di Francesco Bonazzi
Sono solo un avvocato di provincia. Questa battuta che il Giuseppe Guzzetti da Turate ripete puntualmente da trent’anni dopo ogni successo - l’ha detta anche lunedì, dopo aver messo a segno l’impresa di portare Corrado Passera e Alessandro Profumo a pranzo da Giulio Tremonti - non è solo un capolavoro di understatement. É la chiave per aprire le porte che possono spiegare il segreto di un banchiere dalle sette vite. Un democristiano di 75 anni, partito mezzo secolo fa dalla sinistra di base di Giovanni “Albertino” Marcora e che oggi sarà il sommo celebrante della nuova “Pax bancaria” con il governo Berlusconi. Perchè quando l’avvocato con le sopracciglia nere e il pizzetto candido inforcherà gli occhialoni e inizierà a leggere la propria relazione da presidente dell’Acri, nel salone romano della Cancelleria avrà al suo fianco Tremonti, il governatore Mario Draghi e l’esangue presidente dell’Abi, quel Corrado Faissola che politicamente pesa un decimo di lui. E sarà evidente a tutti che il Grande Vecchio delle banche del Nord è lui, almeno quanto Cesare Geronzi lo è di tutto il resto. Sono tredici anni che Guzzetti è il presidente della “Commissione centrale di beneficenza della Cariplo”, un ente che a dispetto del nome da filantropia sovietica gestisce un patrimonio di 10 miliardi ed un pacchetto del 4,68% di Intesa Sanpaolo (la prima banca del paese, guidata dall’amico fraterno Giovanni Bazoli). E sono solo nove anni che ha assunto la presidenza dell’Acri: l’associazione delle casse di risparmio che ai tempi della Prima Repubblica “era sinonimo di Dc e oggi è sinonimo del solo Guzzetti”, come dice un banchiere piemontese.
Il suo curriculum di potere è impressionante e serve a capire perchè l’avvocato comasco sia un monumento vivente al rapporto banca-politica. Consigliere regionale in Lombardia dal 1970 a il 1987; presidente del Pirellone dal 1979 al 1987; senatore dal 1987 al 1994. Già dagli anni Settanta, per conto di Marcora, era il commissario politico della Dc per le nomine in Cariplo. Poi, quando Silvio Berlusconi entra in politica nel ‘94, Guzzetti ne esce in punta di piedi scuotendo la testa, ma in religioso silenzio e facendo attenzione a cooptare anche gente come Bruno Ermolli, gran consigliere di Arcore e vicepresidente Cariplo. Del cenacolo di banchieri cattolici del “Gruppo cultura etica e finanza”, raccontato da Giancarlo Galli nel saggio “Finanza Bianca” (Mondadori, 2005), Guzzetti è “magna pars” insieme a Bazoli e a Roberto Mazzotta. Non è un consesso dove si parli bene del Cavaliere, ma a differenza del presidente di Intesa, Guzzetti non mostrerà mai alcun antiberlusconismo. Non credeva più di tanto alle analisi di Beniamino Andreatta, consigliere e méntore di Bazoli come di Romano Prodi, ma neppure appoggiava la “destra” cattolica degli Angelo Caloia (per quasi vent’anni alla guida dello Ior). Per descrivere il tipo, in Cariplo è stato proprio il cattolicissimo Guzzetti a stoppare la carriera di Caloia. E se oggi Corrado Passera rischia di vedere assediata la propria poltrona di amministratore delegato dalle fondazioni azioniste, a cominciare da quella Compagnia di San Paolo che di Intesa ha un bel pacchetto del 10%, è anche perchè Guzzetti ha saputo guadagnarsi la fiducia del collega Angelo Benessia, che della fondazione torinese è il laicissimo presidente (il sindaco di Torino Sergio Chiamparino non fa un passo senza consigliarsi con Benessia, ex vicepresidente di Rizzoli in quota Fiat).
Ma Guzzetti è stimato e appoggiato oltre ogni immaginazione anche dalla Lega Nord, ancora in debito di personaggi di un certo “standing” nell’alta finanza, atteso che l’unica volta che in Via Bellerio si sono occupati direttamente di banca, con la Credieuronord, c’è mancato poco che finissero tutti al fresco e si sono dovuti far salvare dalla Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani. Ebbene, in Cariplo Guzzetti garantisce anche i seguaci di Umberto Bossi e il suo capolavoro è stata la nomina di Marcello Sala nel cda di Intesa senza dire che era in quota Lega, ma presentandolo come uomo proprio. L’altro capolavoro, quello più noto, è l’aver negoziato nel ‘96, con un laico come Carlo Azeglio Ciampi, la legge che ha dato vita alle fondazioni di origine bancaria. Una legge che nel 2004 il “solito” Tremonti, da bisognoso ministro dell’Economia, provò ad aggirare tentando di mettere le mani sul tesoro delle fondazioni. Ne scaturì una battaglia legale durata un paio d’anni due, naturalmente stravinta per conto delle fondazioni dall’avvocato Guzzetti fino in Cassazione. Ora, un altro, al suo posto, si sarebbe vendicato. Invece l’avvocato di Turate, che lavora ogni giorno dalle 7 alle 21 e il sabato aiuta il figlio nello studio di Como, è un buon conoscitore della storia romana e sa che per durare non bisogna stravincere. Così ha teso la mano a Tremonti già da due anni e ben prima che questi tornasse al ministero. E se oggi Guzzetti è lo scudo delle banche è anche per questa sapienza longobarda degna di re Liutprando, che nel 712 regalò Turate ai monaci pavesi di San Pietro in Ciel d’oro. In quel monastero Tremonti ogni tanto va a messa e prima o poi rischia di dovervisi rinchiudere, se non imparerà la prudenza (demo)cristiana dall’immarcescibile Guzzetti.
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