Sono stati arrestati per un’estorsione da 80.000 euro al presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. Soldi che sarebbero stati versati in quattro tranche per evitare la diffusione di un video che ritraeva l’esponente del Partito democratico in momenti intimi. Sono quattro i carabinieri finiti in carcere. Sottufficiali in servizio presso la Compagnia Trionfale di Roma accusati di estorsione, ma anche di altri reati, compreso lo spaccio di sostanze stupefacenti. A catturarli sono stati giovedì mattina i loro colleghi del Ros, il raggruppamento operativo speciale, che appena poche ore prima avevano interrogato lo stesso Marrazzo. Il governatore non aveva infatti presentato alcuna denuncia, dunque dopo aver ascoltato la sua versione si è deciso di far scattare l’operazione.
L’indagine nasce casualmente, nell’ambito di accertamenti che riguardavano una vicenda completamente diversa. Circa sei mesi fa, ascoltando alcune conversazioni intercettate, gli investigatori scoprono che qualcuno sta cercando di vendere a una società di produzioni televisive di Milano un filmato che ritrae Marrazzo insieme ad un’altra persona in atteggiamenti privati. Si decide così di attivare nuovi controlli e si scopre che chi ha in mano la videocassetta è riuscito ad arrivare anche al governatore per ricattarlo. I colloqui captati sui telefoni degli indagati consentono di stabilire che il video è stato girato nel corso di un’irruzione effettuata nell’abitazione di questa persona che Marrazzo avrebbe già incontrato in precedenza e con la quale si stava intrattenendo. Le richieste di denaro cominciano dopo poco, con la minaccia esplicita di diffondere le immagini compromettenti. Ed è proprio a questo punto che, secondo l’accusa, sarebbe stata presa la decisione di pagare, ma non è chiaro se i versamenti siano avvenuti direttamente o attraverso intermediari. Così come non si sa se sin dall’inizio fossero state pretese diverse tranche o se invece gli estorsori abbiano deciso di approfittare della situazione pretendendo sempre più soldi. Resta il fatto che in sei mesi sarebbero riusciti a ottenere 80.000 euro ed è probabile che avrebbero continuato la loro attività illecita se il Ros non fosse intervenuto per fermarli.
Durante l’interrogatorio avvenuto mercoledì Marrazzo avrebbe spiegato di non avere avuto alcuna percezione che i ricattatori erano carabinieri. Del resto sembra che gli stessi investigatori del Ros abbiano capito di avere a che fare con colleghi soltanto quando le verifiche erano ormai in fase avanzata. Durante i tentativi di vendere il filmato i quattro non hanno mai fatto cenno al proprio ruolo all’interno dell’Arma, cercando anzi di mascherarsi utilizzando telefoni privati e nascondendo in ogni modo la propria identità. Già tre anni fa - indagando su un’attività di spionaggio messa in piedi dai collaboratori dell’allora presidente della Regione Francesco Storace che volevano screditare gli avversari nella corsa per il governatore - un investigatore privato confessò che era stato messo in piedi un complotto «per distruggere Marrazzo non solo sul terreno politico, ma anche su quello privato» e chiarì che il proposito era stato abbandonato soltanto perché «non ci siamo fidati delle persone che avevamo ingaggiato».
Possibile che anche i quattro carabinieri facciano parte di un complotto? Le verifiche svolte finora avrebbero escluso l’esistenza di mandanti, ma soltanto quando cominceranno gli interrogatori degli arrestati si potrà comprendere meglio in quale ambito si siano mossi. Il governatore avrebbe infatti frequentato diverse volte quell’abitazione dove è stato poi filmato e dunque non si può escludere che i carabinieri lo abbiano saputo attraverso una «soffiata». Del resto i sottufficiali sono entrati nell’appartamento vestiti «in borghese», utilizzando uno stratagemma, e così sarebbero riusciti a sorprendere il presidente Marrazzo. Secondo i primi accertamenti i militari del Trionfale avevano messo in piedi una vera e propria associazione per delinquere che, oltre all’estorsione di Marrazzo, avrebbe compiuto altri gravissimi reati come la detenzione e lo spaccio di stupefacenti. Non è chiaro da dove provenisse la droga, ma non è escluso che siano riusciti a procurarsela proprio nell’ambito della loro attività illecita legata a questa storia.
