sabato 31 ottobre 2009

Morti affidati alle istituzioni

ANTONIO DI PIETRO
31 ottobre 2009

Il caso Cucchi mi ricorda il caso Bianzino di cui Italia dei Valori si è occupata con un’interrogazione parlamentare e su cui non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta dal ministero competente, quello della Giustizia, da cui il corpo di Polizia Penitenziaria dipende (guarda il video). Mi ricorda anche la vicenda di Federico Aldrovandi. Sia Cucchi che Aldrovandi che Bianzino sono morti mentre erano in mano alle Istituzioni, carcerarie e dell’ordine che siano. Tutti e tre erano dei ragazzi, Bianzino anche sposato con un bambino poi rimasto solo quando, dopo qualche tempo, mancarono anche la nonna e la mamma.

Cucchi viene arrestato per possesso di 20 grammi di hashish nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre, e finisce all’obitorio sei giorni dopo con il corpo martoriato da fratture e contusioni multiple. Le foto pubblicate in internet di Stefano e l’intervista nel blog di Grillo ad Ilaria e Giovanni Cucchi, rispettivamente sorella e padre del ragazzo, sono documenti sconvolgenti.

Non si può finire in carcere per uno spinello, o una pianta di marijuana, e uscirne in una bara di mogano senza che siano certificate e riscontate le cause eccezionalmente straordinarie all'origine del triste epilogo. E non senza che sia provata l’estraneità delle Forze dell’Ordine dalle cause dell’incidente.

Sia nel caso Cucchi che in quello Bianzino le circostanze sono tutt’altro che chiare, e naturali, e in entrambi i casi la responsabilità dei decessi punta dritto verso organi delle istituzioni.

Io credo nell'integrità delle istituzioni, credo nel lavoro delle Forze dell'Ordine e credo anche che, dentro di esse, ci possano essere mele marce che usano la mano pesante, fino ad ammazzare, o girano filmati con cui riccattano il prossimo. Lo Stato non deve cadere nella tentazione di assolvere queste mele marce, ed il cittadino in quella di fare di un'erba un fascio.

Una relazione del ministro Angelino Alfano riporta che Cucchi è “morto in seguito ad una caduta accidentale e al rifiuto di ospedalizzarsi” . Una relazione indegna che mi auguro venga valutata insieme agli altri atti all’interno del processo che seguirà la vicenda. Quelle del ministro della Giustizia sono parole gravi, superficiali, che nel peggiore dei casi possono addirittura rappresentare un tentativo di insabbiare un’omicidio. Non si possono liquidare referti medici come quelli di Cucchi con una "caduta accidentale", come non si può chiudere un caso di decesso in carcere con una relazione in cui non si siano accertati i fatti di cui si scrive. In un caso o nell'altro Alfano non ne uscirà con un "mi ero fidato di verbali e dichiarazioni del primo che passava".

L’Italia non può diventare nè un paese dove se entri in una vettura delle Forze dell’Ordine viene il timore che non farai rientro a casa, né una giungla in cui la vita vale meno di 20 grammi di hashish per colpa di mele marce.

Questo non è il paese del film di Alan Parker: fuga di mezzanotte. Non si muore in carcere così per caso o per circostanze smentite dalle autopsie. Queste vicende, la superficialità con cui vengono affrontate, queste foto, lo scarica barile di governo che da una parte offre, con La Russa, “assoluta fiducia nei Carabinieri” e dall'altra, con Alfano, liquida “morto per una caduta” un corpo straziato come quello di Cucchi, sono elementi che distruggono la credibilità delle istituzioni.
"Isoleremo le mele marce che si vestono con una divisa per umiliare le istituzioni che rappresentano", questa la prima dichiarazione che avrei voluto sentire, se non l'unica da fare in una situazione così delicata.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

NON POSSO CHE RIPETERE QUANTO HO GIA' COMMENTATO IN ALTRI POST.
LA GESTIONE DELLE CARCERI IN PARTICOLARE E DELLA SICUREZZA IN GENERALE E' NOTEVOLMENTE PEGGIORATA E SI VEDONO SCHIARITE ALL'ORIZZONTE.