
L'opposizione, quando riusciamo a farla, avviene, se avviene, nelle manifestazioni dei partiti e, di più, dovunque i cittadini si automobilitano, come nelle due grande manifestazioni di ieri a Roma, per la libertà di stampa e per salvare la scuola. La maggioranza di governo si autocelebra in grandi eventi costosi nei palasport, su e giù lungo la penisola. Ma in quelle celebrazioni nessuno discute, nessuna vota, nessuno propone, uno solo dispone e tutti lo acclamano. Il personaggio acclamato è un punto di potere itinerante. Stiamo parlando del capo del Governo, che passa dal pubblico al privato, dal dentro al fuori delle istituzioni, toccando e piegando tanti vertici diversi secondo le sue decisioni, i suoi umori, le sue esigenze, le sue voglie. Se avesse incorporato un chip che consentisse di seguire i movimenti, quel capo del Governo traccerebbero sullo schermo un groviglio di linee, come un quadro di Cy Twombly, il celebre pittore americano autore di bellissimi scarabocchi.
Qui il problema non è se siano belli i segni che lascerebbe il chip incorporato in Berlusconi. Il problema è che quei segni mostrerebbero il connettersi di ogni punto di potere con l'altro. Restano fuori un po' di giornalisti e un po' di giudici. Non restano fuori di questo frenetico andare e venire del capo del governo e del potere italiano né
Una cosa va detta per onestà. Questo spostamento del potere dal Parlamento al Governo, in un sistema costituzionale che non è presidenziale e che dovrebbe essere fondato sulle Camere, non è cominciato con Berlusconi, come dice e ricorda tante volte l'instancabile Marco Pannella. Prima vengono le segreterie dei partiti, poi viene l'illusione del bipartitismo con leader contrapposti e un sistema elettorale che ci siamo illusi fosse maggioritario. Poi si scrivono i nomi non dei partiti ma dei candidati premier sulle schede, deviando non tanto il sistema politico quanto la percezione del sistema. Ed è a questo punto che esplode lo squilibrio incurabile e il furto continuato (già iniziato o tentato ma adesso inarrestabile) di potere del Parlamento, che diventa istituzione sempre più onoraria. Tanto che deputati e senatori non sono più scelti dai cittadini ma dall'autocrazia dei partiti.
Qui il conflitto di interessi, che a molti poteva sembrare soltanto una anomalia, una deformazione ai margini, esplode al centro del sistema politico. Sotto le macerie si scopre la struttura solida di un potere forte destinato a durare. Ecco come è successo nell'alternanza Berlusconi- Prodi-Berlusconi -Prodi -Berlusconi. Uno dei due (Prodi), privo di altri strumenti, ha cercato la forza e il sostegno in politica, cioè nel Parlamento.
Il Parlamento gli si è frantumato due volte sotto il peso di interessi divergenti, tutto ciò perché non c'era alcuna forza economica o ideologica per trattenere insieme gli alleati indispensabili. L'aria avvelenata del conflitto di interessi ha cominciato a diventare irrespirabile. Infatti il capo dell'altro schieramento, (Berlusconi), aveva iniziato la circolazione extra corporea del sistema del potere italiano. Il partito è una finzione, il Parlamento un non luogo, la disciplina garantita dal doppio involucro di una doppia bolla economica. Una garantisce attraverso cooptazione e affiliazione una compattezza granitica alla messa in scena politica di un partito che non è un partito e di una maggioranza che è resa stabile dai legami intessuti con rigore al suo interno. Infatti mai nessuno si è allontanato dal partito di Berlusconi tranne la mafia e Guzzanti. E il partito di Berlusconi ha ingoiato, con un "anschluss" rapidissimo, il partito amico di Fini. L'altra è la bolla mediatica, una camera stagna con le pareti imbottite che tende a impedire ogni filtraggio di informazione.
Tutto ciò, come un immenso tendone da circo, garantito dai cavi d'acciaio delle connessioni bancarie, finanziarie, editoriali, assicurative, immobiliari, italiane e straniere (governo del fare vuol dire governo d'affari) con crescenti legami in Russia e in Libia, e crescente distacco, per naturale mancanza di affinità, verso America ed Europa occidentale. D'accordo, il Parlamento era in crisi da tempo, tormentato da divisioni senza fine sul sistema elettorale che, riguarda, appunto, il sistema del Parlamento. Berlusconi lo ha sterilizzato. La sua maggioranza ubbidiente aspetta e approva le sue leggi. Quando un deputato della maggioranza interviene, ripete alla lettera le parole del capo. Il sistema della "fiducia" accorcia i tempi ed elimina discussioni. Niente può accadere, tranne dimostrazioni, alla Camera e al Senato. Strano che i colleghi Paolo Foschi e Roberto Zuccolini, in una pagina intera sul Corriere della Sera (2 ottobre) si siano accorti del problema (il Parlamento lavora a far passare tutte e solo le leggi del governo) ma non si siano chiesti perché, associandosi al dubbio popolare che il Parlamento sia tutta una massa di mascalzoni o incapaci. Certo non era ciò che volevano gli attenti colleghi. Ma è esattamente la mossa finale e "popolare" di Berlusconi. Eliminare, anche senza chiuderlo, il Parlamento.
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