Fiorenza Sarzanini
23 ottobre 2009
L’indagine nasce casualmente, nell’ambito di accertamenti che riguardavano una vicenda completamente diversa. Circa sei mesi fa, ascoltando alcune conversazioni intercettate, gli investigatori scoprono che qualcuno sta cercando di vendere a una società di produzioni televisive di Milano un filmato che ritrae Marrazzo insieme ad un’altra persona in atteggiamenti privati. Si decide così di attivare nuovi controlli e si scopre che chi ha in mano la videocassetta è riuscito ad arrivare anche al governatore per ricattarlo. I colloqui captati sui telefoni degli indagati consentono di stabilire che il video è stato girato nel corso di un’irruzione effettuata nell’abitazione di questa persona che Marrazzo avrebbe già incontrato in precedenza e con la quale si stava intrattenendo. Le richieste di denaro cominciano dopo poco, con la minaccia esplicita di diffondere le immagini compromettenti. Ed è proprio a questo punto che, secondo l’accusa, sarebbe stata presa la decisione di pagare, ma non è chiaro se i versamenti siano avvenuti direttamente o attraverso intermediari. Così come non si sa se sin dall’inizio fossero state pretese diverse tranche o se invece gli estorsori abbiano deciso di approfittare della situazione pretendendo sempre più soldi. Resta il fatto che in sei mesi sarebbero riusciti a ottenere 80.000 euro ed è probabile che avrebbero continuato la loro attività illecita se il Ros non fosse intervenuto per fermarli.
Durante l’interrogatorio avvenuto mercoledì Marrazzo avrebbe spiegato di non avere avuto alcuna percezione che i ricattatori erano carabinieri. Del resto sembra che gli stessi investigatori del Ros abbiano capito di avere a che fare con colleghi soltanto quando le verifiche erano ormai in fase avanzata. Durante i tentativi di vendere il filmato i quattro non hanno mai fatto cenno al proprio ruolo all’interno dell’Arma, cercando anzi di mascherarsi utilizzando telefoni privati e nascondendo in ogni modo la propria identità. Già tre anni fa - indagando su un’attività di spionaggio messa in piedi dai collaboratori dell’allora presidente della Regione Francesco Storace che volevano screditare gli avversari nella corsa per il governatore - un investigatore privato confessò che era stato messo in piedi un complotto «per distruggere Marrazzo non solo sul terreno politico, ma anche su quello privato» e chiarì che il proposito era stato abbandonato soltanto perché «non ci siamo fidati delle persone che avevamo ingaggiato».
Possibile che anche i quattro carabinieri facciano parte di un complotto? Le verifiche svolte finora avrebbero escluso l’esistenza di mandanti, ma soltanto quando cominceranno gli interrogatori degli arrestati si potrà comprendere meglio in quale ambito si siano mossi. Il governatore avrebbe infatti frequentato diverse volte quell’abitazione dove è stato poi filmato e dunque non si può escludere che i carabinieri lo abbiano saputo attraverso una «soffiata». Del resto i sottufficiali sono entrati nell’appartamento vestiti «in borghese», utilizzando uno stratagemma, e così sarebbero riusciti a sorprendere il presidente Marrazzo. Secondo i primi accertamenti i militari del Trionfale avevano messo in piedi una vera e propria associazione per delinquere che, oltre all’estorsione di Marrazzo, avrebbe compiuto altri gravissimi reati come la detenzione e lo spaccio di stupefacenti. Non è chiaro da dove provenisse la droga, ma non è escluso che siano riusciti a procurarsela proprio nell’ambito della loro attività illecita legata a questa storia.
Fiorenza Sarzanini
23 ottobre 2009
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