La vendetta contro «i pm comunisti», atto primo. A metà novembre le nuove norme sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, pietra tombale per tutte le indagini, riprenderanno la corsa verso l’approvazione definitiva. Il Senato ha dato disco verde e priorità assoluta al testo che sarebbe modificato nel senso che gli indizi per intercettare passerebbero da «evidenti» a «sufficienti». È il primo effetto, atteso e previsto, della sentenza che ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi per l’avvocato inglese David Mills perchè ha mentito in ben due processi per salvare il premier che lo ha a sua volta ricompensato con 600 mila euro.
Il premier è alla guerra
Ormai è guerra, «aperta e dichiarata» dicevano ieri in Transatlantico i fedelissimi del premier. «Un conflitto evidente a tutti gli italiani». Guerra, dunque. È il termine che meglio rappresenta quello che succederà da oggi in poi sul fronte giustizia congelato prima dell’estate in attesa delle due date discriminanti - sentenza sul Lodo Alfano e appello per Mills - e che peggio di così, per il premier, non potevano andare. Berlusconi l’ha dichiarata in diretta tv a Ballarò: «L’anomalia in Italia sono i pm comunisti di Milano». Il ministro Alfano, Ghedini e soci avvocati-deputati la traducono in disegni di leggi, emendamenti e leggine da piazzare in qua e in là con un unico obiettivo: impedire che vada a sentenza anche solo di primo grado il processo-stralcio di Mills dove Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari e che comincerà a giorni a Milano. E di conseguenza anche gli altri due processi sui diritti tv (riprende il 16 novembre) dove il premier è già imputato o sta per diventarlo. Certo, non spiacerebbe neppure poter invalidare la condanna definitiva per Mills che la Cassazione potrebbe mettere in calendario a febbraio, in tempo per evitare la prescrizione prevista tra aprile e maggio. L’attacco via etere del premier si concretizza ieri mattina in Transatlantico poco dopo le undici dove si materializzano Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera, Niccolò Ghedini - entrambi molto tesi - e il senatore Piero Longo. Comincia così una frenetica giornata di incontri che vanno avanti fino a tarda sera, intorno alle 21, quando si conclude la Consulta del Pdl sulla giustizia. Il ministero-ombra della giustizia, creatura ghediniana allargata agli alleati leghisti, è il luogo dove hanno preso forma le tattiche e le strategie della guerra dichiarata dal premier. Una riunione a cui Giulia Bongiorno non ha voluto partecipare («non ne faccio parte» ha precisato) anche perchè è chiaro che i finiani non condividono nè i metodi nè i contenuti delle soluzioni proposte da Ghedini.
In nome del giusto processo
La certezza sono le intercettazioni. «Sono allo studio varie modifiche per soggettivizzare l’intercettazione » precisa il relatore Roberto Centaro (Pdl). Per le norme salva-premier sembra sempre più semplice, visti i tempi, un disegno di legge da far correre veloce al Senato. Sfruttando ad esempio la riforma dell’ordinamento forense che sarà licenziata dal Senato a metà novembre. Indiscrezioni insistono su un provvedimento «assolutamente generale, ispirato ai principi europei e alla Carta costituzionale». Al giusto processo e ai suggerimenti del Consiglio d’Europa per cui un processo penale non dovrebbe durare più di sei anni (tre per il I°, due per l’Appello, uno per la Cassazione). Oltre all’ipotesi di tagliare di un quarto i termini della prescrizione intervenendo sulle “interruzioni tecniche” per i reati con pene non superiori ai 10 anni, c’è anche quella di introdurre per la prima volta il termine massimo di durata dei processi pari a sei anni. Altrimenti scatta la prescrizione. Che c’entra Berlusconi con tutto ciò? Semplice: con queste norme il processo Mills sarebbe già prescritto e quello per i diritti tv morirebbe nel 2011 anzichè nel 2013. Il trucco è che quella dei sei anni sarebbe la prima vera riforma della giustizia utile ai cittadini visto che un processo in Italia dura in media otto anni. E pazienza se la stessa norma dovesse anche fare un favore al premier.
La certezza sono le intercettazioni. «Sono allo studio varie modifiche per soggettivizzare l’intercettazione » precisa il relatore Roberto Centaro (Pdl). Per le norme salva-premier sembra sempre più semplice, visti i tempi, un disegno di legge da far correre veloce al Senato. Sfruttando ad esempio la riforma dell’ordinamento forense che sarà licenziata dal Senato a metà novembre. Indiscrezioni insistono su un provvedimento «assolutamente generale, ispirato ai principi europei e alla Carta costituzionale». Al giusto processo e ai suggerimenti del Consiglio d’Europa per cui un processo penale non dovrebbe durare più di sei anni (tre per il I°, due per l’Appello, uno per la Cassazione). Oltre all’ipotesi di tagliare di un quarto i termini della prescrizione intervenendo sulle “interruzioni tecniche” per i reati con pene non superiori ai 10 anni, c’è anche quella di introdurre per la prima volta il termine massimo di durata dei processi pari a sei anni. Altrimenti scatta la prescrizione. Che c’entra Berlusconi con tutto ciò? Semplice: con queste norme il processo Mills sarebbe già prescritto e quello per i diritti tv morirebbe nel 2011 anzichè nel 2013. Il trucco è che quella dei sei anni sarebbe la prima vera riforma della giustizia utile ai cittadini visto che un processo in Italia dura in media otto anni. E pazienza se la stessa norma dovesse anche fare un favore al premier.
29 ottobre 2009
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